Quando insieme a un altro cantante di grido registra, a Napoli, il videoclip di Bella Bionda, nessuno sospetta, neanche lontanamente, che Daniele De Martino sia siciliano. Parla un napoletano pulito, trascina i vocalizzi come un neomelodico nato ai Quartieri, si atteggia come un qualsiasi scugnizzello. E invece De Martino, che in realtà si chiama Agostino Galuzzo, è siciliano. Come lo sono altri neomelodici che pure s’esibiscono come fossero venuti al mondo a San Giovanni a Teduccio. E che pure sono finiti in guai (seri), vedi Antonino detto Tony Colombo che ha sposato la Rispoli del clan Marino di Secondigliano ed è finito agli arresti con l’accusa d’essere in affari con la camorra. Ma questa è un’altra storia e il punto, ovviamente, non è quante volte allo zen di Palermo si sentano sulle fronde di limone e d’ammor di questo o di quel cantante napoletano, né quanti siano gli artisti nati in Sicilia che sfondano nel mondo della musica neomelodica. Tantomeno se si riconferma oggi che quello neomelodico sia il canto di malanapoli.
Il punto è che s’è saputo che De Martino non è nato all’ombra del Vesuvio solo stamane quando la Guardia di Finanza l’ha messo all’indice come evasore fiscale. Sorprendentemente, il reuccio di Spotify, celebre grazie ai social dove sfiora il milione di followers, alle radio, a Youtube e alle tv private, sarebbe un perfetto sconosciuto per il fisco. Non è bastato il nome d’arte per proteggerlo dai controlli, tantomeno a tenere la sua famiglia al riparo dai guai. Anche il padre del cantante si è infatti ritrovato nel tritacarne per aver preso, per tre anni, il reddito di cittadinanza: nella domanda ha dichiarato che suo figlio fosse disoccupato. Dovrà restituire 40mila euro. Saranno, ovviamente, i legali dell’artista, a chiarire tutti gli aspetti di una vicenda che, comunque, appare surreale. Vien da chiedersi come abbia potuto pensare, De Martino, di diventare famoso e, al contempo, sfuggire al Fisco. Magari si è trattato di una enorme svista, una disattenzione. D’altronde, come recita l’adagio, l’artista è distratto.
A ogni modo, per sei anni, secondo la procura di Palermo, avrebbe evaso le tasse su un incasso totale di 850mila euro. Il giro d’affari è stato ricostruito dagli investigatori studiando i canali social di De Martino; si è così scoperto che, nel 2018, nel 2019 e nel 2021, il cantante non avrebbe presentato la dichiarazione dei redditi: di qui è scattata la denuncia alla procura di Palermo che ha proposto al tribunale l’applicazione della misura ablativa del sequestro per equivalente in relazione alle imposte mai versate, ossia 220mila euro. L’artista era stato destinatario di misure di prevenzione personali di cui all’art. 3 del D.Lgs 159/2001 (divieti del Questore: divieto di accompagnarsi a soggetti socialmente pericolosi), e al quale in diverse occasioni era stato proibito di esibirsi dal vivo, pubblicizzava attraverso i propri profili social centinaia di concerti e feste private con le sue performance, palesando una professionalità e abitudinarietà nelle prestazioni senza tuttavia aver mai aperto una partita iva. Era inoltre molto attivo su siti ed App di settore ove nel tempo aveva caricato diversi album e video musicali. Ma la parabola artistica di De Martino non è certo finora rimasta immacolata.
Prima che arrivasse il Fisco, erano arrivati i questori che gli hanno vietato di esibirsi dal vivo in diverse città. Il questore di Agrigento gli vietò di esibirsi a Caltabellotta; poi è arrivato lo stop a Teramo e ad Eboli. A Palermo, invece, qualche anno fa sempre il questore ricorse ad un avviso orale affinché non diffondesse “messaggi contrari all’etica della società e di contestazione all’operato di esponenti del mondo civile e della lotta alla mafia”. Motivo? De Martino non ha cantato solo Bella Bionda, ma anche una serie di pezzi inneggianti alla mafia e altri contenenti messaggi contro i collaboratori di giustizia. Nel 2020 il suo nome era sbucato nelle carte giudiziarie relative alle indagini sul capoclan Giuseppe Incontrera, boss di Porta Nuova, successivamente ammazzato. Proprio il padrino parlò del litigio tra De Martino e Salvatore Buongiorno, impresario del settore musicale che grazie agli appoggi mafiosi aveva monopolizzato il settore e che per questo è stato condannato a sei anni di carcere. De Martino aveva attaccato il discografico con una diretta Facebook, cosa che aveva irritato il boss Incontrera, fedele ai valori del silenzio e della discrezione come Cosa Nostra impone, che lo aveva rimproverato in maniera piccata dicendogli che avrebbe dovuto chiarirsi a quattr’occhi con Buongiorno e non scegliere un canale pubblico per risolvere la faccenda.
Nel bene e nel male, dunque, De Martino non ha mai fatto nulla per nascondersi, peraltro utilizzando i social e le app di settore per pubblicizzare concerti, feste private e dischi, non sembrava affatto uno intento a evitare le tasse. E invece, s’apprende oggi dagli atti d’indagine a suo carico, non aveva mai neanche aperto la partita Iva. Al di là dei corridos e delle presunte simpatie criminali, per le quali non gli viene mossa alcuna contestazione, resta dunque il buco da 220mila euro (a tanto ammonterebbe l’evasione) che De Martino dovrebbe colmare con i beni sequestrati stamane nel corso del blitz: Rolex, gioielli e somme in contanti finiti sotto chiave per effetto del sequestro per equivalente. I suoi fan, comunque, non hanno da disperarsi perché potrà continuare ad esibirsi: basterà aprire la partita Iva. Il seguito e il successo di certo non gli mancano se la Finanza gli contesta oltre duecento show in sei anni, tra concerti e feste private. Numeri da record.
venerdì, 7 Febbraio 2025 - 19:15
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