Quando nella Biblioteca Tartaglione del Palazzo di Giustizia di Napoli viene letto l’articolo 104 della Costituzione si leva un fragoroso applauso: «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere». Sta tutto qui il cuore della protesta che stamane a Napoli, e contemporaneamente in tutti i distretti di Corte d’Appello di Italia, ha visto la maggioranza dei magistrati (giudici e pm) incrociare le braccia (salvando, però, una fascia precisa di processi più delicati) e dare vita alla seconda grande manifestazione – dopo quella in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario – contro il Governo per i suoi progetti di riforma della Giustizia. «Abbiamo deciso di scioperare, quindi di aderire alla forma di protesta più forte che abbiamo, perché riteniamo che il momento sia estremamente dedicato e che siano in gioco dei principi fondamentali, quelli dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura», dice Cristina Curatoli, presidente della giunta napoletana dell’Associazione nazionale magistrati.
Sulla categoria delle toghe si agita il progetto di riforma della separazione delle carriere, dello sdoppiamento del Csm con l’aggiunta del sorteggio come metodo elettivo dei componenti, l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare. Tre punti che in mattinata tengono insieme una manifestazione che durerà oltre tre ore e che, risultati parziali ma quasi definitivi alla mano, conterà nel distretto di Napoli l’adesione – come affermato da Cristina Curatoli – «del 75-76% dei magistrati». Si comincia con l’assemblea nella Biblioteca Tartaglione. I magistrati fanno il loro ingresso con la toga addosso e la coccarda tricolore sul petto. In tantissimi tengono in mano anche un opuscolo che riproduce la Costituzione, quella Costituzione che a dire dei magistrati è sotto attacco.
IL GIURISTA VILLONE RIEVOCA BORRELLI: «RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE»
Sono dello stesso avviso anche alcuni giuristi e intellettuali che fanno capolino nella Biblioteca. «Siamo di fronte a una riforma pericolosa, che va a ledere uno dei principi fondamentali dell’assetto costituzionale», commenta Massimo Villone, professore emerito di Diritto costituzionale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Ecco perché dal tavolo dei relatori, cui si siede per un breve intervento, Villone ripete fermamente che bisogna «Resistere, resistere, resistere», facendo propria la famosa esortazione con la quale – nel gennaio 2002 – l’allora procuratore generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli invitò i colleghi a lottare contro lo sgretolamento e il naufragio della coscienza civica e del senso del diritto. «È giusto resistere con ogni possibile manifestazione ovviamente democratica, soprattutto uscendo dalle stanze chiuse degli addetti ai lavori e spiegando all’opinione pubblica perché questa riforma è pericolosa», osserva ancora parlando coi giornalisti.
L’EX RAFFONE: «RIFORMA NASCE SOTTO IL SEGNO DEL RANCORE»
Prende la parola pure un ex, Dario Raffone, presidente del Tribunale delle Imprese di Napoli e per un periodo presidente facente funzioni del Tribunale di Napoli. «Sono qui per esprimere la mia indignazione» nei confronti di «una riforma che nasce sotto il segno del rancore», dice. E spiega così il perché una persona come lui, ormai in pensione, non si tira indietro dalla battaglia: «Io non ho fatto il magistrato, io sono stato magistrato». Come lui, gli ex presenti nella Biblioteca Tartaglione sono tanti. Siede davanti al tavolo dei relatori l’ex ministro Luigi Scotti. Si scorgono poi l’ex presidente del Tribunale di Napoli Ettore Ferrara, l’ex procuratore di Nola Paolo Mancuso (che per lunghi anni è stato a Napoli), l’ex procuratore generale Luigi Riello. Presenze eccellenti ma anche assenze che pesano.
NON MANCANO I GRANDI ASSENTI
In sala non si fa vedere la presidente della Corte d’Appello di Napoli Maria Rosaria Covelli che già in occasione della conferenza stampa seguita all’inaugurazione dell’anno giudiziario faticò a rispondere su cosa ne pensasse della protesta dei magistrati contro la riforma della separazione delle carriere. Manca all’appello anche la presidente del Tribunale Elisabetta Garzo: la sua posizione è di contrarierà alla separazione delle carriere, e tuttavia la giudice ha più volte fatto presente di non condividere certi tipi di contestazione.
IL PG POLICASTRO: «ESSERE PM E GIUDICE IN CARRIERA È UN ARRICCHIMENTO»
Ha invece preso parte all’assemblea il procuratore generale Aldo Policastro che, sulla possibilità per un magistrato di cambiare funzioni nell’arco della carriera, invita a una riflessione: «Io penso che poter essere pm e poi giudice è un arricchimento – dice, parlando coi giornalisti -. La prima presidente della Corte di Cassazione, la dottoressa Cassano, è stata sia pubblico ministero che giudice. Ieri è stato nominato un nuovo procuratore generale, il dottore Pietro Gaeta, che è stato pm e giudice, e anche l’altro concorrente, il collega Pasquale Fimiani, è stato pm e giudice». Insomma, osserva Policastro, «gli apicali della magistratura hanno svolto tutti doppie funzioni. Questo vuol pure dire qualcosa». Quindi ricorda che «io stesso nella mia carriera ho fatto il pm per 17 anni, il giudice per 10 anni e sono tornato a fare il pg per altri 7 anni in Cassazione e sono tornato nel merito negli ultimi 10 anni». E per lui «è sicuramente un arricchimento».
