Il pm e quella critica in sede di requisitoria sulla riforma della separazione delle carriere: “denuncia” al Csm, l’Anm insorge

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di Laura Nazzari

«Se confermate nei termini indicati, le affermazioni attribuite al collega Paolo Toso, riportate da organi di stampa e pronunciate, secondo quanto riferito, nel corso di una requisitoria in aula, sollevano forti perplessità e preoccupazioni sul piano istituzionale». Bernadette Nicotra, consigliera togata del Csm, del gruppo di Magistratura Indipendente, non ha dubbi sulla lettura da dare all’ultimo caso scoppiato in seno al mondo delle toghe e che alimenta l’incendio dello scontro, ormai dovuto costante, tra magistrati e Governo.
Paolo Toso, pubblico ministero di Torino, è finito nel mirino dei laici di centrodestra del Csm dopo la pubblicazione di un articolo de “Il Foglio”, dal titolo “Le toghe ora attaccano la riforma costituzionale nelle requisitorie”, che ha documentato il passaggio spinoso di una requisitoria tenuta dal pm nel corso di un processo a carico di due agenti di polizia imputati per i reati – contestati a vario titolo – di arresto illegale, falso e calunnia in relazione a fatti del febbraio 2023.

Nell’articolo si è affermato che il pm Toso avrebbe detto: ««Questo è un caso che rende preoccupante il progetto di separazione delle carriere dei magistrati. È stata l’autonomia del giudice a permetterci di operare un vaglio critico degli elementi che ci sono stati forniti». Questo passaggio, nella giornata di ieri, venerdì 13 giugno, ha spinto i laici di centrodestra Enrico Aimi, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher e Felice Giuffré, a depositare a Palazzo Bachelet una formale richiesta di apertura di una pratica nei confronti del pm di Torino Paolo Toso. Secondo i consiglieri laici del centrodestra, «tali affermazioni, totalmente scollegate dai fatti oggetto del processo», rappresentano «una presa di posizione politica impropria, espressa in un contesto, l’aula di giustizia, che richiede il massimo equilibrio e imparzialità». «La libertà di espressione è un diritto sacrosanto – hanno dichiarato i firmatari della richiesta – ma non può travalicare il principio costituzionale della separazione dei poteri. Un magistrato non può utilizzare l’aula di tribunale per esprimere giudizi su un progetto di riforma costituzionale in discussione, pena la compromissione della credibilità e dell’indipendenza della funzione giudiziaria».

Di qui la decisione di investire il Csm, quale «garante dell’autonomia e dell’imparzialità della magistratura», affinché venga verificata «la veridicità dei fatti riportati e, se confermati, a valutare eventuali profili di incompatibilità funzionale o responsabilità disciplinare a carico del magistrato». L’iniziativa è stata commentata favorevolmente da Nicotra, unica a prendere posizione. Per la consigliera togata la questione è semplice: «Dichiarazioni di tal tenore, peraltro rese nel contesto di un procedimento penale, finiscono per alimentare, anche al di là delle intenzioni personali, la percezione di una magistratura orientata ideologicamente e non sufficientemente ancorata ai principi di imparzialità e terzietà che ne devono contraddistinguere l’azione. Si tratta di un rischio reale, soprattutto in una fase in cui il rapporto tra poteri dello Stato richiede massima attenzione, misura e responsabilità da parte di tutti gli attori istituzionali».

«Pur nel pieno rispetto del diritto costituzionalmente garantito alla libertà di espressione – aggiunge Nicotra – è essenziale che i magistrati, nell’esercizio delle loro funzioni, preservino un rigoroso equilibrio istituzionale. L’aula di giustizia non può né deve diventare un’arena per valutazioni o giudizi su progetti di riforma costituzionale ancora in discussione, pena il rischio di trasformare un luogo di giurisdizione in spazio di confronto politico, con tutte le implicazioni che ciò comporta in termini di credibilità e fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario. In ogni caso sarà il Ministro della Giustizia, cui compete per legge l’eventuale esercizio dell’azione disciplinare, a valutare se le circostanze riportate possano integrare profili di rilevanza disciplinare, nel rispetto pieno delle garanzie di autonomia e difesa previste dal nostro ordinamento».

Non la pensa così l’Associazione nazionale magistrati, guidata da Cesare Parodi (Mi), che in un comunicato diramato oggi definisce l’iniziativa «un segnale profondamente preoccupante», che «ha il chiaro e unico intento di intimidire l’intera categoria». «È un atteggiamento inaccettabile, perché tiene in sé il tentativo costante di danneggiare l’immagine della magistratura agli occhi dell’opinione pubblica e di limitare la libertà di pensiero e di parola dei singoli magistrati – ha incalzato la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati in una nota -. Ed è ancor più preoccupante che questi atteggiamenti vengano posti in essere proprio alla vigilia della discussione parlamentare della riforma costituzionale».

sabato, 14 Giugno 2025 - 11:04
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