Napoli, omicidio dell’innocente Colonna e del boss Cepparulo: ergastolo confermato a boss e killer, un imputato assolto

Ciro Colonna, il 19enne vittima innocente della camorra: fu ucciso a Ponticelli il 7 giugno 2016
di Manuela Galletta

Per l’omicidio dell’innocente Ciro Colonna, 19 anni appena, e del boss della Sanità Raffaele Cepparulo, il padrino del malaffare Ciro Rinaldi e il killer Michele Minichini dovranno scontare la pena dell’ergastolo.

Nella giornata di ieri (29 dicembre) i giudici della quinta sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno chiuso il processo di secondo grado sull’agguato che avvenne a Ponticelli (quartiere alla periferia est di Napoli) nel pomeriggio del 2016 e lo hanno fatto respingendo le richieste di sconto di pena che quasi tutti gli imputati avevano avanzato, cavalcando quella tardiva ammissione degli addebiti arrivata solo durante il primo processo (svoltosi col rito abbreviato). Il ritocco della condanna verso il basso è arrivato solo in un caso, quello di Cira Cepollaro, mentre Giulio Ceglie – la cui posizione era quella, da un punto di vista accusatorio, più ballerina – ha ottenuto l’assoluzione, vedendosi così cancellato il fine pena mai.

Il boss Raffaele Cepparulo detto ‘Ultimo’

Andiamo dunque con ordine, ripercorrendo il dispositivo della Corte (presidente Rosa Romano): il carcere a vita è stato confermato per il boss della ’46’ di San Giovanni a Teduccio Ciro Rinaldi, detto ‘mauè’, che in questa vicenda ha avuto il ruolo di mandante; carcere a vita anche per il giovane Michele Minichini (figli del ras con il rango di killer Ciro Minichini, che fu un fedelissimo di Antonio De Luca Bossa), che è stato uno dei due killer entrati in azione nel circolo ricreativo al Lotto O a Ponticelli dove si è consumato il raid (fu lui a sparare a Raffaele Cepparulo); carcere a vita anche per Antonio Rivieccio detto ‘Cocò’, che era alla sua prima esperienza da killer e tolse la vita all’innocente Ciro Colonna (19 anni), che si trovava nel circoletto a giocare con gli amici ed ebbe l’ingenuità di chinarsi per raccogliere gli occhiali (per lui di grande valore affettivo) che gli erano caduti nelle fasi della fuga (il gesto probabilmente impressionò Rivieccio che fece fuoco); carcere a vita anche per Anna De Luca (matrigna di Michele Minichini, per essere stata la moglie di Ciro Minichini), colpevole di avere spianato la strada ai killer facendo la soffiata sulla presenza di Cepparulo nel circolo (il locale insisteva al piano terra dello stabile in cui abitava la donna; inoltre il locale era gestito da un suo parente, Umberto De Luca Bossa); carcere a vita anche per le ‘pazzignagne’ Vincenza Maione (sposata con Roberto Schisa, un secolo fa esponente di spicco dei Sarno, e madre di Tommaso Schisa, già condannato per il concorso nell’omicidio di Umberto Improta, un bravo ragazzo fulminato da una pallottola vagante a San Giorgio a Cremano) e Luisa De Stefano. Sia a Vincenza Maione che a Luisa De Stefano è riconosciuto un ruolo nella fase decisionale e organizzativa dell’agguato.

Il boss Ciro Rinaldi
Michele Minichini, figlio del ras detenuto Ciro
Anna De Luca Bossa (foto Kontrolab)
L’arresto di Anna De Luca Bossa (foto Kontrolab)

Lo sconto di pena, invece, è stato riconosciuto a Cira Cipollaro, che si è vista sostituire l’ergastolo disposto in primo grado con una condanna a 20 anni. Assoluzione piena, invece, per Giulio Ceglie, sul cui conto non vi erano intercettazioni chiare che lo potessero legare in modo indissolubile all’agguato.

Nel processo si erano costituti parte civile i genitori e la sorella di Ciro Colonna, assistiti dall’avvocato Marco Campora, che da quel drammatico 7 giugno 2016 hanno sempre lottato per tenere vivo il ricordo di Ciro ma anche per difenderne la memorie che, a ridosso del delitto, fu messa in discussione da alcuni articoli di stampa che in qualche modo ipotizzavano una vicinanza di Ciro, un bravo ragazzo, a Cepparulo.

Quel pomeriggio di quattro anni fa, invece, Ciro ebbe solo la sfortuna di essersi fermato, come sempre, in uno dei circoletti che insistono nel periferico Lotto O dove abitava. Ebbe la sfortuna di essersi intrattenuto lì, non avendo altri mezzi di locomozione per allontanarsi da quel quartiere, per giocare a biliardino con altri bravi ragazzi come lui. Ebbe la sfortuna che in quel locale ci fosse Raffaele Cepparulo, il boss dei ‘barbudos’ della Sanità (gli Esposito-Genidoni) che era fuggito dal suo rione nel cuore di Napoli ed era riparato a Ponticelli (dove aveva parenti) per sfuggire alla vendetta dei Vastarella, coi quali i ‘barbudos’ erano in guerra.

Durante la sua permanenza a Ponticelli, Cepparulo cercò nuove alleanze (e anche protezione) e si avvicinò ai Mazzarella, mettendosi a disposizione del clan per regolare i conti aperti della cosca con Ciro Rinaldi: si rese così responsabile di alcuni raid armati e a San Giovanni si diffuse la voce che Cepparulo fosse intenzionato a uccidere Rinaldi, tanto che Rinaldi e Michele Minichini si determinarono a togliergli la vita. «Dobbiamo buttare a terra il capo di ‘Ultimo’», disse in un’intercettazione Minichini. E proprio le intercettazioni, che riguardavano alcuni dei protagonisti di questo agguato (non Ciro Rinaldi) e che erano state disposte nell’ambito di un’inchiesta sul malaffare a Ponticelli (l’attenzione era caduta su Minichini, Anna De Luca Bossa e le ‘pazzignane’), si sono rivelate la chiava di volte di un’indagine che all’inizio guardava in più direzioni (inclusa quella dei Vastarella) a causa del fatto che Cepparulo avesse molti nemici.

mercoledì, 30 Dicembre 2020 - 18:40
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