Si è concluso con tre condanne a 30 anni di reclusione ciascuna il processo sull’omicidio di Giulio Giaccio, il 26enne di Pianura ucciso per un tragico scambio di persona. Il giudice per le indagini preliminari di Napoli Fabio Provvisier del Tribunale di Napoli ha ritenuto colpevoli Raffaele D’Alterio, Luigi De Cristofaro e Salvatore Simioli, considerati legati al clan Polverino attivo a Marano, di avere avuto un ruolo nel drammatico delitto: erano imputati per omicidio, sequestro di persona e distruzione di cadavere, reati aggravati dalla matrice camorristica.
I tre hanno scelto ed ottenuto di essere giudicati con la modalità del rito abbreviato, formula che prevede lo sconto di un terzo della pena. E i 30 anni di reclusione stabiliti dal gip sono stati il massimo possibile proprio in virtù del rito di giudizio scelto.
Giaccio, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si trovava nei pressi della sua abitazione in compagnia di un amico quando quattro uomini, travestiti da poliziotti, lo portarono via. Era il 30 luglio del 2000. Il commando finse un controllo di polizia, cercavano un tale Salvatore. Mentre era in macchina, Giulio provò a spiegare di essere vittima di un errore di persona: «Non mi chiamo Salvatore, sono un operaio, i miei genitori lavorano, siamo persone oneste…». Ma i killer non gli diedere ascolto. Giulio fu ammazzato con un colpo di pistola alla testa proprio in macchina; per sparargli, gli assassini lo costrinsero a mettere la testa tra le gambe del killer, così che non si muovesse. Il suo corpo fu successivamente sciolto nell’acido perché i responsabili volevano cancellare ogni traccia.
Per l’accusa, l’omicidio ordinato avrebbe dovuto colpire l’amante della sorella del ras Salvatore Cammarota: la donna era divorziata e pertanto la relazione era ritenuta sconveniente.
A segnare una svolta all’inchiesta sono state le dichiarazioni del boss pentito Giuseppe Simioli. Per la morte di Giulio Giaccio ci sono state già altre condanne: Cammarota, indicato come il mandante dell’omicidio, è stato condannato a 30 anni; stessa pena per Carlo Nappi. Quattordici anni sono stati invece inflitti a Roberto Perrone.
giovedì, 6 Febbraio 2025 - 10:56
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