Giustizia, l’Anm protesta nelle città simbolo: «Non è una battaglia di categoria, ma per la Costituzione»

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Foto tratta dalla pagina Facebook dell'Associazione nazionale magistrati

Toga sulle spalle, coccarda tricolore sul petto, una copia della Costituzione ben visibile tra le mani. Così i magistrati dell’Anm si sono disposti, ieri (martedì 10 giugno), in sit-in sulle scale del Palazzo di Giustizia di Milano per protestare contro la riforma costituzionale voluta dal ministro Carlo Nordio. Una protesta silenziosa, civile, ma carica di significato simbolico e giuridico, accompagnata da cartelli con le frasi di Piero Calamandrei.

«Non combattiamo una battaglia per la magistratura, ma per una società che riteniamo si possa riconoscere nei principi costituzionali», ha chiarito il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, tra i primi ad arrivare in toga. «Noi non siamo qui per difendere una corporazione. Siamo qui perché pensiamo sinceramente di interpretare un sentimento collettivo di giustizia che conosciamo bene come magistrati e che vogliamo vivere come cittadini».

Parodi ha denunciato che la riforma “è espressiva di un sentimento non troppo benevolo verso la magistratura. Alcuni passaggi sembrano indicare la volontà di colpevolizzarci. Non abbiamo mai fatto la guerra a nessuno, e non la faremo”. Il pericolo concreto, ha aggiunto, è «una magistratura più debole, più attaccabile, più incerta. E quindi una giustizia meno vicina ai cittadini, soprattutto a quelli più fragili”.

Sulla separazione delle carriere, nodo centrale della riforma, Parodi è netto: “È il tema più delicato e complesso. La riforma, pur non prevedendo esplicitamente una sottoposizione all’esecutivo, indebolisce l’indipendenza della magistratura. Segna un depotenziamento della giustizia, e questo non mi piace. Io potrei anche dire che la mia vita personale non cambierà, ma come cittadino sì, e questo mi preoccupa».

Nel pomeriggio, nell’aula magna del Tribunale, si è tenuto un incontro con accademici e rappresentanti dell’avvocatura. Presenti Maurizio Ascione (presidente ANM Milano), Gian Luigi Gatta, Enrico Grosso, Giampaolo Di Marco (Associazione nazionale forense) e Alberto Del Noce (Camere Civili).

«Per un caffè non si cambia la Costituzione», ha commentato Giampaolo Di Marco criticando la motivazione ambientale alla base della separazione delle carriere. «Toccare il testo costituzionale va fatto solo per ragioni profonde. Siamo qui per riflettere, dialogare, trovare un equilibrio tra le parti. Non mi aspetto che il potere esecutivo stravolga il potere giudiziario senza confrontarsi con chi lo esercita».

Roma e la voce dell’ANM nazionale
Alla Corte di Appello di Roma si è svolto il convegno “Riformare la magistratura per non riformare la giustizia?”. In aula, il segretario generale dell’Anm, Rocco Maruotti, ha denunciato l’iter della riforma come “a tappe forzate”, con “la possibilità che si arrivi a un referendum costituzionale entro un anno, e sarà un referendum senza quorum: ogni voto conterà. Per questo chiediamo che il dibattito sia ampio, in Parlamento e nel Paese”.

«Il Governo avrebbe potuto dialogare con le forze di minoranza e arrivare a un’approvazione condivisa, magari con i due terzi. Ha scelto invece di procedere con un testo non accettabile per molti. Vogliamo che i cittadini sappiano davvero cosa stanno votando, perché inciderà sulla Costituzione», ha concluso.

Bari: “Separare PM e giudici vuol dire indebolire il sistema”

A Bari, l’iniziativa dell’ANM si è tenuta nell’aula della Corte d’Assise. Anche qui, magistrati con la Costituzione in mano hanno manifestato preoccupazione. «La Costituzione affida la sovranità al popolo, ma nei limiti delle forme previste dalla Carta», ha affermato il procuratore capo Roberto Rossi. “Non possiamo accettare accelerazioni che tradiscono lo spirito democratico. Separare il PM dal giudice significa renderlo meno indipendente, più esposto. Abbiamo indossato la toga non per protestare, ma per difendere la Costituzione. È un gesto di servizio verso i cittadini”.

Franco Cassano, presidente della Corte d’Appello di Bari, ha parlato di “regressione democratica”: “Per la prima volta una riforma non riguarda l’efficienza dei procedimenti, ma l’identità della magistratura. Il sorteggio per il CSM è una forzatura mai vista: nessun altro corpo costituzionale è sottoposto a simile umiliazione democratica”.

Durissimo anche Renato Nitti, procuratore di Trani: «Ogni anno in Italia si eseguono tra 80 e 90 mila misure cautelari. Le richieste di risarcimento per ingiusta detenzione sono circa mille, ma meno della metà viene accolta, e solo in una manciata di casi – meno di dieci – si riscontra una responsabilità disciplinare del magistrato. I dati ufficiali del ministero smentiscono clamorosamente questa narrazione».

Il commento critico dell’Unione Camere Penali
In contemporanea, l’Unione delle Camere Penali ha diffuso una nota critica verso la mobilitazione: «L’Anm dimentica che i padri costituenti hanno affidato al Parlamento la funzione di adeguare l’ordinamento alla vita sociale. Quello che i magistrati vogliono difendere non è la Costituzione, ma un sistema spartitorio cresciuto dagli anni ’60, che ha trasformato il Csm in un organo politico. Parlano di Costituzione, ma basterebbe leggerla per capire quanto siano lontani dallo spirito originario».

mercoledì, 11 Giugno 2025 - 16:57
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