In ospedale a Nola ci è arrivato in ambulanza, con un codice rosso. Stefano Addeo, professore di tedesco in un liceo di Cicciano (in provincia di Napoli), ha varcato la soglia del pronto soccorso nel tardi pomeriggio di oggi. Il suo corpo, stremato da un mix di barbiturici e farmaci, ha ceduto sotto il peso di una disperazione che non è riuscito più a contenere. “Ho assunto diversi barbiturici, diversi farmaci… è una situazione che non riesco a sostenere”, ha confessato con voce rotta all’Adnkronos. Per fortuna le sue condizioni non sono gravi.
Il suo gesto estremo arriva come un boato improvviso in una vicenda che già aveva assunto i toni dello scandalo. Un post, feroce, diretto alla figlia della premier Giorgia Meloni. Un’esplosione di rabbia, divenuta in poche ore un caso nazionale. Poi il silenzio. E infine, il crollo.
Secondo quanto ricostruito, prima di compiere il gesto avrebbe composto un ultimo numero: quello della dirigente scolastica dell’istituto dove insegnava. Un grido d’aiuto, o forse un addio. La preside, colpita e allarmata, non ha esitato a chiamare i soccorsi. Una scelta che probabilmente ha salvato la vita al professore.
Ora, tra le lenzuola dell’ospedale di Nola, Addeo lotta con i postumi dell’ingestione e con le sue stesse parole, quelle che lui stesso definisce “inaccettabili”. In una lettera scritta nel pomeriggio del dramma, aveva implorato un incontro con la premier: “Nessuna giustificazione per le mie parole, frase infelice e crudele. Le chiedo, se possibile, di potermi incontrare per poterglielo dire guardandola negli occhi”.
“Mi assumo ogni responsabilità – aveva scritto – anche se confesso che mai nelle mie intenzioni vi era l’idea di augurare la morte a una bambina”.
lunedì, 2 Giugno 2025 - 19:23
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