Finisce la scuola e scatta la stangata. I centri estivi, unico rifugio per migliaia di famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, sono diventati un peso economico insostenibile. A giugno, mentre i banchi si svuotano e gli studenti salutano l’anno scolastico, mamme e papà si ritrovano a dover affrontare costi per un centro estivo che in molte città superano i 1.800 euro per un solo figlio. Per due bambini si arriva anche a 2.700 euro in otto settimane. Un salasso che colpisce in particolare chi non può contare su nonni o parenti per accudire i bimbi da giugno a fine luglio, prima che scatti l’agognata vacanza agostana, e che si trasforma in una vera e propria emergenza sociale.
A certificarlo è l’ultima indagine Adoc-Eures, che ha monitorato circa 200 centri estivi in otto grandi città italiane. I dati sono impietosi: +12,3% rispetto al 2024, +22,7% rispetto al 2023, con un costo medio settimanale per centro a tempo pieno che si attesta a 173 euro. Milano si conferma la più cara (227 euro), seguita da Firenze (177) e Bologna (172). A Napoli la media è di 143 euro a settimana, mentre Bari è la più “economica” con 109 euro. Ma per molte famiglie, anche 109 euro diventano proibitivi. Fatti due conti, per otto settimane di centro estivo a tempo pieno, le famiglie milanesi arrivano a spendere quasi 2.000 euro per un figlio (1.816 euro) e oltre 3.500 euro per due figli (3.505 euro).
Lo studio, in particolare, rivela che il costo medio settimanale di un centro estivo a tempo pieno in Italia si attesta a 173 euro. Per una famiglia con un solo figlio, che necessiti di otto settimane di centro estivo (considerando un mese di ferie dei genitori), la spesa media sfiora i 1.400 euro (1.384 euro). La situazione si aggrava notevolmente per le famiglie con due figli: il costo totale può arrivare a 2.671 euro, equivalente a circa una volta e mezzo una retribuzione media mensile. Questo perché lo sconto medio per i fratelli, quando applicato (solo nel 40% dei casi), raramente supera il 10%. Il servizio di refezione è presente nel 71,7% dei centri estivi, mentre il restante 28,3% richiede il ”pranzo al sacco” (demandando ai genitori anche l’onere della preparazione del pasto da casa) o il pagamento di una ulteriore quota per questo ”extra”.
«Ancora una volta, in vista della lunga estate, le famiglie si trovano a dover affrontare una vera e propria emergenza economica e sociale», dichiara Anna Rea, presidente Adoc. «La chiusura delle scuole per 10 o 13 settimane, a seconda del ciclo scolastico, pone le numerosissime famiglie che non possono contare su un sostegno familiare – nonni, zii, ecc. – nella condizione di dover destinare ingenti risorse finanziarie per sopperire a quella che sembra essere un’anomalia tutta italiana – spiega Rea -. L’Italia, infatti, è uno dei pochi Paesi europei dove le scuole ‘vanno in vacanza’ per tre mesi pieni, contro le 6-8 settimane di Germania, Francia o Regno Unito».
A pesare è anche la scarsa offerta pubblica: in molte regioni i posti disponibili non bastano, e dove ci sono, sono completamente a carico delle famiglie. Il servizio mensa non è sempre incluso: nel 28,3% dei casi il pranzo va portato da casa o pagato a parte. Per una famiglia media con due figli e genitori entrambi occupati, la spesa può equivalere a una retribuzione intera mensile. E quando si parla di sconti fratelli, la delusione è dietro l’angolo: solo il 40% dei centri li applica, e raramente superano il 10%.
La politica si muove, ma a parole. Le opposizioni attaccano compatte. «Nonostante le numerose promesse e le dichiarazioni di intenti, il governo Meloni ha palesemente fallito nell’affrontare le reali necessità delle famiglie», denuncia ancora Anna Rea. «Continua a ignorare il peso economico e sociale dei crescenti costi dei centri estivi e la lunga chiusura delle scuole, lasciando che l’onere ricada interamente sui genitori senza offrire soluzioni concrete e strutturali che, come Associazione, chiediamo da tempo».
Duro anche il giudizio delle parlamentari del Partito democratico, Michela Di Biase e Anna Ascani: «Finisce la scuola e anche quest’anno le famiglie si trovano davanti a un’emergenza assoluta che il governo come sempre fa finta di non vedere. Per chi deve conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro, i mesi che si profilano sono il caos: i centri estivi costano almeno 400 euro al mese a figlio, una spesa insostenibile per chi è già schiacciato da bollette e rincari. Questa destra usa le famiglie soltanto per riempirsi la bocca. Di fatto continua a non fare nulla e a lasciarle sole a gestire le difficoltà di tutti i giorni».
Anche da Italia Viva arrivano critiche taglienti. La senatrice Silvia Fregolent afferma:
«La maggioranza continua a riempirsi la bocca parlando di natalità, di sostegno alla famiglia, invita le donne a fare figli… e poi alla prova dei fatti non fa nulla. Con la fine dell’anno scolastico, ai genitori che lavorano non restano che i centri estivi, ma per due figli si arriva a pagare anche 2.700 euro per otto settimane. Tutto sulle spalle delle famiglie italiane». «I centri estivi sono un servizio essenziale, non un lusso – aggiunge Fregolent -. Chi governa deve decidere se vuole davvero aiutare le famiglie o se preferisce continuare con la propaganda. Perché tra bonus inutili e promesse mancate, le donne restano sempre le più penalizzate. Basta ipocrisie: servono misure concrete per conciliare lavoro e genitorialità».
Sulla stessa linea anche la senatrice Daniela Sbrollini: «Oggi si chiudono le scuole in tante regioni italiane: buone vacanze agli studenti, in bocca al lupo a chi, invece, deve sostenere esami. Ma la fine dell’anno scolastico, per tante famiglie, che magari non hanno il supporto di nonni o zii, significa anche dover pensare a dove lasciare i propri figli per oltre tre mesi. Per chi lavora è inevitabile ricorrere ai centri estivi: il problema è che non in tutte le regioni ci sono posti sufficienti e, dove esistono, i costi sono in costante crescita, e sono completamente a carico dei nuclei familiari. Si va da 500 a oltre 1000 euro a figlio. Un vero e proprio salasso».
Nel Family Act di Italia Viva c’erano proposte concrete, ricorda Sbrollini: mantenere le scuole aperte d’estate, attivare centri all’interno degli istituti, investire in educatori e strutture. Idee che sembrano oggi dimenticate: «È inaccettabile che il peso ricada sempre e solo sulle famiglie». Intanto, l’estate è appena cominciata. E per molti genitori, più che vacanza, è una corsa a ostacoli.
sabato, 7 Giugno 2025 - 09:15
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