Delitto Materazzo, l’imputato Luca
ci prova: «So cose che i pm non sanno» Primo tentativo di difesa a processo

di Dario Striano

Ha detto di «voler contribuire alla ricostruzione dei fatti», ché la storia così come è stata raccontata non è precisa. Ci sono «cose ignorate dai pubblici ministeri». Cose che lui vorrebbe invece riferire «in separata sede», intendendo probabilmente non in un dibattimento ma nel chiuso di un ufficio della procura. Davanti alla Corte di Assise di Napoli (presidente Giuseppe Provitera) è iniziato ieri mattina il processo che vede Luca Materazzo con l’accusa di aver ucciso il fratello Vittorio, l’ingegnere  assassinato a coltellate il 28 novembre 2016 sotto casa in viale Maria Cristina di Savoia. Giacca grigia – simile a quella indossata in udienza preliminare – e occhiali da vista sul volto, Luca Materazzo non ha dato il consenso ad essere ripreso da fotografi e telecamere ma ha scelto di rilasciare spontanee dichiarazioni, e così a voce bassa ha esordito rammaricandosi del coinvolgimento nella vicenda di un imprenditore, «un padre di famiglia» indagato per favoreggiamento per «avergli dato ospitalità poco dopo il delitto», quando Luca non era ancora formalmente ricercato, per quanto tutti i sospetti fossero già indirizzati su di lui.
Il dibattimento si è aperto dunque con la lettura del capo di imputazione da parte del presidente della Corte d’Assise di Napoli, Giuseppe Provitera: omicidio aggravato dell’aver compiuto il delitto ai danni di un familiare, e dalla premeditazione. Due circostanze che, in un eventuale verdetto di condanna, potrebbero anche determinare il massimo della pena. Nel capo di accusa è stato anche sottolineato che l’ingegnere – con il quale l’imputato sarebbe stato in conflitto per motivi economici – fu ammazzato «con 41 coltellate inferte al torace, alle spalle, al volto e alla gola». Poi la Corte ha dato la parola ai pubblici ministeri Luisanna Figliolia e Francesca De Renzis, ai legali dell’imputato, gli avvocati Gaetano e Maria Luigia Inserra, e ai difensori della moglie della vittima e di tre sorelle che si sono costituite parte civile, gli avvocati Arturo e Errico Frojo e gli avvocati Gennaro Pecoraro e Simona Lai.
La Corte ha così accolto tutte le liste dei testimoni indicate dalle parti e una serie di fonti di prova. Il confronto tra accusa e difesa sarà incentrato, sulla base delle richieste formulate dalle parti, anche sull’esito degli esami biologici e sui reperti sequestrati. Se ne riparlerà in aula a inizi maggio, data della prossima udienza. Data in cui è prevista battaglia. Già, perché quello dell’omicidio di Vittorio Materazzo è un processo complesso, dato che è altamente indiziario. Ruoterà tutto, o quasi, attorno al movente. Un movente sul quale anche le quattro sorelle dei Materazzo, seppur costituitesi in giudizio parte civile, nutrono forti dubbi. La procura ritene che Luca abbia ucciso il fratello Vittorio per soldi, per un’accesa contesa sull’eredità. E che per soldi quel 28 novembre del 2016 abbia scaricato sul fratello tutta la sua rabbia colpendolo con 41 coltellate. Accuse che l’imputato ha sempre rigettato, come d’altronde ieri nel palazzo di giustizia partenopeo quando ha scelto di prendere parola e di rilasciare spontanee dichiarazioni. Quando ha svelato di conoscere cose di cui la procura partenopea non è ancora a conoscenza.

mercoledì, 11 Aprile 2018 - 11:00
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