Quattro ferite, tra la fronte e la nuca. È lì che si è concentrata la furia cieca di Alessio Tucci, ed è da lì che si è consumata l’agonia di Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola trovata senza vita in un edificio abbandonato nei pressi dello stadio Moccia di Afragola. Martina non è morta subito, ha lottato, ha sofferto. L’autopsia ha confermato ciò che si temeva: la 14enne di Afragola è stata colpita ripetutamente alla testa con una pietra. Le ferite sono profonde, frontali e posteriori, e una di esse ha provocato una massiccia emorragia, verosimilmente quella che ha causato la morte. Ma non all’istante.
Tutte le notizie sul caso dell’omicidio di Martina Carbonaro
Non si sa, al momento, per quanto sia rimasta viva dopo l’aggressione. L’esame sul corpo, eseguito ieri (martedì 3 giugno) dalla dottoressa Raffaella Salvarezza su incarico della procura di Napoli Nord, ha anche evidenziato un segno sul collo. Troppo presto per dire se si tratti di un tentativo di strangolamento. La relazione autoptica sarà consegnata nelle prossime settimane. Ma il dato certo è uno solo: Martina è morta in agonia. E potrebbe essere sopravvissuta per alcuni minuti, forse di più. Una finestra temporale su cui gli investigatori puntano ora per stabilire se, con un intervento tempestivo, avrebbe potuto essere salvata.
Intanto Afragola si stringe attorno alla famiglia della ragazza. Oggi, nella Basilica Pontificia di Sant’Antonio di Padova, alle ore 15, si terranno i funerali, presieduti dall’arcivescovo di Napoli, il cardinale Mimmo Battaglia. Sarà lutto cittadino: lo ha deciso il sindaco Antonio Pannone, che in una nota ha espresso il cordoglio dell’intera comunità. «Ci stringiamo al dolore dei familiari – si legge – per una perdita che ha lasciato un vuoto incolmabile».
Il corpo di Martina è stato trovato solo nella notte del 27 maggio. Era nascosto sotto un vecchio armadio, tra detriti e rifiuti, nel locale dove il suo ex fidanzato l’aveva attirata per un ultimo incontro. Nel primo sopralluogo, gli investigatori avevano trovato solo tracce di sangue, gli occhiali della ragazza e una pietra insanguinata. Il resto, compresa la verità, è venuto fuori solo ore dopo.
Alessio Tucci, 19 anni a luglio, ha confessato. Ha detto di averla colpita dopo che lei aveva rifiutato un abbraccio. I due ragazzi si erano fidanzati due anni fa poi Martina aveva deciso di lasciarlo ma lui non voleva accettarlo. Dopo il delitto, Alessio ha preso il cellulare di Martina, ha cancellato le chat, nascosto il telefono in una intercapedine dell’edificio abbandonato divenuto la tomba di Martina, è tornato a casa, ha fatto la doccia ed è uscito con gli amici. Poi ha persino partecipato alle ricerche, stringendosi al dolore dei genitori di Martina. Per la procura e per il giudice delle indagini preliminari, la sua condotta è stata segnata da «crudeltà, disinvoltura e allarmante freddezza».
Il giovane, inizialmente detenuto a Poggioreale, è stato trasferito in un altro carcere della regione per motivi di sicurezza. La nuova destinazione non è stata resa nota. Il suo avvocato, Mario Mangazzo, aveva chiesto il trasferimento dopo alcune tensioni interne e per proteggere i familiari del ragazzo, che – ha raccontato – sarebbero stati importunati all’esterno della casa circondariale.
L’autopsia rappresenta ora un nodo centrale nell’indagine. Non solo per capire come è morta Martina, ma quando. E se fosse ancora viva quando il suo corpo è stato coperto e abbandonato. Se, cioè, sia stata lasciata morire. Solo con gli esami istologici e anatomopatologici si potrà avere una risposta definitiva.
Nel frattempo, la famiglia della ragazza chiede silenzio, rispetto e sostegno. Dopo alcune polemiche nate sui social, il legale dei genitori, Sergio Pisani, ha denunciato pubblicamente l’assenza di supporto istituzionale. «Lo Stato ha lasciato soli questi genitori – ha dichiarato – senza assistenza psicologica, senza tutela. Non si può pretendere lucidità da chi vive un dolore così disumano. Serve presenza, umanità, aiuto concreto».
Sui social, intanto, anche la madre di Martina rompe il silenzio: «Non mi giudicate. Se mi vedete forte, è perché me l’ha chiesto lei. Era tutto per me. Principessa mia, avrai giustizia».
mercoledì, 4 Giugno 2025 - 08:24
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