Huawei-gate, la procura belga chiede la revoca dell’immunità per Fulvio Martusciello e altri 4 eurodeputati

Fulvio Martusciello (foto Kontrolab)
di Marco Cesario

L’inchiesta sul cosiddetto Huawei-gate provoca una nuova scossa di terremoto, che fa tremare l’Italia e in particolare Forza Italia. La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha annunciato ufficialmente la richiesta della procura federale belga per la revoca dell’immunità parlamentare nei confronti di cinque eurodeputati coinvolti nell’inchiesta sul cosiddetto Huawei-gate. Tra loro figura Fulvio Martusciello, esponente di spicco di Forza Italia e per mesi in corsa come possibile candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Campania, candidatura poi ritirata dopo lo scoppio del caso che ha inizialmente coinvolto direttamente la sua assistente parlamentare.

Le richieste di revoca, ha spiegato Metsola durante la sessione plenaria dell’Eurocamera a Bruxelles, riguardano i forzisti Martusciello, Salvatore De Meo e Giusi Princi, oltre al bulgaro Nikola Minchev (Renew Europe) e al maltese Daniel Attard (S&D). «Ho ricevuto richieste dalle autorità competenti del Belgio per la revoca dell’immunità parlamentare di Daniel Attard, Salvatore De Meo, Fulvio Martusciello, Nikola Minchev e Giusi Princi. Queste richieste sono deferite alla Commissione per gli affari legali», ha dichiarato Metsola.

L’indagine, che ipotizza un vasto sistema di corruzione a favore del colosso cinese Huawei, è esplosa lo scorso 13 marzo con l’arresto di quattro lobbisti accusati di aver cercato di influenzare le politiche europee relative al 5G, in cambio di denaro e favori. Durante le perquisizioni nella sede del Parlamento Ue a Bruxelles, furono messi temporaneamente sotto sequestro gli uffici di due assistenti parlamentari riconducibili a Forza Italia. Tra loro, Lucia Simeone, collaboratrice storica di Martusciello, fermata il 20 marzo in un B&b nel Casertano in esecuzione di un mandato di arresto europeo per associazione a delinquere, riciclaggio e corruzione.

Lucia Simeone, dopo essere stata detenuta per due giorni nel carcere di Napoli-Secondigliano e posta ai domiciliari, ha poi accettato di collaborare con la magistratura belga. Trasferitasi a Bruxelles il 28 aprile, è stata interrogata per sette ore davanti a investigatori e giudice istruttore.

Al termine dell’istruttoria, le accuse più gravi – associazione per delinquere e corruzione – sono decadute. Resta in piedi l’ipotesi di riciclaggio, legata a un bonifico da mille euro che, secondo quanto spiegato dalla stessa Simeone, costituirebbe la restituzione di una somma anticipata a un lobbista per acquistare una scatola di sigari. «I mille euro che ho ricevuto? Avevo anticipato soldi per una scatola di sigari a un lobbista, che me li ha restituiti. Non mi occupo di leggi o di vertenze politiche», avrebbe dichiarato.

Il mandato d’arresto europeo a suo carico è stato revocato in seguito alla sua disponibilità a restare in Belgio. La donna è tornata libera, ma con alcune restrizioni: dovrà rimanere a Bruxelles fino al 10 maggio, non potrà avere contatti con Martusciello né con altri soggetti coinvolti nell’inchiesta, e non potrà lasciare l’area Schengen senza autorizzazione fino a luglio.

Proprio da alcuni atti a corredo delle contestazioni a Simeone è saltato fuori qualche particolare sulla posizione di Martusciello. Il nome dell’europarlamentare è comparso in relazione a una lettera del 10 febbraio 2021 firmata da otto eurodeputati – tra cui lo stesso Martusciello – indirizzata a tre commissari europei, per sollecitare una maggiore apertura alla tecnologia 5G promossa da Huawei. Secondo la procura belga, dietro quella lettera ci sarebbe stato un pagamento illecito di circa 46.000 euro, orchestrato da lobbisti vicini all’azienda.

 

mercoledì, 21 Maggio 2025 - 19:08
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