Detenuto si sentì male a Poggioreale: venne operato d’urgenza al cervello Referto: infezione da streptococco

di Manuela Galletta

C’è una storia che abbiamo aspettato a raccontare, perché il quadro – al di là delle legittime preoccupazioni di una madre o di un familiare – non era chiaro. E, a fronte di una generale incertezza, abbiamo deciso di fare un passo indietro in attesa che lo scenario si delineasse: la nostra linea è raccontare una storia compiuta, non gettare sospetti, fomentare gli animi. Men che meno alimentare il fuoco che brucia tra i detenuti e chi opera all’interno delle prigioni. Sì, perché questa storia che abbiamo atteso a raccontarvi si è consumata proprio in carcere.
Quasi tre settimane fa un ragazzo di 20 anni è passato, nel giro di poche ore, dalla brandina della sua cella nel carcere di Poggioreale alla sala operatoria del Cto ai Colli Aminei. Operato d’urgenza alla testa. Comprensibile lo sconcerto dei parenti, che hanno immediatamente puntato l’indice contro la casa circondariale. Comprensibile il bailamme che si è creato e anche le immediate accuse a mezzo social lanciate all’indirizzo del carcere. Ma più di quello che vi abbiamo rappresentato fino a questo momento nulla si sapeva. Non si sapeva se fosse accaduta una disgrazia, non si sapeva se il 20enne avesse qualche problema che anche lui ignorava. Si sapeva solo che il ragazzo si chiama Antonio Michele Elia ed è il figlio del boss Renato del Pallonetto di Santa Lucia. Si sapeva, infine, che era detenuto a Poggioreale dal gennaio dello scorso anno per traffico di droga a seguito del maxi-blitz del gennaio 2017 che ha fermato il business dello spaccio gestito dalla cosca, fatto per il quale Elia è stato già condannato in primo grado.
Ci siamo interrogati a lungo, tre settimane fa, sull’opportunità di lanciare la notizia (benché essa fosse già in ‘circuito’) e alla fine abbiamo deciso di fermarci, perché, a fronte di una verità che non riusciva ad emergere, scriverne avrebbe solo portato ad una inutile esposizione mediatica del ragazzino e ad una inutile polemica. Tanto è vero che sino ad ora, anche i difensori di Elia – gli avvocati Raffaele Chiummariello e Marilù Mellino – hanno responsabilmente scelto di aspettare di comprendere cosa fosse accaduto prima di presentare un esposto contenente fatti concreti. Oggi la situazione è più chiara, e abbiamo la certezza che la notizia che stiamo per rappresentarvi incarni davvero la missione di denuncia propria di un giornale.
Antonio Michele Elia, dopo aver subito ben due interventi al cervello, ha lasciato il Cto ai Colli Aminei per essere trasferito al Cotugno dove adesso è ricoverato. E il Cotugno, è un dato notorio, è specializzato anche in malattie infettive. La scelta di trasferire qui il 20enne – che in questi giorni ha ottenuto i domiciliari per le condizioni di salute – non è casuale: dalle cartelle cliniche di cui gli avvocati del giovane sono riusciti ad entrare difficoltosamente in possesso, si è potuto apprendere che Antonio Michele Elia è stato colpito da un’infezione da streptococco (arginata grazie alla delicata operazione) che ha portato al suo progressivo peggioramento nelle settimane che ne hanno preceduto il ‘collasso’ in cella: Elia soffriva di continui, persistenti e forti mal di testa. Uno dei sintomi tipici di questa infezione. Un’infezione di cui gli avvocati e il gip Colucci – investita del caso – sono venuti a conoscenza in modo problematico. «Dalla casa circondariale di Poggioreale – spiega l’avvocato Raffaele Chiummariello – non erano state trasmesse le cartelle cliniche loro inviate dal Cto. Non erano state trasmesse neppure al gip che è venuta a conoscenza della gravità della situazione su nostro sollecito. E’ in questo modo che in maniera complicata abbiamo ottenuto le cartelle». Tutto questo mentre il carcere disponeva il trasferimento di Elia al Cotugno. Spetterà adesso all’autorità giudiziaria capire cosa è successo all’interno della casa circondariale di Poggioreale, se al 20enne sono state offerte tutte le cure del caso per evitare che il ragazzo si ritrovasse a lottare tra la vita e la morte in ospedale. Certo è che il quadro indiziario del ragazzo, impone dei controlli precauzionali – come sempre avviene in questi casi – con tutte le persone che sono entrati in contatto con lui. Fuori ma soprattutto dentro al carcere di Poggioreale.

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sabato, 26 Maggio 2018 - 08:00
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