Il prete pedofilo insegna sotto falso nome Così le mamme hanno scoperto la verità Ponticelli, l’imbarazzo della Chiesa

La manifestazione di protesta di sabato 7 aprile al Duomo a Napoli
di Dario Striano

La Curia napoletana avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel «coprire la nuova identità di don Silverio Mura», il prete presunto pedofilo accusato di aver abusato, negli anni dell’adolescenza, di Diego Esposito, 40enne di Ponticelli. Già don Silverio Mura, scoperto soltanto il mese scorso dopo un anno di ricerche sotto falsa identità dalle mamme di Montù Beccaria, un piccolo paesino del pavese, dove da circa un anno il prete si nascondeva. Dove per tutti era don Saverio. La circostanza è emersa nella denuncia presentata al tribunale di Pavia da “Rete L’Abuso”, associazione nata nel 2010 dall’idea di un gruppo di vittime di preti pedofili. Ma soprattutto associazione che da sempre si è dimostrata sensibile alle denunce di Diego Esposito, il cui caso, chiuso forse con troppa superficialità dalla Curia di Napoli, è stato da poco riaperto su richiesta di Papa Francesco. «Una storia che ha visto diversi protagonisti», spiegano gli attivisti di Rete L’Abuso e che avrebbe «disatteso almeno due convenzioni internazionali», quella di Lanzarote e quella ONU per la Tutela del Fanciullo, visto che sarebbero «venute a mancare anche le più basilari garanzie costituzionali dei minori».  Stando a quanto descritto nel corposo fascicolo, nonostante «i presunti abusi sessuali nel napoletano di don Mura» – nel caso in cui fosse intervenuta la giustizia penale – «sarebbero già stati prescritti», il parroco sarebbe comunque ora «perseguibile dalla Giustizia italiana» già solo «per aver utilizzato un nome falso». Una circostanza che sottolineerebbe «la malafede» di chi avrebbe «coperto la falsa identità» del prete. Don Mura infatti «non poteva stare a contatto con minori» perché vi era il più che ragionevole fondamento che «fosse pedofilo» – si legge nella denuncia – e «date le caratteristiche della patologia stessa, che paragona il profilo questi soggetti a quello dei serial killer», la possibilità che avesse potuto e possa «nuovamente abusare» sarebbe «molto elevata». Ma come è possibile che un prete accusato di pedofilia abbia fatto perdere improvvisamente le sue tracce e si sia inventato una nuova identità a 800 chilometri di distanza da Napoli? La denuncia presentata al tribunale di Pavia ripercorre tutte le presunte tappe di don Mura e tutti i presunti complici dell’ex parroco della periferia est di Napoli. Secondo “Rete L’Abuso” don Silverio sarebbe stato mandato in Lombardia circa un anno fa, «a seguito di una comunicazione diretta avvenuta tra la parrocchia e la Curia Napoletana». Interlocutore del trasferimento sarebbe stato «padre Egidio Pittiglio, originario del pavese e oggi Superiore generale della congregazione dei Missionari della Divina Redenzione di Visciano». Secondo quanto emerso, sarebbe stato proprio padre Pittiglio ad «aver presentato don Silverio Mura sin da subito come Saverio Aversano». Un piano studiato alla perfezione anche perché «la posta recapitata alla parrocchia e destinata a don Mura, era indirizzata in epigrafe a Saverio Aversano». E non solo, Padre Egidio Pittiglio sembrerebbe aver avuto un ruolo chiave panche nel fornire «istruzioni su come muoversi» a don Silverio dopo essere stato scoperto dalle mamme del piccolo paesino in provincia di Pavia lo scorso 15 marzo. Proprio dalle mamme sarebbe infatti partita la rivolta, dopo aver visto il volto di Don Mura nei servizi trasmessi dalla tv nazionale. «Il pomeriggio di quello stesso giorno – scrivono gli attivisti di Rete l’Abuso – i bambini avevano il catechismo con don Mura ma, anziché i bambini, si sono presentate le mamme». Un blitz fallito perchè «don Silverio era partito poche ore prima», probabilmente «avvisato da qualche conoscente destinatario del messaggio che annunciava l’irruzione».  Ed è così che si sarebbero perse nuovamente le tracce del parroco napoletano. Circostanza che ha mandato su tutte le furie la vittima Diego Esposito che sabato scorso ha manifestato all’esterno del Duomo di Napoli per chiedere «l’allontanamento del cardinale Crescenzio Sepe», accusato di «aver archiviato il caso troppo velocemente e di aver coperto gli spostamenti di don Mura». Presente al sit-in anche il presidente di Rete L’Abuso Francesco Zanardi, un’altra presunta vittima Giuseppe Scognamiglio, e soprattutto la criminologa Luisa D’Aniello.  La professionista che, insieme all’avvocato Carlo Grezio, come consulente di parte si occupa proprio del processo civile di Diego Esposito – per cui si sarebbero aggiunte altre 11 vittime – La psicoterapeuta insomma che ha arricchito la denuncia presentata al palazzo di giustizia pavese con una relazione da cui emergerebbe «non solo la potenziale pericolosità dei tratti antisociali del Mura», ma anche «la sistematicità delle tecniche di adescamento utilizzate» che, unitamente «alla capacità di rapportarsi con gli adulti senza destare sospetto», disegnano quello che la criminologa ha definito «un profilo decisamente poco incoraggiante».

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venerdì, 13 Aprile 2018 - 11:08
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