Riders, il Tribunale di Bologna condanna Deliveroo per l’algoritmo sulle assenze: discriminatorio. I sindacati: svolta epocale

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Foto tratta dalla pagina Facebook di Deliveroo

Mentre a Milano si è in attesa dell’avvio del processo a Uber Italy per sfruttamento dei riders, il Tribunale di Bologna firma una sentenza che riconosce diritti negati ai fattorini dei giorni nostri. Lo scorso 31 dicembre la piattaforma Deliveroo è stata condannata dal giudice del lavoro per via dell’algoritmo ‘Frank’ utilizzato per valutare i rider. L’algoritmo è stato considerato “discriminatorio” perché, è la conclusione del Tribunale, penalizza chi si assenta dal lavoro non tenendo conto delle motivazioni, se per motivi futili o se invece, ad esempio, perché malato o in sciopero: il sistema, infatti, declassava allo stesso modo chi restava a casa per motivi futili o per ragioni serie, nonché per esercitare il diritto di sciopero. «Avere buoni voti significava avere accesso preventivo all’assegnazione degli slot migliori per orari e zone da coprire – spiega l’avvocato Carlo De Marchis, che si è occupato del ricorso insieme ai colleghi Matilde Bidetti e Sergio Vacirca – Prenotando la sessione ci si obbligava a geo-localizzarsi nella zona di competenza poco prima dell’inizio del turno e chi non lo faceva senza disdire con un giorno di anticipo scendeva nel ranking».

La sentenza è stata pronunciata in accoglimento di un ricorso presentato congiuntamente dai sindacati Nidil Cgil, Filcams Cgil e Filt Cgil. Si tratta, afferma la segretaria confederale Tania Scacchetti, di «una svolta epocale nella conquista dei diritti e delle libertà sindacali nel mondo digitale. Per la prima volta in Europa – sottolinea la dirigente sindacale – un giudice stabilisce che ‘Frank’ è cieco e pertanto indifferente alle esigenze dei rider che non sono macchine, ma lavoratrici e lavoratori con diritti». Deliveroo ora dovrà versare 50mila euro ai ricorrenti come risarcimento e pubblicare il provvedimento del Tribunale sul proprio sito internet e nell’area “domande frequenti” della piattaforma.

La compagnia britannica, tuttavia, ci tiene a puntualizzare che l’algoritmo non è più in uso, pur comunque difendendone l’utilizzo. «Prendiamo atto della decisione del giudice che non condividiamo – fa sapere Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo Italy – e che fa riferimento a un sistema di prenotazione delle sessioni dei rider che non è più in uso». «La correttezza del nostro vecchio sistema è confermata dal fatto che nel corso del giudizio non è emerso un singolo caso di oggettiva e reale discriminazione. La decisione – ha aggiunto – si basa, esclusivamente, su una valutazione ipotetica e potenziale priva di riscontri concreti».

Deliveroo valuterà se ricorrere in appello. «Questa tecnicamente non è una class action americana, ma in realtà lo è perché c’è una discriminazione collettiva in materia di lavoro – ha spiegato l’avvocato Carlo De Marchis – Non c’è la figura di un rider specifico dietro la causa ed è per questo motivo che è ancora più dirompente, perché vale per tutti i rider».

mercoledì, 6 Gennaio 2021 - 13:12
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