Thabeet è ancora ricoverato all’ospedale del Mare di Napoli. La prognosi resta riservata perché, nonostante gli interventi chirurgici cui è stato sottoposto, le sue condizioni sono ancora gravi. A vegliare su di lui ci sono due zii (uno dei quali, Ezeldeen Marie, vive ad Ancona insieme alla moglie) e un fratello, volato da Mashad, nella Bassa Galilea, non appena hanno ricevuto la drammatica notizia del crollo della cabina della funivia sul Faito a Castellammare di Stabia avvenuto nel primo pomeriggio di giovedì 17 aprile. In quel vagone che aveva appena lasciato la stazione a monte una manciata di minuti prima di cadere nel vuoto, c’erano Thabeet Suliman di 23 anni e la sorella Janan di 25 anni. Lei, farmacista, è morta nel crollo della cabina. È morta insieme a due turisti inglesi, la 58enne Elaine Margaret Winn e il 64enne Graeme Derek, marito e moglie, amanti dei viaggi e dell’Italia. È morta insieme al macchinista Carmine Parlato di 59 anni, operatore Eav. Thabeet, invece, era ancora vivo quando gli operatori tecnici del Soccorso alpino hanno individuato i resti della cabina, a metà del percorso tra valle e monte.
La storia di Janan e Thabet: un viaggio tra sacrifici e sogni infranti
Lui e Janan si erano concessi il viaggio in Italia dopo mille sacrifici. Dopo il liceo, Janan si era iscritta all’Università conseguendo una laurea in farmacia: aveva svolto un primo tirocinio come farmacista a Tel Aviv, che le aveva consentito di guadagnare un po’ di soldi. E con quei soldi, una volta rientrata a Mashad, cittadina araba a 5 chilometri a Nord-Est di Nazareth, nel distretto settentrionale di Israele, aveva deciso di concedersi un viaggio insieme al fratello Taheb, studente di Ingegneria. «Avevano pensato al Belgio, ai Paesi Bassi – ha raccontato Mohammmed Suliman, fratello di Janan e Thabeet, a La Stampa in un’intervista pubblicata sull’edizione del 20 aprile del quotidiano -. Sono io ad aver consigliato l’Italia perché avevo visitato la Capitale un anno fa e mi erano trovato benissimo, uno dei miei viaggi migliori». Mohammmed Suliman, medico internista, ricorda di avere sentito i suoi fratelli il giorno prima dell’incidente, stavano programmando il rientro a casa. Quella sul Faito era una delle ultime tappe. Janan e Thabet erano stati a Roma, a Napoli, a Pompei. Quindi la “puntata” a Castellammare di Stabia e il viaggio in funivia. Un viaggio che ha spezzato la vita di Janan.
Elaine e Graeme Winn: spiriti liberi e amanti dell’avventura
Quel viaggio è stato fatale anche per Elaine Winn, manager aziendale nel settore della scuola, e il marito Graeme Derek Winn, due spiriti liberi, due amanti dell’avventura: residenti a Market Harborough, nel Leicestershire, si stavano «godendo la pensione con tanti tour e vacanze in moto», ha scritto sui social un loro amico, Chris Mann. E l’Italia era una delle mete da loro preferite. Erano stati a Venezia nel 2014, poi sul Lago di Garda nel 2018. E quest’anno avevano deciso di recarsi a Sud, puntando su Napoli. Hanno trovato la morte nel vallone sottostante il monte Faito.
Il racconto del collega: «Carmine ha fatto a cambio con la cabina, mi ha salvato la vita»
E lì ha trovato la morte anche Carmine Parlato, che lascia la moglie e un figlio di 22 anni. L’ultimo ricordo è quello di Massimo Amitrano, collega di Carmine, macchinista in servizio nell’altra cabina, quella rimasta sospesa a 20 metri dalla stazione di valle e a bordo della quale vi erano 8 passeggeri, tutti tratti in salvo. «Sulla cabina precipitata sarei dovuto salire io – ha raccontato ai giornalisti Amitrano, nei giorni scorsi -. Poi lui mi ha detto di non preoccuparmi e di lavorare sull’altra vettura. Questa cosa mi ha salvato la vita e io non riesco a non pensarci». Sliding doors. Amitrano ha poi ribadito che «per me è una cosa sicurissima, la lavoriamo tutti i giorni, non siamo così pazzi se ci fosse stato qualche problema non saremmo saliti sulla funivia». Eppure lassù qualcosa è accaduto.
