«Mio figlio, è stato ucciso, è morto tradito da chi doveva insegnargli un lavoro per il futuro. Per il problema dei subappalti». Nel giorno della festa dei lavoratori, che i sindacati dedicano alle vittime sul lavoro rivendicando più sicurezza, la testimonianza di Simona Esposito, le sue rimostranze, le sue richieste, diventano il manifestano di una battaglia nell’interesse della collettività.
Simona parla in piazza Municio a Napoli, dal palco del primo maggio dei sindacati Cgil, Cisl e Uil territoriali. E parla del lutto che ha segnato la sua vita. Suo figlio Patrizio Spaziano è morto a 19 anni sul lavoro: è rimasto bruciato dall’ammoniaca in una fabbrica a Gricignano d’Aversa, nel Casertano. «Mi perdonerete, ma non è facile essere qui. Per me il primo maggio è sempre stato un giorno di festa, perché 23 anni fa mi sono sposata, abbiamo avuto due figli – racconta – noi veniamo da Secondigliano, un quartiere difficile, e abbiamo cresciuto i nostri figli nell’onestà e nel senso del lavoro. E mio figlio così ha fatto, è andato a cercare lavoro, voleva imparare un mestiere. Onestamente».
Ma il pomeriggio di venerdì 10 gennaio la vita di Patrizio si è interrotta nella Frigocaserta srl di Gricignano d’Aversa. Un incidente terribile per il quale Simona chiede «giustizia», «giustizia per mio figlio» «perché mio figlio è stato ucciso, non ha avuto un incidente di lavoro; mio figlio a 19 anni, quando lavorava da due mesi in una fabbrica per imparare un mestiere, il saldatore, ed è stato mandato senza competenze in un’altra fabbrica».
La storia che Simona raccolta dal palco è la storia al centro dell’inchiesta della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere: «Eravamo convinti che mio figlio dovesse stare in una fabbrichetta a imparare, così ci avevano promesso. E invece per il problema dei subappalti, che è un problema grandissimo in questo paese, perché non ci sono controlli – aggiunge la madre di Patrizio – hanno avuto il coraggio di mandare mio figlio senza competenze, senza un corso di sicurezza, in un capannone con tubi pieni di ammoniaca e sono sicura che mio figlio non sapesse nemmeno cosa c’era lì dentro».
«Per il subappalto hanno mandato mio figlio su un trabattello da solo e quando è scoppiato questo tubo di ammoniaca sono scappati, via i datori di lavoro e chi lavorava in quella fabbrica, chi l’ha fatto entrare senza le competenze. Mentre lui è rimasto su quel trabattello per cinque ore con l’ammoniaca sul viso, protetto solo dalle sue mani. Bruciato vivo. Tutto questo per il profitto delle imprese», racconta.
A lei è stato chiesto di andare nelle scuole per dire ai ragazzi che devono saper dire no: «Io vado a parlare con i ragazzi – sottolinea a sindacati e istituzioni – ma voi andate nelle imprese a dire che non devono ammazzare i figli che vengono cresciuti con amore. Voglio che questo sia chiaro, lui è morto innocente. È morto, tradito da chi gli doveva insegnare un lavoro per il futuro». Il dolore e l’indignazione sono acuiti per il fatto che non sara’ possibile, secondo la madre, nemmeno rendere “dignità” al diciannovenne, perche’ “non avrà giustizia. Perché il reato dell’omicidio sul lavoro non c’è». «Chiedo a voi che dovreste proteggere i lavoratori, lo chiedo ai politici. Il mio grido di mamma ve lo chiede per tutti gli altri ragazzi, per tutte le altre mamme. È un dolore che non auguro a nessuno. Vi prego di combattere per i subappalti, vi prego di combattere per gli ispettorati del lavoro, perché la fabbrica dove è morto mio figlio è ancora aperta, nemmeno nel lutto di mio figlio è stata chiusa. Vi chiedo soprattutto la cosa più importante, il reato di omicidio sul lavoro», conclude la donna.
giovedì, 1 Maggio 2025 - 22:17
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