La replica non si è fatta attendere. I capi degli uffici giudiziari di Milano hanno motivato con poche e nette parole la scelta di non accettare l’invito dei penalisti a presenziare all’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti che si terrà a Milano il 7 e l’8 febbraio. In un documento trasmesso alla presidente della Camera penale di Milano, avvocato Valentina Alberta, i firmatari della lettera (il presidente di Corte d’Appello Vincenzo Tutinelli, il procuratore generale Francesca Nanni, il presidente del Tribunale Fabio Roia, il procura della Repubblica Marcello Viola) spiegano di provare un certo «disagio» a calarsi «in un contesto complessivo nel quale la magistratura viene sistematica delegittima e individuata come un ordine estraneo alla cultura istituzionale, quasi eversivo».
Il riferimento è alle puntute critiche che l’Unione delle Camere penali italiane ha mosso, nel corso degli ultimi mesi, alla magistratura associata per via delle prese di posizione di quest’ultima (come la protesta messa in atto in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, oprattuto quella di Napoli alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio) contro la riforma della separazione delle carriere, dello sdoppiamento del Csm e dell’istituzione dell’Alta Corte disciplinare.
Critiche che hanno finito con l’irrigidire l’Anm nei confronti dei penalisti benché, viene ricordato nella lettera, ci siano stati nel tempo molti punti di convergenza tra magistrati e avvocati: «Con i penalisti ci siamo ritrovati sui grandi temi della tutela della dignità dei detenuti, sull’effettività del diritto di difesa e su numerose altre questione di una civiltà giuridica che deve sempre prevalere». Ecco, l’Anm evidenzia che «con i penalisti italiani vorremmo scrivere un’agenda per dialogare con serenità sui contenuti delle riforme che parta tuttavia da un ineludibile presupposto fondato sul reciproco rispetto istituzionale e dei ruoli». Ma allo stato, è il pensiero sottinteso nella lettera, non ci sono le condizioni di confronto e di vicinanza. «Il dialogo arricchisce e fa crescere la cultura democratica – è la conclusione della lettera -. La delegittimazione di una istituzione, quella giudiziaria nel nostro caso, impone al contrario di manifestare con fermezza il disagio».
mercoledì, 5 Febbraio 2025 - 13:49
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