Torturata e uccisa nella prima faida di Scampia, altre due condanne per l’omicidio di Mina Verde

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Altre due condanne, un altro pezzo di puzzle che si incastra in una storia divenuta il simbolo della spietatezza dei camorristi che nei primi anni del Duemila si fecero la guerra, guerra di camorra, tra Scampia e Secondigliano, alla periferia nord di Napoli.

Questa mattina il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Valentina Giovanniello ha inflitto 30 anni di reclusione a Luigi De Lucia e Pasquale Vichingo, soprannominato ‘o Vichingo, per avere avuto un ruolo nell’omicidio di Gelsomina Verde, la 21enne uccisa dopo essere stata torturata e “interrogata” sul nascondiglio segreto del boss Gennaro Notturno ‘o sarracino. De Lucia e Vichingo sono stati ritenuti colpevoli di omicidio con le aggravanti delle armi e dell’aggravante della matrice camorristica per avere agito al fine di agevolare il clan Di Lauro.

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Le condanne disposte sono state il massimo possibile previsto dalla legge per il tipo di giudizio scelto, che fa scattare la riduzione di un terzo della pena. Accolte le istanze dei pubblici ministeri Maurizio De Marco e Stefania Di Dona che hanno sostenuto l’accusa. Presente all’udienza Anna Lucarelli, madre di Mina Verde, e il figlio Francesco: la donna si è scagliata verbalmente contro i due imputati, collegati in video-conferenza, è stata accompagnata all’esterno dell’aula.

L’omicidio si consumò nelle fasi iniziali della guerra di camorra scoppiata, all’ombra delle Vele di Scampia e Secondigliano, tra il clan Di Lauro – passato nelle mani del giovane Cosimo Di Lauro, figlio del boss Paolo – e l’ala scissionista guidata dagli Amato-Pagano. Mina però non era una camorrista, nulla aveva a che fare con la criminalità organizzata. Aveva avuto una relazione con il ras degli scissionisti Gennaro Notturno, che in quel periodo di faida si nascondeva – come tutti gli altri ras scissionisti – per sfuggire all’ira funesta di Cosimo Di Mauro. E Mina, nelle logiche dei vertici di Di Lauro, avrebbe potuto essere a conoscenza del nascondiglio di Notturno.

Per questa ragione si decise di sequestrarla e interrogarla, nella convinzione di riuscire a stare Notturno. Era la sera del 21 novembre 2004. Il “gancio” per avvicinare Mina fu – come racconta un’altra sentenza da decenni divenuta definitiva – Pietro Esposito detto “Kojak”, che la giovane conosceva. La 21enne fu fatta salire in un’auto e condotta verso l’orrore. Luigi De Lucia e Pasquale Vichingo – secondo quanto ricostruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli sulla scorta delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – viaggiavano sull’auto che seguì, a mo’ di scorta, la vettura che avrebbe condotto Mina verso la morte. Ad uccidere Mina, a colpi di pistola, fu Ugo De Lucia, cugino di Luigi De Lucia, e al tempo killer di fiducia del clan Di Lauro. Il killer sta scontando da un pezzo la condanna all’ergastolo per la morte di Mina. Sul mandante, indicato dalla procura in Cosimo Di Lauro, non c’è invece sentenza di condanna: Cosimo Di Lauro, dopo un verdetto di colpevolezza in primo grado, è stato assolto con sentenza definitiva. Un’assoluzione che il ras stragista s’è portato nella tomba: Di Lauro è morto nel carcere di Opera, dopo 17 anni e mezzo trascorsi al 41 bis, il 13 giugno del 2022.

mercoledì, 7 Maggio 2025 - 19:40
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