Caso Almasri, affondo di Meloni: «Certi giudici vogliono governare». L’Anm: «I politici non si sostituiscano ai magistrati»

di Mary Liguori

«La copertina del Financial Time con la notizia dell’indagine a mio carico ha procurato un danno all’Italia, certi giudici vogliono governare, per cui si candidino» sono i due punti cardine delle ultime dichiarazioni del premier Giorgia Meloni che torna all’attacco sul caso Almasri, rispetto al quale la procura di Roma ha aperto un fascicolo d’indagine che vede indagati, oltre al presidente del Consiglio, anche i ministri della Giustizia e degli Interni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Alfredo Mantovani. I reati ipotizzati sulla scorta dell’esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti sono il favoreggiamento, in relazione alla scarcerazione del generale libico accusato dalla Cpi di crimini di guerra e contro l’umanità, e il peculato dell’aereo di Stato usato per riportare Almasri a Tripoli.

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La notizia ha ovviamente trovato ampio spazio sulla stampa estera e attraverso i suoi canali social Giorgia Meloni ha reagito, in serata, tornando all’attacco come quando, due sere fa, ha lei stessa dato notizia dell’indagine a suo carico. L’eco che la notizia ha avuto sui giornali esteri, secondo il presidente del Consiglio «danneggia la Nazione, le sue opportunità, le sue speranze, le sue occasioni. È una cosa che mi manda francamente un po’ ai matti». «Certi giudici – ha insistito Meloni – vogliono decidere le politiche dell’immigrazione, vogliono decidere se e come si possa riformare la giustizia, vogliono decidere per cosa possiamo spendere e cosa no: in pratica vogliono governare loro. Ma allora si candidino». Secca e puntuale, come ormai avviene da giorni, è arrivata la replica dell’Anm. «I magistrati non fanno politica, sarebbe auspicabile che i politici non provassero a sostituirsi ai magistrati, lasciando loro il compito istituzionale di esaminare e valutare gli atti processuali senza impropri condizionamenti», ha commentato il segretario generale (uscente) dell’Associazione, Salvatore Casciaro.

CAMERE IN STAND BY
Era prevista per ieri l’informativa dei ministri Nordio e Piantedosi al Parlamento; il rinvio ha congelato il lavoro delle Camere. Non c’è impedimento al che i ministri riferiscano, chiarisce l’Ansa che, citando “fonti qualificate” assicura che «l’Esecutivo non ha posto il segreto di Stato sulla vicenda del libico, e questo implica che i ministri potranno riferire in Parlamento».
Cosa che, come detto, al momento non è avvenuta e che provoca le opposizioni. «Meloni continua a scappare, dovrebbe riferire al Paese nelle sedi istituzionali e non ai propri followers» attacca il segretario del Pd, Elly Schlein. «Il danno d’immagine – le fa eco il presidente del M5s, Giuseppe Conte, è avere fatto la scelta politica di sfregiare la legalità internazionale imbarcando su un volo di Stato, a nostre spese, un criminale con accuse anche per stupri a bambini di 5 anni». La maggioranza, intanto, fa quadrato intorno al premier. Sull’argomento è intervenuto anche Antonio Tajani. «Nessuno pensa che Almasri sia un santo, lo abbiamo espulso proprio perché era pericoloso. A liberarlo sono stati i magistrati», ha ricostruito il vicepremier e leader di Forza Italia che mercoledì mattina sarà in audizione alle commissioni Esteri. Tajani ha anche aggiunto di trovare «bizzarro che ogni atto del governo debba essere valutato dai magistrati» e non ha risparmiato neanche la Corte penale internazionale il cui atteggiamento, secondo il leader azzurro, «è stato alquanto singolare: vorrei sapere perché non ha chiesto alla Germania di fermare Almasri, visto che girava per l’Europa indisturbato, e ha aspettato che fosse sul suolo italiano per emettere il mandato di cattura».

ATTO DOVUTO?
Assistiti dall’avvocato Giulia Bongiorno, il premier, i ministri e il sottosegretario, non hanno ancora reso noto se chiederanno di essere ascoltati dal Tribunale dei ministri o se invece si avvarranno dell’invio di memorie scritte. A Palazzo Chigi c’è la convinzione che la faccenda si chiuderà con una archiviazione, e non solo perché «era chiaramente un atto voluto». O, come ha ripetuto più volte Tajani, una scelta «più che azzardata» che «non fa l’interesse dell’Italia». Resta dunque attuale la querelle sulla natura dell’atto d’indagine spiccato dalla Procura capitolina, e più passano i giorni e più s’acuisce lo scontro sulla scelta dei magistrati di indagare «per atto dovuto» il capo del governo e i ministri.

Subito dopo la notizia dell’indagine diffusa da Giorgia Meloni che in un video aveva erroneamente parlato di avviso di garanzia, l’Anm ha infatti specificato che l’azione penale veniva esercitata come atto dovuto. E anche rispetto alla tesi dell’atto “dovuto” sono in atto furiosi scontri alla luce di due diverse interpretazioni dei principi giurisprudenziali. Secondo la giunta dell’Anm, di fronte all’esposto di Li Gotti, la procura di Roma non poteva far altro che aprire il fascicolo a carico degli esponenti del governo. Di qui la definizione di atto dovuto.

Diversi esponenti dell’avvocatura, però, hanno in questi giorni sottolineato che sulla obbligatorietà dell’azione penale da parte del pm sono sopraggiunte alla sentenza “Lattanzi”, che prevede iscrizione solo a fronte di una notizia “qualificata” e non in presenza di qualunque esposto, denuncia o querela, nuove indicazioni “limitanti”. Principio recepito con la Riforma Cartabia, nel 2022, che ha modificato l’articolo 335 del Codice di Procedura penale specificando che per procedere all’iscrizione si debba essere di fronte a «un fatto, determinato e non inverosimile riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice» e per il quale “risultino” “indizi” a carico “della persona alla quale il reato è attribuito». Sullo stesso punto, nel 2017, la “circolare Pignatone” che escludeva «iscrizioni automatiche basate su una lettura meccanica della normativa».

Nel mentre, infuriano le polemiche per la vicenda dei voli di Stato utilizzati dal procuratore Lo Voi per raggiungere Palermo e che proprio il sottosegretario alla Presidenza dei ministri e ai Servizi segreti, Mantovano, ha negato perché troppo costosi.

venerdì, 31 Gennaio 2025 - 10:34
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