Il rischio eruzione, al momento, non c’è perché «nei primi chilometri della crosta superiore, il magma non c’è. E se c’è, c’è una frazione piccolissima». E, tuttavia, bisogna essere consapevoli del fatto che, essendo quello dei Campi Flegrei un vulcano attivo, lo scenario che tutti temono potrebbe verificarsi. Quando? La speranza è mai, ad ogni modo ci sono indicatori rivelatori di una attività eruttiva che l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia è in grado di monitorare e comunicare.
È quanto è stato sottolineato oggi pomeriggio da Francesca Bianco e Mauro Di Vito nel corso della conferenza stampa convocata presso la Sala Conferenze dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv per fare il punto a seguito dello sciame sismico di oggi ai Campi Flegrei che si è manifestato con almeno 35 terremoti in circa 4 ore, il più forte dei quali è stato quello di magnitudo 4.4 delle ore 12.07, seguito da un sisma di magnitudo 3.5 alle 12.22 e poi da un terremoto di magnitudo 3.3 alle 14.58.
Il cuore della preoccuazione di chi vive nel territorio caldo è sempre lo stesso: ogni scossa di terremoto oltre a risvegliare la paura, ripropone il timore di segnali ben più inquietanti lanciati dalla terra che balla. Su questo aspetto Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’Istituto nazionale geofisica e vulcanologia, è tornata ancora una volta ribadendo che al momento non ci sono evidenze di rischio eruzione. Per dirla con le sue parole: «Nei primi chilometri della crosta superiore, il magma non c’è. E se c’è, c’è una frazione piccolissima. Viceversa, se ci fosse magma in superficie saremmo in grado di verificarlo subito perché registrammo delle anomalie evidenti, ossia un insieme di fattori come anomalie geochimiche e deformazioni del suolo che si distribuirebbero in maniera diversa da quella che c’è adesso: dall’insieme di una serie di drastiche variazioni noi potremmo dire che ci stiamo avvicinando all’eruzione».
Ovviamente del magma attivo c’è, ma – ha spiegato Bianco – «è in profondità» e non sarebbe potuto essere diversamente: «Altrimenti non registreremmo le variazioni geochimiche che registriamo dal 2000». Tradotto: per ora la situazione, sul fronte rischio eruzione, è sotto controllo.
Ad ogni modo, ha osservato con franchezza Mauro Antonio Di Vito, direttore dell’Osservatorio vesuviano, bisogna essere consapevoli del fatto che la risalita di magma è un evento possibile proprio perché stiamo parlando di un vulcano attivo. «La dinamica che stiamo osservando – ha detto – sta andando avanti, potrebbe evolvere anche verso una risalita magmatica che per ora escludiamo. Ma dobbiamo sapere che questo può accadere a medio-lungo termine».
È però impossibile, ha aggiunto Di Vito, quantificare il “tempo”: «Oggi nessuno può dire se questo medio-lungo termine può essere tra tre-cinque-dieci anni». Di Vito ha però offerto anche uno scenario alternativo più tranquillizzante: ha infatti ricordato che non sempre la risalita del magma in superficie porta a una eruzione. «Abbiamo anche tanti magmi che risalendo sono rimasti intrappolati tra le rocce e non sono riusciti a risalire. Ne abbiamo tanti di questi esempi», ha detto. «L’unica possibilità che abbiamo – ha concluso Di Vito sul punto – è continuare a fare un monitoraggio sempre più accurato ed anche essere preparati sempre di più a un peggioramento della situazione. Dobbiamo essere consapevoli che c’è un vulcano che potrà generare un certo tipo di fenomeno, anche se per ora non c’è evidenza».
Sul fronte bradisismico, Bianco e Di Vito hanno ribadito quanto già sottolineato in altre circostanze: «L’attività bradisismica continua a persistere» (Bianco) e «finché continua questa dinamica, ci aspettiamo anche gli effetti connessi con questa dinamica» (Di Vito). I due esperti, sul terremoto di oggi, hanno poi spiegato che esso non è stato provocato dall’ormai costante sollevamento del suolo cui si assiste da tempo. Bianco ha infatti ricordato, come già fatto in altre occasioni, che non sempre il terremoto viene generato dal sollevamento del suolo e dunque dalle “rotture” della terra che ne scaturiscono. In riferimento al terremoto di oggi, ad esempio, esso «non si è attivato con l’accelerazione di sollevamento della terra come invece verificatosi due mesi fa» ma è stata la conseguenza dello stress cui è sottoposta la crosta terreste per via del costante sollevamento. «La sismicità più energetica viene sicuramente attivata quando osserviamo una variazione nella velocità di sollevamento ma viene attivata anche per il continuo carico che la deformazione induce sulla crosta terrestre anche senza dei valori di velocità di sollevamento – ha spiegato Bianco -. Quindi la possibilità che abbiamo avuto di osservare per 20 anni i dati ci racconta come la struttura della caldera sta reagendo alle variazioni locali di sforzo che sono indotte da dinamica magmatica profonda. Quando parliamo di dinamica magmatica profonda vogliamo intendere che le condizioni di sforzo a cui è soggetta la crosta localmente hanno origine da un magma che è profondo almeno 7-8 chilometri».
Non resta, dunque, che affidarsi al monitoraggio dei dati, alla loro lettura, nella consapevolezza che in caso di anomalie i dati saranno tempestivamente comunicati alle autorità: «Quando noi osserviamo un parametro che cambia, noi facciamo subito la comunicazione ai sindaci, alla prefettura», ha detto Di Vito. In questo scenario l’unica strategia – ha incalzato Di Vito – è «essere preparati», «favorire anche i controlli alle abitazioni e non assumere comportamenti errati», così come «non intasare le strade per lasciare lo spazio a eventuali mezzi di soccorso e ai ricercatori che devono fare i rilievi».
martedì, 13 Maggio 2025 - 20:15
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