Analisi tecniche, 15 faldoni di documenti acquisiti: le indagini della procura di Torre Annunziata
La procura della Repubblica di Torre Annunziata ha aperto un’inchiesta che guarda a più aspetti della vita della funivia: si indaga anzitutto sulla manutenzione, quando e cosa è stato fatto nel tempo e in che modo è stato fatto; si dovrà poi indagare sul cavo di trazione che si è rotto, perché è necessario stabilire le cause della rottura; infine andrà stabilito la ragione per la quale non s’è attivato il freno che avrebbe dovuto bloccare la cabina come accaduto per il vagone a valle. Tante domande in un’indagine tecnica che avrà inevitabilmente tempi lunghi. Soprattutto tempi di attesa lunghi. Il pool inquirente (al lavoro Giuliano Schioppi e Alessandra Riccio, insieme con l’aggiunto Giovanni Cilenti) ha, ad oggi, acquisito ben 15 faldoni di documentazione cartacea, oltre a copioso materiale informatico. È la storia, in sostanza, dei controlli fatti sulla funivia negli anni. Ma è anche la storia degli interventi che si sarebbero potuti fare e non sono stati fatti. Tommaso Galbiati, amministratore unico della Galvi (azienda specializzata in componenti per sistemi di sicurezza e frenatura), ha dichiarato ad alcuni mezzi di informazione che i freni di emergenza installati proprio dalla Galvi sulla funivia del Faito sono del 1989, così come i freni di servizio. Ed è venuto fuori che la Galvi avrebbe inviato all’Eav ben due proposte di ammodernamento dei pezzi: il 21 novembre 2023 sarebbe stata inviata una offerta per il ricambio pari a quasi 5mila euro, ma da Eav non sarebbe arrivata alcuna risposta. Poi il 19 febbraio 2025 è giunta una nuova “chiamata” e il 7 aprile Eav avrebbe ordinato l’acquisto di un nuovo freno di servizio per 4300 euro da consegnare il 16 maggio. Ma vi è di più. Da Galvi srl ha anche fatto sapere che «dal novembre 1989 non è mai stata effettuata da noi alcuna manutenzione. Sono ben presenti e visibili componenti che abbiamo sostituito e definitivamente eliminato da almeno vent’anni». Ancora: «Dal produttore non è mai arrivata una richiesta di revisione». Circostanze sulle quali Galbiati potrebbe essere chiamato a riferire in procura.
Quattro indagati e nuovi sopralluoghi nel luogo del disastro
Al momento ci sono quattro indagati: Marco Imparato (responsabile esercizio e manutenzione della funivia) Pasquale Sposito (direttore operativo), Giancarlo Gattuso (dirigente infrastrutture) e Pasquale di Pace (capo impianto). Si tratta di funzionari e dipendenti dell’Eav, l’ente – che fa capo alla Regione Campania – gestore dell’impianto di risalita che da Castellammare di Stabia collega il centro cittadino con il villaggio del Faito a quota 1131 metri. Le contestazioni formulate sono di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. In questa fase dell’inchiesta dove non si hanno certezze sulle cause del disastro, l’iscrizione nel registro degli indagati è un mero atto dovuto per consentire ai diretti responsabili dell’impianto di seguire tutte le fasi tecniche irripetibili. Un passaggio obbligato di una inchiesta che ieri ha visto i magistrati impegnati in un secondo sopralluogo sulla scena del disastro: per tutta la giornata sono stati impegnati i magistrati inquirenti e i tecnici delegati per gli accertamenti: si è proceduto a una ispezione visiva delle due cabine – quella precipitata sul monte Faito e quella rimasta intatta a pochi metri dalla stazione di Castellammare di Stabia – con videoriprese effettuate dalla polizia scientifica, anche con l’ausilio di un drone, senza alterare lo stato dei luoghi.
E oggi, invece, si è tenuta l’autopsia sul corpo delle quattro vittime. La procura si è affidata al medico legale Nicola Giorgio. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Manuela Palombi, Nicola Pignatiello, Giovanni Scarpato e Alberto De Vita.
giovedì, 24 Aprile 2025 - 15:42
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