Sarà un accordo facile da raggiungere o sarà battaglia? Domattina alle 10 si riunirà il nuovo Comitato direttivo dell’Associazione nazionale dei magistrati, eletti a fine gennaio, e si voterà per la nome del presidente, del vice e del segretario generale. Cosa accadrà? Magistratura indipendente, la corrente di centrodestra che è risultata la più votata e detiene il maggior numero di seggi (11), riuscirà a ottenere il via libera per il presidente? Mi non ha infatti una maggioranza assoluta, ma rischia di andare pure sotto in caso di accordo allargato tra le altre correnti: Area e Magistratura democratica, le correnti di sinistra, faranno certamente quadrato essendo sulle stesse posizioni rispetto al Governo e alle sue riforme, e questo rischia di mettere in crisi il vantaggio elettorale di Mi.
Insieme, Area ed Md (che si sono scisse qualche tempo fa) detengono 15 seggi (9 Area e 6 Md), e quindi possono alzare la voce. Solo Unicost, la corrente di centro, potrà fare da ago della bilancia: coi suoi 8 seggi (e dunque voti) potrà decidere il volto dei nuovi vertici dell’Anm. La speranza di Mi è che non si vada allo scontro, e che si giunga a nomine unitarie. A Mi spetterà comunque la prima mossa, ossia proporre il candidato presidente, lasciare che questi esponga il programma e poi andare alla conta. I magistrati sui quali Mi punterà sono Giuseppe Tango, giudice del lavoro di Palermo e il più votato in assoluto alle elezioni, e il napoletano Antonio D’Amato, che dopo una carriera nel distretto della Corte d’Appello di Napoli è divenuto procuratore della Repubblica di Messina.
Della eventuale giunta unitaria non dovrebbe fare parte Articolo Centouno (che ha due seggi), per via della sua posizione sul sorteggio dei membri togati del Csm: la corrente è la sola favorevole a questa modalità di voto (anche se con qualche modifica rispetto al testo del Governo).
In una nota Magistratura democratica ha auspicato che il Cdc elegga presidente e giunta «tempestivamente, senza che i gruppi antepongano i propri interessi di corto respiro» perché il “sindacato” delle toghe ha davanti a sé «compiti difficili e fondamentali per la difesa dello stato di diritto». E il primo appuntamento da non fallire è lo sciopero del 27 febbraio che, ha sottolineato Md, «deve essere organizzato e sostenuto ed è necessario che tutta l’associazione, non solo il presidente e la Gec che saranno nominati nella prima seduta, si impegnino a fondo e senza risparmiare energie per la riuscita della protesta, proclamata dal Cdc uscente dopo il rifiuto di qualunque forma di interlocuzione e dialogo, un dibattito parlamentare blindato». Ma non è tutto. Md, alla vigilia della riunione dell’Anm, indica la rotta, quasi a suggerire ai “vincitori” la direzione da percorrere per ottenere l’appoggio dei progressisti: il nuovo Cdc, recita ancora il documento, si deve fare carico della «immediata istituzione del Comitato di sostegno alle iniziative referendarie, strumento deliberato dalla straordinaria Assemblea del 15 dicembre 2024».
Iniziative che devono essere «dirette alla società civile, al mondo della scuola e dell’università, alle associazioni» e che devono coinvolgere anche «le associazioni di magistrati europei, alcune delle quali hanno già ricevuto il sostegno dell’Anm in battaglie per la difesa dell’indipendenza; le organizzazioni sindacali della giustizia e più in generale coloro che hanno già manifestato il sostegno alle ottime ragioni della nostra associazione nei confronti della riforma». Il gruppo di Md – è la conclusione – si dice certo «che nessun gruppo e nessun singolo componente farà mancare il proprio impegno senza riserve per conseguire un risultato irrinunciabile. Fermare con gli strumenti della democrazia, una riforma sbagliata, inutile, dannosa».
venerdì, 7 Febbraio 2025 - 22:06
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