Strage nella centrale di Suviana, dopo un anno ci sono i primi 5 indagati: sei i morti, c’era anche un 68enne di Napoli

Il 68enne di Napoli Vincenzo Garzillo

L’attesa è stata lunga, perché articolate e complesse sono state le perizie necessarie a capire cosa è accaduto quel 9 aprile 2024 nella centrale idroelettrica di Enel Green Power di Bargi, sul lago di Suviana. La procura della Repubblica di Bologna ha iscritto cinque persone nel registro degli indagati per il drammatico incidente che provocò la morte di sette lavoratori impegnati in un collaudo ad un generatore e ne ferì altri sei. Sono contestati i reati di per i reati di disastro colposo, omicidio colposo sul lavoro plurimo e lesioni colpose sul lavoro. Nell’incidente persero la vita Vincenzo Garzillo, 68 anni di Napoli; Adriano Scandellari, 59 anni di Milano; Paolo Casiraghi, 57 anni di Mestre; Alessandro D’Andrea, 37 anni di Pontedera; Pavel Petronel Tavase, 45 anni, residente a Settimo Torinese.

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Quel 9 aprile, come si ricorderà, si verificò un’esplosione all’interno della centrale, che scende fino a 40 metri sotto il livello del bacino artificiale di Bargi. L’esplosione provocò un’apertura che determinò l’ingresso di acqua nella centrale inabbissata per dieci piani. La conseguenza fu l’allagamento dell’imponentente struttura con la morte di tutti quelli che si trovavano nei livelli sottostanti.

Secondo quanto emerge dalla relazione preliminare depositata a novembre, gli esperti, pur senza poter raggiungere fisicamente il luogo dello scoppio, hanno chiarito che tutto è avvenuto in circa sei secondi.

Nella relazione preliminare depositata a novembre, gli esperti, pur senza poter raggiungere fisicamente il luogo dello scoppio, hanno chiarito che tutto è avvenuto 6,2 secondi. Il disastro potrebbe essere stato provocato dalla rottura di un componente dell’alternatore, per fatica o per qualche altro fenomeno che ha “bloccato” (frenato violentemente) l’albero sotto il rotore, lato turbina. In conseguenza di ciò il movimento rotatorio per inerzia avrebbe tranciato un collegamento dell’albero dell’alternatore facendo collassare il gruppo, provocando la fuoriuscita di olio dei cuscinetti e le fiamme che si sono sviluppate. Una causa meccanica quindi, compatibile con le dichiarazioni dei testimoni.

I periti hanno avanzato anche delle ipotesi: il cedimento meccanico che ha fatto collassare il gruppo potrebbe essere provocato dal distacco di un polo dell’alternatore. Gli esperti avanzano però altre cinque ipotesi: il fenomeno di cavitazione che potrebbe aver causato la rottura di una pala di turbina; anomalie nel funzionamento di un cuscinetto; un’anomalia nella chiusura della valvola rotativa; un’anomalia nella chiusura del distributore; variazioni di pressione a elevata frequenza. Servirà altro tempo per avere qualche risposta più chiara.

Certezze definitive ancora non ve ne sono, perché, nonostante sia trascorso un anno da quella tragedia, non si è riusciti ad ispezionare l’intera centrale. I vigili del fuoco hanno lavorato in questi mesi per svuotare dall’acqua i locali dell’impianto sull’Appennino bolognese, arrivando al piano meno cinque. Operazioni andate avanti a rilento, per la particolarità delle condizioni ambientali e la necessità di avere garanzie di sicurezza.

Si dovrà proseguire con le attività, ma soprattrutto si dovranno staccare materialmente dalle pareti alcuni componenti elettronici ritenuti fondamentali per ricostruire le cause di quello che è successo, in combinazione con l’analisi delle scatole nere: questo tipo di attività è stato ritenuto un accertamento tecnico irripetibile, ragione per la quale la procura di Bologna ha ritenuto di dover spiccare avvisi di garanzia per consentire agli indagati di poter seguire queste fasi dell’indagine e nominare dei propri avvocati.

 

mercoledì, 7 Maggio 2025 - 21:34
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