«Lo ribadisco oggi: il presidente della Provincia di Salerno deve dimettersi, perché è opportuno. Lo dico nel rispetto del principio di presunzione di innocenza, perché questo è un tema di rigore e di faccia di questo partito nei confronti dell’opinione pubblica, non di caccia alle streghe». Il senatore Antonio Misiani, responsabile Economia e Finanze del Pd e commissario del Pd Campania, prova ad alzare la voce. A Salerno si sta consumando da mesi una situazione imbarazzante per il Pd che dà fiato, a giusta ragione, agli attacchi delle opposizioni. Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum e presidente della Provincia di Salerno, è agli arresti nell’ambito di una inchiesta su presunti appalti truccati nella pubblica amministrazione. E agli arresti dovrà restarci ancora.
Nella giornata di ieri, venerdì 14 febbraio, i giudici della Corte di Cassazione hanno respinto i ricorsi con i quali è stato chiesto l’annullamento delle misure cautelari emesse nei confronti di Franco Alfieri, della sorella, Elvira, del suo ex capo staff Andrea Campanile e di Alfonso D’Auria, Vittorio De Rosa e Carmine Greco. I sei si trovano tutti agli arresti domiciliari. A presentare l’istanza sono stati gli avvocati Agostino De Caro, Domenicantonio D’Alessandro, Antonello Natale e Cecchino Cacciatore, i quali hanno sollevato la questione dell’incompetenza territoriale della procura di Salerno per la quale si è in attesa di conoscere la decisione della suprema corte. Lo scorso 4 febbraio a Salerno è iniziato il processo a carico dei sei imputati dopo la richiesta di giudizio immediato degli inquirenti. La prossima udienza è stata fissata al 20 marzo, data in cui i giudici dovrebbero avere a disposizione anche la decisione della Cassazione sulla competenza territoriale.
Nonostante la misura cautelare, Alfieri non ha inteso rassegnare le dimissioni dall’incarico, facendo storcere il naso ai vertici romani del Pd, i quali hanno deciso anche un nuovo approccio nel tesseramento del Pd. «Escluderemo dal nuovo tesseramento del Partito democratico tutti gli amministratori che sono stati sospesi perché oggetto di indagini e che sono stati sospesi ai sensi delle nostre regole – ha detto Misiani -. Se vogliamo davvero eliminare le zone grigie nel Pd e nel campo che noi vogliamo rappresentare e interpretare, il tema non è soltanto l’applicazione burocratica delle regole che ci siamo dati, il nodo di fondo è tornare ad investire su questo partito in un Paese che i partiti li ha disprezzati negli ultimi trent’anni salvo accorgersi che senza partiti funzionanti la selezione della classe dirigente avveniva al secondo altri criteri. Si prendevano e si selezionava la classe dirigente in base ai pacchetti di voti che ognuno portava alla causa, invece investire sul partito vuol dire farlo tornare un luogo in cui si ascolta e si discute, in cui ci si iscrive perché si condividono i valori di obiettivi di questo partito in cui si può anche litigare aspramente ma magari litigare sulle cose da fare e non solo sulle candidature sugli assessorati».
sabato, 15 Febbraio 2025 - 21:51
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