Corre lungo il filo rosso che unisce centinaia di intercettazioni la ricostruzione di un patto elettorale politico-mafioso che stamattina ha travolto Franco Alfieri, fedelissimo del presidente della Regione Campania Vincenzo e già messo all’angolo, politicamente parlando, da un’indagine per presunte irregolarità nelle gare bandite dal Comune di Capaccio Paestum quando era sindaco. Intercettazioni che raccontano pezzi dei rapporti intercorsi tra Alfieri e Roberto Squecco, il ras delle onoranze funebri e re delle ambulanze che nel 2019 organizzò la sfilata di cinque ambulanze, a sirene spiegate, per festeggiare la vittoria di Alfieri a sindaco di Capaccio Paestum. «Io a questo signore io l’ho fatto eleggere, io l’ho portato qua, aveva fallito ad Agropoli, io l’ho preso da là e l’ho portato qua», dice Squecco, rivendicando il merito del successo politico di Alfieri a Capaccio Paestum. Ecco perché Squecco va su tutte le furie quando la sua “creatura” politica – secondo la ricostruzione degli inquirenti – non osserva gli impegni presi prima delle elezioni amministrative del 2019. Alfieri si sarebbe assicurato il sostegno elettorale di Squecco in cambio della promessa a salvare il lido Kennedy che era stato già colpito da provvedimenti aleatori. Ma tempo dopo l’elezione vinta, l’amministrazione comunale dovette procedere all’abbattimento parziale del lido perché eventi atmosferici avevano danneggiando la struttura creando pericolo per l’incolumità pubblica.
Squecco, è la ricostruzione della Dda di Salerno guidata dal magistrato Giuseppe Borrelli, andò su tutte le furie e avrebbe iniziato un pressing su Alfieri. Avrebbe fatto arrivare al sindaco un messaggio preciso: era «infuriato» ed era pronto a vendicarsi se la demolizione fosse andata avanti. Per raggiungere il primo cittadino, si sarebbe servito di Antonio Bernardi, appartenente alla polizia locale di Capaccio Paestum e Michele Pecora, dipendente dell’ufficio cimiteriale di Capaccio Paestum, i quali avrebbero «avvicinato Mariarosaria Picariello, assessore dimissionaria alle politiche sociali del Comune», riportandole le minacce destinate ad Alfieri.
Quali fossero le intimidazioni, gli inquirenti lo hanno capito dalle intercettazioni. Squecco fece sapere di essere pronto alla «guerra» e di avere «armi a sufficienza per distruggere la Russia». «Domandate a Franco Alfieri dove vuole fare la guerra. Franco Alfieri può andare nella caserma a Capaccio, alla Pisacane, a Salerno, può andare dove vuole, Roberto Squecco lo porta finito. Si deve stare calmo», avrebbe detto Squecco.
Ma vi è di più. Squecco avrebbe anche progettato un attentato dinamitardo, commissando il da farsi ad Antonio Cosentino, De Cesare e Antonio Genovese; furono eseguiti anche “sopralluoghi” e fu realizzato lo ” studio delle mappe”, ma poi l’attentato non si consumò “per un mancato accordo con baronissesi”. I tre si tirarono indietro sia perché il compenso economico proposto non li soddisfò, sia perchè temevano che Squecco fosse controllato dalle forze dell’ordine.
giovedì, 27 Marzo 2025 - 20:14
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