Camorra, blitz a San Giorgio: 37 arresti Sgominati i Troia: è il clan della faida con bombe e teste di maiale mozzate

Carabinieri
di Dario Striano

Suona presto la sveglia a San Giorgio a Cremano.  Alle cinque del mattino. E suona al rumore assordante delle pale dell’elicottero, delle sirene stridenti delle auto dei carabinieri e delle urla isteriche di una crocchia di residenti. E’ ora di blitz nella cittadina vesuviana che ha i dato i natali a Massimo Troisi. E’ l’ora delle manette.
Con un’operazione chirurgica firmata dai carabinieri del comando provinciale di Napoli, 37 persone considerate – a seconda delle posizioni – al soldo del clan Troia o vicine alla cosca vengono travolte dalla maxi-inchiesta che ha fotografato anni di malaffare nel comune cuscinetto tra il Vesuviano e la periferia est di Napoli. Agli atti della corposa ordinanza di custodia cautelare – poco più di mille pagine che racchiudono l’atto d’accusa mosso agli indagati – c’è di tutto: dall’associazione di stampo mafioso, allo spaccio di droga aggravato dalla matrice camorristica, sino ad arrivare allo smercio di banconote false. Reati contestati a vario titolo dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli sulla scorta di un fitto brogliaccio di intercettazioni e sulla scia delle dichiarazioni di tre (noti) collaboratori di giustizia, Giovanni Gallo, Alfredo Troia e la moglie Maria Grandulli.

La droga, la faida con le bombe carta e le teste di maiale mozzate
Il business della droga è il capitolo più corposo. E a non a caso. Il controllo delle piazze di spaccio sul territorio di San Giorgio a Cremano ha innescato, negli ultimi due anni, la miccia dello scontro tra i D’Amico di San Giovanni a Teduccio (ai quali i Mazzarella hanno lasciato il comando della ‘famiglia’ nel quartiere a est di Napoli), animati da mire espansionistiche, e i Troia – nati dalla scissione dagli storici Abate detti i ‘cavallari’ – pronti invece alla ‘resistenza’. Mesi ad alta tensione, che hanno fatto registrare l’esplosione di una bomba carta e di raffiche di proiettili – tutto nel giro di 48 ore – nei pressi del parco Astino. Mesi in cui non sono mancate le ‘stese’ e finanche gli avvertimenti simbolici: in un’auto rubata a Pollena Trocchia, ma ritrovata bruciata a San Giorgio, c’era una testa di maiale mozzata adagiata sul tettuccio. Mesi che abbracciano non solo una guerra di ‘potere’ ma anche un odio antico che risale all’omicidio di Vincenzo Cotugno, il 48enne ucciso con cinque colpi di pistola in via Cavalli di Bronzo a poche centinaia di metri da una scuola, nido ed elementare.

Lo spaccio a pochi passi dal palazzo comunale, svelato dalle telecamere
La droga, dunque. Quella venduta in pieno centro. Sotto il naso dei politici locali. I carabinieri hanno documentato, grazie ad una telecamera, diverse cessioni di stupefacenti a due passi dal Municipio. A gestire il business la famiglia Troia, che ha saputo fronteggiare la detenzione del suo ‘capo’, Vincenzo Troia, grazie alla presenza sul territorio di Ciro Troia detto ‘Gelsomina’, padre di Vincenzo e a suo tempo fedelissimo degli Abate, della moglie Immacolata Iattarelli, e di Concetta Aprea, moglie di Vincenzo Troia. I tre sono accusati anche di associazione di stampo mafioso. Reato contestato pure a Vincenzo Troia per il periodo antecedente il suo ritorno in prigione. Ritorno segnato da un’accusa di estorsione – per la quale il ras è stato condannato in via definitiva ed è in espiazione pena – e dall’accusa di aver ordinato l’agguato di camorra ai danni di Luigi Formicola, nel quale morì anche l’innocente Luigi Liguori, il meccanico colpito da un proiettile vagante mentre stava riparando un motorino all’interno della sua officina. Dopo la condanna in primo grado alla pena dell’ergastolo, Troia è stato assolto in Appello e in Cassazione.

 

 

martedì, 12 Dicembre 2017 - 18:00
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