
«Salvini, se farai queste cose mi tatuerò sul petto “Matteo vita mia”». Dal palco della convention della Lega a Città della Scienza a Napoli (tenutasi ieri sera, venerdì 21 marzo), Daniela Di Maggio – madre del giovane musicista Giovanbattista Cutolo ucciso il 31 agosto 2023 mentre cercava di fare da paciere in una lite per uno scooter parcheggiato male – spara ad alzo zero contro i «garantisti ideologici» con le «case a Capalbio, ad Amalfi e alle Cinque terre» e «i figli che studiano a Londra». E chiede a gran voce che la politica non abbia paura di riappropriarsi di parole come «sicurezza» e «repressione» perché ad oggi si vive «in uno stato di insicurezza» grazie a chi ha voluto bandire l’utilizzo della parola «repressione» in nome di una «parola che io odio: l’inclusione, che è la più grande ‘finzogna’ dei nostri tempi, ossia finzione e menzogna». «Mio figlio – è la conclusione amara – è stato ucciso dal garantismo ideologico».
L’intervento di Daniela Di Maggio non è la mera testimonianza di una madre alla quale la violenza giovanile dilagante a Napoli ha strappato, prematuramente e ingiustamente, il figlio. Il suo intervento non è una sequenza di racconti che vogliono spiegare come si sia sviluppato il dialogo tra lei ed esponenti di Governo dal quale è scaturito il “Decreto Caivano”. Quello di Daniela Di Maggio è un intervento politico a tutti gli effetti. Un intervento di forza e forte, che ha messo al centro la sicurezza, un tema che Daniela ha purtroppo dovuto sperimentare sulla sua pelle e di cui porta cicatrici profonde e insanabili, e che non ha fatto sconti. «A Giogiò l’ha ucciso la sciatteria: la sciatteria del giudice, che ha preso un fascicolo, ha fatto il copia e incolla, ha visto un numero di protocollo, non ha guardato l’omicida di mio figlio e così lo ha messo alla prova, a piede libero e lui ha ucciso Giogiò – dice Daniela Di Maggio -. A Giogiò l’ha ucciso la sciatteria dell’assistente sociale, che anziché attenzionarlo tutte le notti che usciva con duemila euro di brand addosso, con la pistola nella cintola. Dove stavi, assistente sociale? Dove stavi, a chattare su Tinder? Quante persone mi devono chiedere scusa…».
Questa ‘sciatteria’, per Daniela Di Maggio, è figlia di una “cultura” in cui non si riconosce. «Sapete cosa c’è dietro la sciatteria? – arringa – C’è il garantismo ideologico, quello che ha ucciso questo Paese; quello fatto dalle persone con le case di Capalbio, di Amalfi, delle Cinque terre, con i figli che studiano a Londra, che se ne fregano se muore Giovanbattista Cutolo». «I garantisti ideologici sono quelli che hanno fatto la loro fortuna e ci hanno ucciso l’Italia su una sola parola che io odio: inclusione». E l’inclusione per Daniela Di Maggio è «la più grande menzogna del secolo», po per meglio dire «finzogna, che è la crasi tra finzione e menzogna». La mamma di Gigiò chiede invece che si recuperi una parola, e la politica ad essa sottesa, che oggi «in Italia non possiamo più pronunciare»: repressione. «Repressione non si può più dire – incalza la mamma di Gigiò -. E io invece questa espressione la urlo». Il motivo è presto spiegato: «I fenomeni del garantismo ideologico hanno detto: ‘Tu hai ucciso Giogiò? Io ti porto nel carcere ricreativo. E mentre il killer di Giogiò sta sopra la playstation, mio figlio è polvere dentro un barattolo».
Ecco, per Daniela di Maggio questo scenario deve cambiare («Lo stato di insicurezza è dato dallo stato di ingiustizia»), nel solco degli interventi che hanno portato al “Decreto Caivano” e Salvini è l’interlocutore giusto. «Dopo quello che è stato il giorno più brutto della mia vita, ho incontrato Matteo Salvini e mi ha chiesto cosa potesse fare. – ha ricordato -. Io gli ho detto: ‘Aiutami a cambiare la legge sui minori perché è quella che ha ucciso mio figlio’. E lui mi ha detto: ‘Partiamo’. E siamo partiti e non mi sono più fermata. Matteo Salvini è l’uomo dei fatti, ha fatto un fatto, in un paese dove c’è un sistema completamente pietrificato, dove se tu cerchi di cambiare una legge ti buttano mine antiuomo, ti alzano fili spinati, ti fanno cadere i governi». Le richieste vengono snocciolate in chiusura dell’intervento: «Si deve cambiare la legge Gozzini: è una porcata, perché non garantisce la certezza della pena – dice Daniela Di Maggio -. Si deve modificare la legge sulle armi, datata 40 anni, perché non è in linea con quella che accade oggi: i minori si prendono pistole come accendini». E ancora: «Si devono togliere i permessi premio a chi commette femminicidi e omicidi come quello di Giovanibattita Cutolo. Bisogna fare il reato di apologia criminale e mafiosa: non è possibile che su Tik Tok dobbiamo vedere questi balordi con pistole, piatti di cocaina, Rolex e ci li dobbiamo tenere così. Non li possiamo accettare». Quindi la chiosa, che scalda la platea. «Salvini, tu sei la Lega e la Lega è un partito indennitario. E mi aspetto dalla Lega che tu faccia queste cose. Se tu lo fai, io sul petto mi tatuo ‘Matteo vita mia’».
sabato, 22 Marzo 2025 - 18:59
© RIPRODUZIONE RISERVATA