«Abusi sessuali su un ragazzino»: tutte le accuse nel processo a don Livio Graziano

Prete generica
di Gianmaria Roberti

Il suo legale lo descrive come «lucido, preciso», nel racconto dei presunti abusi del prete. Ieri non è stato un giorno qualunque, per un 13enne della provincia di Salerno. Al Tribunale di Avellino, ha deposto su quanto sarebbe avvenuto l’estate scorsa, nella comunità “Effatà, Apriti” di Prata Principato Ultra, dove era ospite.

Secondo la Procura di Avellino, il direttore della struttura, don Livio Graziano, consumò rapporti sessuali col ragazzino. Oggi il sacerdote, 55 anni, è agli arresti domiciliari, accusato di atti sessuali con minorenne. «Anche al controesame il ragazzo è stato chiarissmo – afferma l’avvocato Giovanni Falci, che assiste il minore e la famiglia con Benedetta Falci-. Ha confermato quanto detto in istruttoria, e aggiunto anche qualcosa in più». Inoltre, «in udienza è stata ascoltata la psicologa Raffaella Perrella, consulente del pm – precisa il legale – la quale ha detto che il ragazzo è assolutamente normale e credibile, addirittura con un quoziente intellettivo maggiore della media».

Il collegio – presieduto da Lucio Galeota – ha disposto il processo a porte chiuse, su richiesta della parte civile. Le contestazioni, firmate dal pm Lorenza Recano, sono da brividi. Ora sono al vaglio dibattimentale. Il primo grado, iniziato il 18 marzo, potrebbe concludersi entro l’estate. E nella prossima udienza, a giugno, è previsto l’esame dell’imputato.

LE TAPPE DELLA VICENDA
La vicenda giudiziaria parte dalla querela sporta dal padre del ragazzino. Nell’ottobre scorso, l’uomo si reca dai Carabinieri di Avellino. Settimane prima, il figlio era ospite della comunità di don Graziano. Un centro per giovani con disturbi del comportamento, fondato dallo stesso sacerdote, casertano di Lusciano e incardinato nella diocesi di Aversa.

«Il querelante dichiarava – si legge nelle carte dell’inchiesta – di essersi insospettito allorquando si era avveduto che il sacerdote aveva regalato al figlio un cellulare nuovo di ultima generazione, del costo di circa 1.200,00 €, tuttavia il Graziano aveva giustificato il regalo quale ricompensa dallo stesso elargita (…) per alcuni servizi resi dal bambino all’interno della comunità e tale spiegazione era stata ritenuta, sulle prime, ragionevole dal genitore. Rientrato dalla struttura il 12 settembre u.s., il querelante aveva osservato che il figlio appariva spesso nervoso».

Una sera, «in particolare, notando che il figlio chattava con il cellulare e si mostrava visibilmente infastidito – rilevano gli atti -, (…) gli chiedeva spiegazioni e, a quel punto, il ragazzino confessava che stava chattando con Padre Livio e che se non rispondeva prontamente questi “lo stressava”». Il genitore «chiedeva, quindi, al figlio di mostrargli la chat e, avvedutosi che i toni della conversazione erano quelli tipici che si utilizzano nell’ambito di un rapporto sentimentale, chiedeva spiegazioni» al minore. «Il ragazzino raccontava che – riportano gli inquirenti – circa cinque giorni dopo il suo ingresso nella struttura gestita da Padre Livio, verso le 4:30 del mattino si era ritrovato il sacerdote, che dormiva accanto a lui, addosso, con la scusa che doveva visitarlo».

Acquisito il cellulare del minore, in una chat WhatsApp «i messaggi scambiati fra la p.o. (parte offesa, ndr) e l’indagato presentavano un tono confidenziale, caratterizzato dalle costanti esternazioni del sacerdote di soffrire la mancanza del ragazzo e di non riuscite a fare “nulla” senza di lui». Ulteriori dettagli emergono dall’escussione, in modalità protetta, del 13enne. «La persona offesa – annotano gli investigatori – confermava di aver avuto rapporti sessuali con l’indagato che si erano consumati all’interno della camera da letto del sacerdote, di notte o alle primissime luci dell’alba, in qualche modo agevolati anche dalla circostanza che il bambino aveva dormito, per tutto il periodo trascorso all’interno della struttura, un materassino posto nella camera da letto dell’indagato e appoggiato di fianco al letto di quest’ultimo».

Al maresciallo Francesca Bocchino, ed alla psicologa Perrella, il ragazzino spiega: «Lui (don Livio, ndr) aveva il gel lubrificante. C’aveva l’olio.. c’aveva già i preservativi.. e non li aveva potuti aver presi quando io stavo là perché io sono stato tutto il tempo con lui.. quindi li poteva avere già da prima.. c’aveva pure la vaselina. Ste cose qua..». Sulla testimonianza del ragazzo, e su alcuni riscontri indiziari, si fonda l’ordinanza di custodia cautelare. Il 26 ottobre scorso il prete finisce in cella. Dopo un periodo in carcere, è condotto ai domiciliari, per motivi di salute.

Nel provvedimento, il gip Francesca Spella parla di «brutale istinto sessuale» dell’imputato. Il pm, nella richiesta di misura cautelare, indica le «regalie corrisposte dall’indagato a titolo di corrispettivo per le prestazioni sessuali ricevute dal ragazzino». L’Iphone, citato nella querela. Ma anche un orologio smartwatch, vestiti e soldi. Il pubblico ministero sottolinea: il reato contestato «tutela il corretto sviluppo della personalità sessuale del minore stabilendo la sua assoluta intangibilità sessuale (per il minore di quattordici anni) (…) ed è configurabile in assenza di ogni pressione coercitiva». La versione del ragazzino è ritenuta credibile, sia dalla Procura sia dal gip.

«Dalla relazione tecnica depositata all’indomani dell’escussione (…) – scrive il pm – il minore è risultato attendibile. In sintesi, non è emerso alcun elemento da cui poter inferire la sussistenza di un intento calunniatorio della persona offesa nei confronti dell’indagato e comunque il racconto reso dal bambino è apparso privo di elementi di fantasia».

L’informativa dei Carabinieri allega alcune foto, recuperate dal cellulare del sacerdote. Sono agli atti del processo, insieme alle chat. Gli scatti ritrarrebbero il ragazzo nudo, «all’interno della stanza del Graziano, in un’occasione addirittura – specifica il maggiore Pietro Francesco Laghezza, Comandante del Nucleo Investigativo di Avellino – accanto al corpo di un altro uomo che appare verosimile sia proprio l’indagato». Il minore sarebbe stato fotografato «a sua insaputa, mentre dormiva».

Peraltro, secondo gli investigatori, il prete avrebbe «tentato di eliminare i file che riguardavano il ragazzo dai suoi dispositivi». Una manovra attuata «non appena ha avuto il sentore che» il minore «avesse raccontato a qualcuno della loro relazione». Solo «l’analisi dei file system dei dispositivi in argomento – aggiunge l’informativa – ha permesso, infatti, di rinvenire il materiale sopra indicato, che altrimenti non sarebbe mai stato trovato». E adesso, don Livio Graziano è chiamato a difendersi dalle pesanti accuse.

venerdì, 6 Maggio 2022 - 19:58
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