Il rischio è quello di una «guerra totale». Lo grida la Turchia, lo teme l’Occidente. Nel subcontinente indiano è (ri)esploso un conflitto che sta catalizzando l’attenzione internazionale. E ciò accade proprio nelle ore in cui a Roma, nella città del Vaticano, il Conclave è chiamato a eleggere il nuovo Papa, che – è stato auspicato in modo corale – sappia essere portavoce di un forte messaggio di pace. Tra India e Pakistan, due potenze nucleari storicamente rivali, si è riacceso lo scontro. Ieri notte il Governo indiano del premier Narendra Modi ha aggredito il Pakistan con attacchi missilistici contro nove siti che ospitano infrastrutture terroristiche: il bilancio delle vittime è impietoso, oltre trenta morti.
È la risposta all’attacco del 22 aprile nel Kashmir indiano nel quale hanno perso la vita 28 turisti indiani; quell’attacco è stato firmato da miliziani (il gruppo The Resistance Front, affiliato a Lashkar-e-Taiba ha rivendicato l’attentato) che, secondo Nuova Delhi, sarebbero sostenuti dal Pakistan. La reazione di Islamabad non si è fatta attendere: Il consiglio di ha reso noto che le forze armate del Pakistan «hanno difeso con risolutezza l’integrità territoriale del Pakistan, compreso l’Azad Jammu e Kashmir, dall’aggressione indiana, abbattendo nel frattempo cinque aerei da combattimento e velivoli senza pilota indiani», ed ha anticipato di riservarsi il diritto di rispondere, per legittima difesa, nel momento, nel luogo e nei modi che riterrà opportuni.
Il Consiglio di sicurezza nazionale del Pakistan, riunitosi oggi sotto la presidenza del primo ministro, Shehbaz Sharif, ha condannato gli «atti illegali» dell’India come «violazioni della sovranità e dell’integrità territoriale del Pakistan, che costituiscono palesemente atti di guerra ai sensi del diritto internazionale». Secondo il Consiglio, «il deliberato attacco ai civili, comprese donne e bambini innocenti, da parte dell’esercito indiano costituisce un crimine odioso e vergognoso, che viola tutte le norme di comportamento umano e le disposizioni del diritto internazionale». Il Pakistan ha respinto con fermezza le accuse indiane sulla presenza di campi terroristici sul suo territorio.
Il rischio di una guerra è altissimo, anche alla luce della conflittualità tra i due Paesi che dura da 70 anni. E il timore di un conflitto nucleare anche. Secondo le stime del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), l’India ha circa 160 testate, il Pakistan ne conta 170.Le dichiarazioni che arrivano dal resto del mondo denunciano una forte preoccupazione. «L’attacco compiuto dall’India ieri sera ha creato il rischio di una guerra totale. Condanniamo tali azioni provocatorie e attacchi contro i civili e le infrastrutture civili», ha affermato il ministero degli Esteri turco. Il ministro ha esortato le parti «ad agire con buon senso» e ad adottare misure per ridurre le tensioni. «Sosteniamo la richiesta del Pakistan di avviare un’indagine sull’attacco terroristico del 22 aprile», si legge nella nota.
Sulla stessa scia il portavoce della Commissione Ue, Anouar El Anouni, nel corso dell’incontro quotidiano con la stampa: «L’Ue condanna il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni. I responsabili devono essere assicurati alla giustizia. L’Alta Rappresentante lo ha sottolineato nei suoi recenti colloqui con le controparti indiana e pakistana. Esortiamo entrambe le parti a dar prova di moderazione e ad adottare misure immediate per favorire la de-escalation. L’Ue ricorda la necessità di una soluzione pacifica, negoziata, reciprocamente concordata e duratura al conflitto». Anche l’Iran ha rivolto un messaggio a India e Pakistan, invitandole a «esercitare moderazione» ed evitare una ulteriore escalation.
mercoledì, 7 Maggio 2025 - 16:42
© RIPRODUZIONE RISERVATA