«In questo processo emerge una concezione della donna il cui consenso vale zero», tuona l’avvocato Giulia Bongiorno. Poche parole che segnano il punto più forte di un’arringa durissima che diventa manifesto contro la cultura del possesso e della svalutazione del consenso femminile. Un’arringa che “divora” le parole pronunciate invece dal procuratore Gregorio Capasso di Tempio Pausania che arriva a chiedere per i quattro imputati le attenuanti generiche perché anche loro «vivono comunque una situazione drammatica» e scegliere un registro oratorio più piatto perché, ha spiegato, «non è stato molto facile, questo processo. Di solito nelle requisitorie dei grandi processi si alza la voce, si mette enfasi. Qui non è il caso di farsi travolgere dalle emozioni. Siamo davanti a ragazzi».
Eccola, la giornata tanto attesa del processo di primo grado a Ciro Grillo, il figlio di Beppe Grillo, e ai suoi tre amici genovesi Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, tutti accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una studentessa italo-norvegese, oggi 23enne, e di un’altra ragazza, amica della prima, immortalata in foto a sfondo sessuale mentre dormiva nella villa dei Grillo a Porto Cervo nell’estate del 2019.
Dopo otto ore di requisitoria, tra lunedì 30 giugno e ieri 1 luglio, il procuratore capo Gregorio Capasso è arrivato a chiedere 9 anni di carcere per ciascun imputato, più l’interdizione dai pubblici uffici e dalla pubblica professione per la durata della pena. Ha chiesto anche le attenuanti generiche: «Parliamo di sei ragazzi che all’epoca avevano 19 anni. Due ragazze che hanno subito quel che hanno subito, quattro ragazzi che vivono comunque una situazione drammatica». E ha ricordato che «abbiamo visto» uno degli imputati «piangere in aula» e «prima di lui, in quest’aula la ragazza. Tutti quanti sono stati coinvolti in una vicenda più grande di loro. È chiaro che questa cosa ci dispiace». Il riferimento all’imputato in lacrime è a Ciro Grillo, che lunedì ha reso dichiarazioni spontanee per professarsi innocente, per ribadire che in quella villa tutti fossero stati consenzienti. La ricostruzione del pm su quanto accaduto il 17 luglio, in base alla denuncia della vittima dello stupro, racconta però ben altro: due capi d’imputazione, uno per i presunti episodi di stupro di gruppo, l’altro per le fotografie scattate all’amica della vittima mentre dormiva. Secondo l’accusa, la studentessa viene prima respinta da Corsiglia, poi lui consuma un rapporto sotto gli occhi degli altri, che intervengono, fino all’episodio finale: il presunto stupro di gruppo, ripreso in diversi video. Poi ci sono le immagini scattate alla seconda ragazza: lei dorme, i tre ragazzi nudi posano accanto a lei.
Una sequenza di eventi che l’avvocato Giulia Bongiorno ha attaccato a testa bassa. La legale della studentessa non ha risparmiato nessuno: mostra le foto, cita le chat, ricorda le frasi lette negli atti. E quelle parole diventano il manifesto del processo: «Quel tro… della mia assistita non lo era a inizio serata, lo diventa dopo la vodka», dice, riprendendo testualmente quanto emerge dagli atti. «Secondo me, giuridicamente basterebbero queste parole per definire tutto. Viene ripetutamente definita tro… non perché lo era, ma perché lo diventa dopo tanto così di vodka», incalza Bongiorno, mostrando alla corte la famosa foto accanto al volto dell’altra ragazza, che dormiva inconsapevole sul divano della villa.
Non basta. L’avvocato ha attaccato il clima emerso dalle chat: «Tutte le ragazze vengono chiamate tr… sistematicamente, quella di turno è un oggetto. È lì che si vede il valore attribuito al consenso, alla libertà delle donne: zero». E ancora, un “rimprovero” per come è stata “trattata” la sua assistita: «Questo resterà nella storia giudiziaria per le 1.675 domande rivolte alla mia assistita durante il suo esame, durato 35 ore. Una pressione enorme, interrotta più volte per il crollo emotivo della ragazza. Eppure, lei ha sempre risposto in modo coerente. Quando non ricordava, non ha mai inventato nulla». Bongiorno ha sottolineato un dettaglio non irrilevante: «Nessuno, in tutti questi anni, ha mai sporto denuncia per calunnia contro la ragazza, nonostante la lunga istruttoria e le dichiarazioni rese».
Poi, il contraltare mediatico: «Ieri tutti hanno parlato delle lacrime di Ciro Grillo. Ma anche la mia assistita ha pianto, in quest’aula e fuori. Siamo nel 2025 e ancora c’è chi pensa che la volontà di una donna non conti nulla». Quindi la conclusione sul fronte dei risarcimenti: i legali di parte civile, Giulia Bongiorno e Dario Romano, hanno chiesto una provvisionale da almeno 100mila euro per la studentessa, oltre al ristoro di tutti i danni patrimoniali, morali, ideologici, esistenziali, «da quantificare secondo giustizia». Per l’amica, invece, l’avvocato Vinicio Nardo e Fiammetta Di Stefano chiedono 50mila euro di risarcimento, 20mila di provvisionale e il pagamento delle spese legali. Nardo è stato netto: «Non possiamo parlare di semplice violenza privata solo perché non c’è stato un contatto fisico tra i genitali e il viso della persona che dormiva. Abbiamo foto, video, una persistenza del danno apportato alla ragazza. La mia assistita si è sentita usata, ridotta a un oggetto. Manca solo la piaga sulla pelle, ma quella sull’anima c’è tutta». E Di Stefano ha completato il quadro: «Per lungo tempo ha preferito dimenticare, come per cancellare quello che aveva vissuto».
Nei prossimi giorni, la consegna delle memorie e l’ultima parola ai giudici.
mercoledì, 2 Luglio 2025 - 10:10
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