False fatture di ditte di pellami per riciclare denaro sporco sull’asse Napoli- Firenze: due arresti

carabinieri

Riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, emissione di fatture per operazioni inesistenti: queste le accuse nei confronti die due persone arrestate dai carabinieri di Firenza nell’ambito dell’operazione ‘Velo d’oro II’. I due sono destinatari dell’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Firenze Silvia Romeo su richiesta della Dda fiorentina a conclusione di un’indagine che ha svelato il ‘sistema’ usato dai due indagati.

Agli arresti sono finiti Ciro Taglialatela, figlio di Bruno, considerato esponente di spicco del clan Lo Russo a Napoli, e Vincenzo Bocchetti, che, da referenti di due ditte di pellami di Casavatore (“Brupel” e “World Pellami”) avrebbero trasferito e sostituito ingenti somme di denaro di provenienza illecita attraverso il meccanismo già scoperto con l’indagine ‘Vello d’oro’ culminata con 14 misure cautelari nel febbraio del 2018.

Le indagini, svolte con l’ausilio di attività tecniche e attraverso accertamenti di natura contabile e bancaria, hanno dimostrato che, nell’estate del 2015, i due indagati erano subentrati ai soggetti calabresi legati alle famiglie di ‘ndrangheta dei Nirta e dei Barbaro, rilevando presunti rapporti illeciti di natura economica con gli imprenditori toscani. Quale intermediario degli imprenditori rimaneva invece inalterato il ruolo di Cosma Damiano Stellitano, già arrestato nell’ambito della prima operazione.

Le attività illecite poste in essere dagli indagati napoletani consistevano, stando a quanto emerso,  nel ricevere fittizi ordinativi di merce attinente il comparto conciario (pellame, grasso animale e altro) da parte di imprese toscane, operanti nel distretto al confine tra le province di Firenze e Pisa ed in larga parte già coinvolte nella precedente indagine;
nell’emettere false fatture aventi ad oggetto le forniture relative ai fittizi ordinativi di merce, ricevendo i pagamenti tramite bonifici bancari;
nel consegnare, al posto della merce indicata nelle false fatture ed attraverso una rete di spedizionieri compiacenti, denaro contante di provenienza illecita per centinaia di migliaia di euro, per importi inferiori a quanto ricevuto a titolo di pagamento delle fatture.

Il denaro versato nelle attività economiche toscane veniva impiegato principalmente per retribuire le prestazioni fuori busta dei lavoratori dipendenti e ridurre pertanto gli esborsi di carattere previdenziale.

Le fatture per operazioni inesistenti venivano invece utilizzate dagli stessi imprenditori toscani per dichiarare elementi passivi fittizi per evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto: annotando in contabilità le  false fatture, abbattevano gli utili delle proprie aziende (quindi pagavano una minore imposta sul reddito delle persone giuridiche), registravano un credito Iva fittizio e, quindi, scaricavano sull’erario il “costo” del finanziamento illecitamente ottenuto.

Complessivamente sono 18 le persone indagate, tra collaboratori di Taglialatela e Bocchetti, titolari di imprese toscane e responsabili di ditte di spedizioni, tutti già destinatari di decreti di perquisizione e informazione di garanzia eseguiti nell’ottobre 2018.

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lunedì, 11 Maggio 2020 - 11:25
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