GRATTERI, DIVISO TRA IL “NO” ALLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE E IL “Sì” AL SORTEGGIO NEL CSM
Notoriamente contrario alla separazione delle carriere è il procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri, che si fa vedere in assemblea. Non prende però la parola, ma si concede ai giornalisti. «Non riteniamo sia proporzionato dover toccare la Costituzione per quattro magistrati l’anno che da pm chiedono di diventare giudice, mi pare sia qualcosa di davvero sproporzionato e quindi per noi è normale, ed è ovvio, che questa riforma sottenda a qualcos’altro», dice rispondendo alle domande dei cronisti. Il timore è uno: l’assoggettamento del pm all’Esecutivo. Non a caso Gratteri ricorda quello che accade negli Stati dove c’è stata la separazione dei carriere: «Poco dopo il pm passa sotto l’Esecutivo. E di questo non si sente assolutamente l’urgenza né la necessità, né il bisogno. I problemi della giustizia sono altri, le emergenze sono altre, non certo la separazione delle carriere». Gratteri però, a dispetto di molti colleghi, è «favorevole al sorteggio dei componenti del Csm e anche al sorteggio dei componenti del Csm da parte del Parlamento». Gratteri immagina un preciso metodo “elettorale”: «Si divide l’Italia in macro aree, come ad esempio per l’elezione del Parlamento europeo, si rispettano le proporzioni tra pm e giudice, e non si sorteggiano i magistrati che hanno procedimenti disciplinari, penali, ritardo nel deposito delle sentenze o nelle indagini. Stessa cosa – spiega – vale per i laici nominati dal Parlamento e cioè si escludono dalle iscrizioni all’albo degli avvocati o professori universitari in materia giuridica che hanno precedenti penali o disciplinari e, chi è in grado di scrivere sentenze o di fare una lezione universitaria, sarà sicuramente in grado di valutare se tizio può diventare presidente del tribunale o meno». Infine Gratteri auspica «una riforma del Csm, cioè di un’elezione dei componenti: in questo modo si eliminano quasi totalmente certe anomalie delle correnti che, in certi momenti storici, abbiamo visto non funzionare. Mi riferisco al caso Palamara dove io penso che subito dopo i componenti del Csm si sarebbero dovuti dimettere. Per dare l’idea, a prescindere se siano responsabili o meno, ma in quel caso l’opinione pubblica doveva capire e avere l’idea che si voltava pagina e si faceva sul serio. Invece il messaggio è stato quello dell’autoconservazione».
IN SALA MAURIZIO DE GIOVANNI: «RIFORMA SCELLERATA, A RISCHIO GARANZIE SUGLI ULTIMI»
Sferra un duro attacco alla riforma e al Governo lo scrittore Maurizio De Giovanni, che risponde all’appello dei magistrati di sostenere la protesta: «Questa è una scellerata riforma», taglia corto mentre siede accanto al presidente dell’Anm di Napoli Cristina Curatoli. «Questo è il Paese dove gli ultimi non hanno difese – aggiunge -. I pm non sono contrapposte a queste, sono invece l’unica speranza per queste persone, sono l’unica garanzia che queste persone hanno di poter conseguire dei diritti. La natura del problema è che noi non avremo garanzie. Non avremo garanzie sugli ultimi». Quindi una stoccata al Governo: «Le riforme si fanno soltanto quando si sono toccati politici e imprenditori». Poi, parlando coi giornalisti prova a lanciare a un appello ai cittadini: «Vedo un tragico tentativo di rimodellare la Costituzione come se fosse un metallo vile. Ogni cittadino ha il rischio di vedere sgretolarsi il Paese come ci è stato consegnato dai nostri padri e come non riusciremo a consegnare ai nostri figli. Chiunque ha voce deve parlare, chiunque ha qualche rilevanza a prescindere da quello che faccia, deve parlare perché è un momento in cui abbiamo la forma dello Stato a rischio – insiste lo scrittore. Quello che la Costituzione ha previsto e ha messo in campo e che è stato l’ordinamento della nostra vita e dei nostri padri e che vogliamo che sia dei nostri figli, deve essere difeso in questo momento. Chiunque abbia la facoltà di farlo dovrebbe essere qui per dire ad alta voce il proprio no a una riforma che farebbe perdere alla magistratura il proprio ruolo indipendente».
Dopo di lui si alternano magistrati, si sente la voce di alcuni giuristi. Interventi che aprono alla staffetta nella lettura di molteplici articoli della Costituzione. Poi i magistrati sfilano nel Tribunale e raggiungono l’esterno del Palazzo di Giustizia, lato piazza Cenni. Qui si fermano in presidio per una decina di minuti: Costituzione in vista e volantini informativi pronti ad essere consegnati ai cittadini.
giovedì, 27 Febbraio 2025 - 21:02
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