Si fa sempre più aggrovigliata la matassa dei fascicoli d’indagine collegati al caso Almasri, il generale libico arrestato a Torino il 19 gennaio dopo una lunga vacanza in giro per l’Europa, scarcerato due giorni dopo e rimpatriato in Libia con volo di Stato.
La Corte penale internazionale dell’Aja ha acceso i riflettori sul Governo italiano. Un rifugiato sudanese, che già nel 2019 aveva raccontato i trattamenti disumani e le torture subite (da lui e dalla moglie) nel centro di detenzione di Mittiga, diretto dal generale Almasri, è stata inviata all’indirizzo dedicato dell’ufficio del procuratore. Non vi è, allo stato, però una inchiesta ufficiale di cui dava cenno inizialmente il sito del quotidiano Avvenire: il giornale riferiva di una contestazione di ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma nei confronti del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e dei ministri della Giustizia e degli Interni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi.
La precisazione su provvedimenti ufficiali da parte della Cpi è arrivata da fonti del Governo italiano. E, tuttavia, è altrettanto innegabile che vi sia una richiesta di chiarimenti sul caso Amasri da parte dell’Aia. I rapporti sono tesi.
La notizia, poi non confermata, dell’apertura di un fascicolo da parte dell’Aja è stata così commentata dal ministro Nordio. «Credo che a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto – è stato il commento di Nordio a Un Giorno da Pecora -. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché la giustizia umana spesso è fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va».
«Vorrei che ogni persona che ha commesso un reato fosse giudicata e, se trovata colpevole, condannata e la pena eseguita secondo le regole e le procedure. Ieri si è anche detto che Almasri era un torturatore – ha continuano il Guardasigilli -, a prescindere dal mandato sbagliato della Cpi. Ma se seguissimo questo criterio neanche il tribunale di Norimberga avrebbe senso: i tribunali esistono perché devono rispettare le regole. Prima di tutto bisogna applicare le leggi, altrimenti torniamo a farci giustizia da sé. L’idea che un torturatore debba essere punito in quanto tale indipendentemente dal rispetto delle regole significa delegittimare la stessa esistenza dei tribunali internazionali».
giovedì, 6 Febbraio 2025 - 17:47
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