«Siamo partiti senza avere alcun elemento in mano», ma con tenacia e pazienza si è «messo insieme tutti gli indizi possibili, come l’ascolto dei testimoni, gli accertamenti scientifici, il controllo delle telecamere e di tutta la documentazione raccolta nei giorni precedenti, che potesse portare al riconoscimento di uno dei soggetti coinvolti nella vicenda». E alla fine si è riusciti a portare a casa un risultato insperato: nel giallo di Villa Pamphili a Roma c’è un sospettato. Un sospettato che ha nome e cognome, a differenza delle due vittime la cui identità resta ancora sconosciuta. Rexal Ford, cittadino statunitense di 46 anni, è accusato dell’omicidio della bambina di otto mesi trovata morta sabato scorso a Villa Pamphili, a Roma, non lontano dal cadavere della madre. L’hanno arrestato sull’isola greca di Skiathos. L’uomo si era rifugiato tra i turisti, cercando di mimetizzarsi, ma è stato tradito dal suo telefono cellulare. Grazie all’analisi delle celle, le autorità italiane e greche sono riuscite a individuarlo e bloccarlo: la polizia dell’isola lo ha fermato stamattina. La procura ha chiesto ed ottenuto dal gip un mandato d’arresto europeo, eseguito dalle autorità greche.
Il punto di svolta nelle indagini è arrivato dopo la scelta di diffondere le immagini dei quattro tatuaggi impressi sulla pelle della donna trovata morte. Un cittadino ha riconosciuto quei tatoo, ha contattato il programma televisivo ‘Chi l’ha Visto?’ e ha raccontato di aver visto una coppia litigare pochi giorni prima del ritrovamento in una piazza del centro storico e per questo di aver allertato la polizia in quegli stessi momenti. «È stato uno spunto particolarmente utile per indirizzare le indagini», ha spiegato il procuratore Francesco Lo Voi in conferenza stampa. Lì si è incrociato un dato che era proprio nelle mani degli agenti e la prima tessera ha cominciato a combaciare: in quell’occasione l’uomo era stato identificato dalle forze dell’ordine fornendo le sue generalità e dicendo di essere il padre della bambina. Sempre secondo le testimonianze e attraverso le immagini acquisite da centinaia di telecamere passate al setaccio, la coppia assieme alla bimba era stata avvistata spesso nella zona di Villa Pamphili e anche in altre zone, utilizzando spesso i tavoli del mercato San Silverio, a San Pietro, per mangiare e i bagni per lavarsi. Quello stesso nominativo inoltre coincideva con i dati forniti da Rexal Ford, un cittadino californiano di 45 anni, alla mensa della Caritas. Una volta consolidate quelle informazioni, l’indagine si è allargata agli Usa, che – spiega ancora Lo Voi – «hanno fornito elementi utilissimi per l’identificazione del soggetto».
Altri significativi elementi li hanno restituiti le indagini, anche se i vuoti da colmare sono ancora tanti: il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini ha confermato che i primi indizi della presenza della famiglia in Italia risalgono ad aprile ma, ha aggiunto, «non abbiamo ancora elementi certi su quando e come siano entrati nel Paese». Nel frattempo, solo mercoledì scorso, Ford era partito dallo scalo di Fiumicino con un volo diretto Ryanair verso la Grecia. Qui è stata attivata la polizia ellenica. Le celle del cellulare del 45enne hanno agganciato il segnale nell’isola di Skiathos: «Le autorità greche ci hanno aiutati ad arrivare in tempo per evitare una possibile fuga verso altre isole», aggiunge Lo Voi, consapevole che «è solo l’inizio e l’indagine è ancora in corso e dovrà durare ancora per un bel po’».
Sui corpi, intanto, proseguono gli accertamenti medico-legali: la bambina sarebbe morta per strangolamento, mentre sulla madre non sono emerse tracce evidenti di violenza, lasciando aperta la possibilità di morte in conseguenza di altro reato. Il corpo della donna è stato ritrovato nascosto sotto un cespuglio di oleandri, mentre la bambina era stata lasciata a circa 200 metri di distanza. L’ipotesi più accreditata degli inquirenti è che Ford abbia ucciso la figlia e tentato di occultare entrambi i corpi prima di fuggire.
venerdì, 13 Giugno 2025 - 22:13
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