Romano ammazzato dal suo stesso clan perché pericoloso: presi mandante e killer Misura cautelare per il boss Riccio

Polizia

Misura cautelare per il boss Mariano Riccio, genero del capo clan Cesare Pagano, e per un altro elemento di punta del clan Amato-Pagano per un omicidio di 7 anni fa. La Squadra Mobile di Napoli ha dato esecuzione a un’ordinanza che ha disposto il carcere per i due indagati, emessa dal gip partenopeo per l’agguato a Mirko Romano, avvenuto a Melito il 3 dicembre 2012, il cui corpo fu trovato sul ciglio di una strada.

Dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni e riscontri hanno consentito di ricostruire il mandante e l’esecutore di una morte nata come epurazione interna alla cosca di una sua figura di spicco. Romano, entrato nel clan nel pieno della seconda faida di Scampia, era divenuto il killer di fiducia dei boss, soprannominato l’Italiano perché non usava mai il dialetto per esprimersi; inoltre era calmo, composto e mai arrogante con i giovani calma glaciale, efficiente e spietato.

Nei mesi più caldi della terza faida di Scampia, (autunno 2012) il suo rapporto con i vertici del gruppo si era deteriorato dato che era insofferente alla reggenza di Riccio e agli ordini del suo fedelissimo Carmine Cerrato. La sua aperta critica alla gestione di costoro, la capacità di assumere decisioni in autonomia e soprattutto il prestigio di cui godeva tra numerosi affiliati, lo rendevano in breve pericoloso, un potenziale pentito in caso di arresto o un possibile capo di un’ulteriore frangia di scissionisti.

Riccio e Cerrato incaricarono dell’agguato Francesco Paolo Russo, killer emergente, di cui il Romano si fidava. Questi, dopo l’omicidio, divenne il sicario dei capo clan e il responsabile del settore droga, prima di diventare sospetto anche lui a Mariano Riccio, arrestato poi il 4 febbraio 2014 dopo 3 anni di latitanza.

«Mirko Romano si esprime solo in perfetto italiano perché viene da una famiglia molto per bene. Non parla mai in napoletano: ovviamente capisce il dialetto, ma non lo usa mai. Forse non lo sa nemmeno parlare bene e andava anche all’università, però è un killer fidatissimo di Cesare Pagano e per quel che lui stesso mi ha detto ha ammazzato almeno tre persone». Il 22 novembre 2012 a parlare con i pm è Carmine Annunziata, allora neo pentito del clan Abete-Abbinante-Notturno-Aprea; il collaborarore di giustizia non poteva immaginare che dodici giorni dopo Mirko Romano, ex studente universitario dell’Arenella, quartiere collinare di media e piccola borghesia di Napoli, che aveva scelto una ‘carriera’ nella camorra, sarebbe stato assassinato nell’ambito della terza faida di Secondigliano e Scampia per decisione del suo clan.

«Mirko Romano era un uomo di fiducia e killer di zio Mimì, Domenico Antonio Pagano, mentre non aveva un rapporto molto buono con Mario Riccio. Mi disse di aver ucciso due ragazzi al Rione Traiano e il boss Francesco Felci detto Tufano», continua Annunziata.

Leggi anche:
– Piazza di spaccio nell’appartamento, ragazzini e bambini utilizzati come pusher: famiglia arrestata nel Napoletano
– Jabil Marcianise, licenziamento per 350 operai: i sindacati proclamano lo sciopero Il Mise convoca i vertici dell’azienda
– Omicidio dell’innocente Colonna e del ras Cepparulo, la difesa di Rinaldi: «Nessuna certezza sul suo ruolo, va assolto»
– Droga dall’Olanda per il clan Contini: pene definitive in Cassazione per i boss, alcuni imputati tornano in Corte d’Appello
Camorra, 7 arresti per estorsione al mercato di Napoli per conto dei Ferraiuolo, il questore: «Denunciate gli estorsori»

martedì, 25 Giugno 2019 - 10:42
© RIPRODUZIONE RISERVATA