Napoli, omicidio dell’innocente Colonna e del boss Cepparulo: il pg chiede l’ergastolo per gli imputati e ‘brucia’ le confessioni

Ciro Colonna, il 19enne vittima innocente della camorra: fu ucciso a Ponticelli il 7 giugno 2016

Non concedere sconti di pena agli imputati, benché abbiano ammesso le proprie responsabilità. Questa mattina il sostituto procuratore generale Cilento ha difeso le condanne all’ergastolo stabilite nel settembre dello scorso anno per l’agguato che costò la vita al boss della Sanità Raffaele Cepparulo e all’innocente Ciro Colonna.

Il magistrato inquirente ha tirato le somme del processo di secondo grado dinanzi ai giudici della quinta sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli dopo che alcuni imputati hanno chiesto e ottenuto la parola per confermare la confessione già resa dinanzi giudice per le indagini preliminari Luana Romano del Tribunale di Napoli in sede di abbreviato.

Tradotto in numeri, il pg ha chiesto la conferma dell’ergastolo per il boss di San Giovanni a Teduccio Ciro Rinaldi (accusato di essere il mandante), Michele Minichini (figlio del ras detenuto Ciro e figliastro di Anna De Luca Bossa; esecutore materiale), Anna De Luca Bossa (figlia della lady camorra Teresa; ha fatto la soffiata sulla presenza di Cepparulo nel luogo dove si consumò l’agguato), le ‘pazzignane’ Vincenza Maione e Luisa De Stefano, Cira Cipollaro e Giulio Ceglie. Stralciata, invece, la posizione di Antonio Rivieccio (esecutore materiale), perché risulta in quarantena.

Il boss Ciro Rinaldi
Michele Minichini, figlio del ras detenuto Ciro
Anna De Luca Bossa (foto Kontrolab)
L’arresto di Anna De Luca Bossa (foto Kontrolab)

Alle conclusioni del pg si sono associati gli avvocati di parte civile, mentre i legali del collegio difensivo inizieranno le discussioni il 7 dicembre. In particolare la confessione è stata ribadita da Michele Minichini (che a suo tempo inviò una lettera ai familiari di Ciro Colonna), Anna De Luca Bossa, Vincenza Maione e Luisa Di Stefano. Non ha, invece, confessato il boss Ciro Rinaldi (difeso dagli avvocati Raffaele Chiummariello e Salvatore Impradice). 

L’agguato si consumò nel pomeriggio del 7 giugno del 2016 a Ponticelli, all’interno di un circoletto ricreativo, gestito da Umberto De Luca Bossa, sito al piano dello stabile nel Lotto O dove abitava Anna De Luca Bossa. Cepparulo, che si era rifugiato a Ponticelli per scappare dalla Sanità dove era in corso la guerra tra il suo clan (quello dei ‘barbudos’, ossia degli Esposito-Genidoni) e i Vastarella, finì nel mirino dei Rinaldi-Minichini perché s’era responsabile di alcuni raid intimidatori ai loro danni, raid commissionati dai Mazzarella ai quali Cepparulo si era avvicinato al momento del trasferimento nell’area a est di Napoli. I killer, Minichini e Rivieccio, fecero irruzione nel circolo entrando l’uno dal retro e l’altro dall’ingresso principale. Minichini, che entrò da dietro, freddò Raffaele Cepparulo. Rivieccio, invece, sparò a Ciro Colonna: il 19enne si chinò per raccogliere gli occhiali ricevuti in regalo dalla sorella e, forse, Rivieccio si impressionò sparandogli a bruciapelo.

La ricostruzione dell’agguato è stata possibile grazie a numerose intercettazioni ambientali e telefoniche che erano già attive, al momento del duplice omicidio, nell’ambito di un altro procedimento che mirava a fare luce sugli equilibri criminali di Ponticelli. E’ così che gli inquirenti hanno potuto stabilire il momento esatto nel quale si decise di uccidere ‘Ultimo’, ed hanno potuto catturare le reazioni al delitto. Minichini, ad esempio, fu uno di quelli che più di tutti si batté per uccidere Cepparulo: «Dobbiamo buttare a terra il capo di ‘Ultimo’», disse in una delle intercettazioni. E, alla fine, fu proprio lui a sparare al boss.

lunedì, 30 Novembre 2020 - 13:13
© RIPRODUZIONE RISERVATA