«Ho giurato a mia moglie che l’avrei riportato a casa ad ogni costo. Io tutti i soldi che volevano non li ho, ma mentre loro mi pressavano io cercavo di capire come avrei potuto fare perché dovevo riportare Mattia a casa, perché quello che hanno fatto, toccare un bambino, toccare un figlio, non esiste, non è ammissibile». Pino è ancora scosso. Il peggio è passato, ma le cicatrici della paura sono ben visibili nei suoi occhi, sul suo volto. Martedì mattina, 8 aprile, mattina suo figlio Mattia, 15 anni appena, è stato rapito in strada, a San Giorgio a Cremano (in provincia di Napoli), mentre stava raggiungendo l’autolavaggio di famiglia dove c’è parcheggiata la macchina 50 che usa per recarsi al liceo scientifico Silvestri nel vicino comune di Portici. Un furgone bianco s’è fermato di colpo, almeno un paio di persone – che indossavano maschere raffiguranti il volto di persone anziane – sono scese, una gli ha infilato un cappuccio nero sul volto e poi l’hanno trascinato all’interno del veicolo dove lo hanno immobilizzato con le fascette ai polsi, di cui Mattia conserva i segni. Quindi via di corsa, mentre il titolare del bar che insiste in zona urlava a squarciagola e chiamava le forze dell’ordine. Pochi minuti dopo, sul cellulare di papà Pino arriva un messaggio e da lì in poi per la famiglia dell’imprenditore, molto noto a San Giorgio a Cremano e nel vicino quartiere napoletano di Barra, comincia la giornata peggiore della sua vita.
Pino, alle ore 8.10 di martedì sulla vostra routine si è abbattuta una tempesta.
«Io ero in palestra, quando sul cellulare mi è arrivato un messaggio. Dicevano di avere mio figlio. Io all’inizio ho pensato a uno scherzo, ho pensato a un messaggio fake. Però ho chiamato la scuola, quando mi hanno detto che non c’era ho iniziato a preoccuparmi. Quindi ho chiamato mio padre all’autolavaggio, per chiedere se ci fosse la macchina di Mattia e quando mi hanno detto che l’auto era lì ho capito che quel messaggio era vero».
I rapitori hanno subito formulato una richiesta di riscatto, un milione e mezzo di euro. Tanti soldi…
«Sì, è una cosa che non mi spiego, per me surreale. Noi siamo imprenditori, io ho fatto molte attività, sono stato impegnato anche in una scuola calcio, ma la nostra è comunque una famiglia modesta non così facoltosa. Non abbiamo tutto quel denaro. Forse magari qualcuno vedendo le nostre foto, vedendo che mio figlio ha una macchina 50 si sarà fatto qualche altra idea. A volte anche un po’ di gelosia…».
Uno dei rapitori vi conosceva, cosa ha pensato quando lo ha visto in Questura?
«Sono rimasto sorpreso. Il fermato ha lavorato saltuariamente nell’autolavaggio di famiglia. Poi è uno del quartiere, di San Giorgio a Cremano».
Da quanto tempo lo conosceva?
«Non so dirlo con esattezza».
Lui o comunque la banda hanno però dato dimostrazione di conoscere le vostre abitudini. Conoscevano le abitudini di Mattia, sapevano che la mattina esce di casa per prendere l’auto all’autolavaggio…
«Questa è la cosa che mi inquieta di più e che oggi non mi rende sereno».
Torniamo al sequestro, cosa c’era scritto nel messaggio?
«Mi si diceva che, se non avessi avvisato la Polizia e avessi fatto ciò che mi dicevano loro, avrei rivisto mio figlio e non gli sarebbe capitato nulla».
La Polizia è intervenuta subito…
«Qualcuno in strada ha assistito alla scena e giustamente ha chiamato la polizia. E devo ringraziare infinitamente le forze dell’ordine per il lavoro che hanno svolto e soprattutto per avermi aiutato a non andare nel panico».
Durante le ore interminabili di attesa e di scambio di messaggi con uno dei rapitori vi hanno mai fatto parlare con Mattia, vi hanno mandato qualche suo foto?
«Assolutamente no. Mio figlio l’ho sentito quando mi ha telefonato personalmente dal telefono di un ragazzo che ringrazio pubblicamente. Sentire la sua voce, è stato liberatorio».
Con i sequestratori c’è stato un fitto scambio di messaggi, cosa le dicevano?
«Loro pressavano per avere i soldi al più presto. Io gli ho detto che ero in Questura, e loro dicevano di liberarmi, di trovare il modo di allontanarmi e prendere i soldi».
E poi cos’è accaduto?
«Non lo so, forse a un certo punto si sono sentiti braccati. Fatto sta che mi hanno detto che avrebbero liberato mio figlio con la promessa che io poi avrei pagato. Mi hanno detto che avrebbero rilasciato Mattia al Centro Campania ma che non sarei dovuto andarlo io a prendere, ma altre persone. Poi, lungo il percorso, hanno cambiato più volte il posto e infine hanno indicato l’uscita della Tangenziale di Licola dove sono arrivati gli zii di Mattia e subito dopo è arrivata la polizia».
Pino, per fortuna c’è stato un lieto fine ma tornare alla normalità dopo eventi di questa portata non è semplice…
«Inevitabilmente la vita cambia. inevitabilmente la nostra vita subirà dei condizionamenti. I bambini non si devono toccare, non si devono toccare i figli di nessuno. Quello che accaduto ci ha segnato profondamente. Penso che la vita di qualsiasi genitore, che ha subito quello che abbiamo subito noi, cambia. Non è una cosa semplice da affrontare. Se la mia vita non dovesse essere più la stessa, se non dovessimo sentirci più tranquilli, penseremo di andare altrove».
Cosa vuole dire al 24enne arrestato e che per lei è comunque un viso familiare?
«Non mi sento di dire niente. Io sono certo che la giustizia farà il suo corso. Solo una cosa voglio dire…».
Prego…
«Contro persone che non si fanno scrupolo alcuno, le pene devono essere certe e spero che anche in questo caso lo saranno».
venerdì, 11 Aprile 2025 - 19:26
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