«Martina è morta per un’idea malata dell’amore. Basta giustificazioni»: il “grido” di don Battaglia ai funerali ad Afragola

I funerali di Martina Carbonaro

I palloncini, rosa e bianchi, si sono sollevati lentamente nel cielo di Afragola, come grani di un rosario, fino a incastrarsi nella croce che sovrasta la Basilica di Sant’Antonio. Un’immagine forte, quasi simbolica, a sigillare l’addio a Martina Carbonaro, 14 anni, uccisa dal suo ex fidanzato, Alessio Tucci, 18 anni, che adesso è in carcere. La folla, radunata da ore, ha accolto il feretro bianco con un lungo applauso. Alcuni hanno gridato «Giustizia, giustizia», altri hanno stretto al petto le magliette bianche con il volto di Martina e la scritta “Ciao Martina”. Erano in migliaia. Adolescenti con gli occhi lucidi, mamme con il cuore spezzato, uomini e donne in silenzio. «Era la figlia di tutti noi», ha sussurrato una donna.

La cerimonia è stata celebrata dal cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, visibilmente commosso: ha parlato ai ragazzi, agli adulti, alla comunità tutta. Le sue parole hanno squarciato il silenzio con la forza di un grido che non vuole più tacere. «Martina è morta per mano della violenza. È morta per mano di un ragazzo che non ha saputo reggere un rifiuto, un limite, una libertà, togliendo il futuro non solo a Martina ma anche a se stesso – ha detto l’arcivescovo di Napoli -. Martina è morta per un’idea malata dell’amore. Un’idea ancora troppo diffusa, troppo tollerata, troppo silenziosa».

Le sue parole sono state interrotte più volte dagli applausi. «Il suo sangue grida un cambiamento che non possiamo più rinviare – ha proseguito il cardinale Battaglia -. Se per amore arrivi a fare del male, non è amore ma solo violenza. Un odio che uccide è femminicidio. Chiamiamolo col suo nome. Non è follia. Non è gelosia. Non è un raptus. È il frutto amaro di un’educazione che ha fallito, di un linguaggio che normalizza la violenza. Basta parole deboli. Basta giustificazioni». L’appello si è rivolto in particolare ai più giovani: «Guardate in faccia le vostre ferite e difficoltà, liberatevi dall’idea del possesso, imparate a gestire la frustrazione, chiedete aiuto quando dinanzi a un ‘no’ la rabbia vi divora, ve ne prego, lasciatevi aiutare in questo. Chiedete aiuto prima che sia troppo tardi». Poi il cardinale si è rivolto agli adulti: «Genitori, educatori, preti, formatori, politici: che mondo stiamo costruendo per questi ragazzi? Che strumenti diamo loro per leggere le emozioni, per affrontare la delusione, per attraversare la frustrazione? Come li stiamo accompagnando a diventare uomini e donne capaci di rispetto, di tenerezza, di libertà?».

In piazza, chi non è riuscito ad entrare in Basilica ha seguito la cerimonia su un maxi schermo. Molti piangevano, altri stringevano la mano a chi avevano accanto. Alcune amiche di Martina hanno fatto volare altri palloncini con la scritta: «I nostri ricordi mi tengono compagnia». Quando il feretro è uscito, accompagnato dai genitori – mamma Fiorenza e papà Marcello – e dallo stesso cardinale Battaglia, la folla ha applaudito a lungo. Alcuni ragazzi hanno urlato: «Martina è viva».

Presente anche il prefetto di Napoli, Michele di Bari, che ha detto: «Noi assistiamo a gesti di inaudita violenza. Occorre un atto di responsabilità da parte degli adulti. Qui nessuno deve tirarsi indietro. Bisogna guardare in faccia la realtà per quella che è. C’è un vuoto educativo che ha preso di mira una generazione».

Davanti alla bara, al dolore di una comunità intera, il cardinale ha scandito parole che resteranno scolpite nella memoria di chi c’era: «Oggi dobbiamo assumerci tutti una responsabilità collettiva. Oggi dobbiamo impegnarci affinché a tutti, piccoli e grandi, sia chiaro che l’amore non è possesso. L’amore non è controllo. L’amore non è dipendenza. L’amore vero rende liberi. L’amore vero non trattiene, non costringe, non punisce». E ancora: «Se amare ti fa male, non è amore. Se per amore devi annullarti, non è amore. Se per amore arrivi a fare del male, non è amore ma solo violenza. E la violenza non è mai giustificabile». Lacrime. Applausi. Dolore. Un silenzio rotto solo dal grido di chi non vuole che Martina sia dimenticata: «Giustizia!».

mercoledì, 4 Giugno 2025 - 20:44
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