Casoria, vittima innocente della faida per lo spaccio: arrestato uomo dei Moccia

Antimo Giarnieri

Fatalmente scambiato per un’altra persona e ucciso da un killer del clan Moccia. Questo il destino di Antimo Giarnieri, 19enne di Casoria, rimasto vittima nel luglio del 2020 di un agguato da parte di un commando che sbagliò però bersaglio; l’intenzione era quella di colpire un affiliato di un clan rivale nel corso di una guerra tra bande per la gestione della piazza di spaccio del Parco Smeraldo. A meno di un anno da quel raid cui conseguì la morte di Giarnieri, risultato estraneo a dinamiche criminali, e il ferimento di un ragazzo allora minorenne, i carabinieri hanno arrestato il presunto killer. Si tratta di Tommaso Russo, ritenuto dagli inquirenti il responsabile dell’omicidio del 19enne e del tentato omicidio del minore; l’uomo è stato fermato su ordinanza del gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda partenopea. L’arresto è stato eseguito dai carabinieri del Comando provinciale di Napoli. Le accuse sono di omicidio, tentato omicidio ed estorsione. Per quest’ultima accusa è stato arrestato Ciro Sannino, ritenuto con Russo autore di due episodi estorsivi aggravati dal metodo mafioso.

L’omicidio
Era l’8 luglio del 2020, Antimo Giarnieri si trovava nella III traversa di via Castagna a Casoria, zona nota come ‘Parco Smeraldo’ quando da un’automobile scese, secondo la ricostruzione degli investigatori, Tommaso Russo che sparò verso un gruppetto di persone 8 colpi di pistola calibro 7.65. Quattro dei colpi raggiunsero Giernieri, che morì pochi istanti dopo, e un solo proiettile raggiunse al fianco sinistro C.S., minorenne, fortuitamente scampato alla morte.

L’inchiesta
Le indagini condotte dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e coordinate dalla Dda di Napoli hanno permesso di accertare che il reale obiettivo di Russo fosse un altro soggetto fatalmente scambiato per l’incensurato Giarnieri, risultato invece estraneo a dinamiche delinquenziali. Il grave fatto di sangue, secondo gli elementi raccolti, va inquadrato in una violenta contrapposizione tra fazioni della criminalità organizzata in lotta per il controllo della piazza di spaccio del “Parco Smeraldo”, luogo in cui si è consumato il delitto. In particolare a Russo viene contestata l’aggravante del metodo mafioso in quanto avrebbe agito per agevolare l’attività e gli scopi criminali del gruppo  camorristico di cui è referente territoriale Barbato Salvatore (alias “Totore O’ Can”, elemento contiguo al clan Moccia e allo stato detenuto per estorsione aggravata dal metodo mafioso), nonché allo scopo di affermare il controllo di quest’ultimo sul territorio.

Le estorsioni
Nel corso delle attività investigative sono stati inoltre contestati a Russo e a Sannino due episodi di natura estorsiva, di cui uno tentato e uno consumato, ai danni di due spacciatori del luogo che, per poter continuare nella loro illecita attività di spaccio, erano costretti a versare una quota imposta dal clan, altro elemento sintomatico della volontà di imporre un controllo capillare del territorio attraverso il cd racket sull’attività di spaccio. La violenza e la ferocia mostrata da Russo si palesa poi nella circostanza da cui risulta che il Russo, in uno degli episodi contestatigli, avrebbe strappato parte del padiglione auricolare ad una vittima minacciandolo «di fare il bravo, perché ora ci siamo io e Totore O’Cane».
Nella seconda estorsione poi Russo e Sannino si sarebbero fatti consegnare 500 euro quale quota mensile imposta dal clan, da una persona agli arresti domiciliari ricorrendo anche a violenza fisica per costringerlo a consegnare il denaro, il tutto dinanzi alla moglie della vittima, anch’essa aggredita brutalmente nel mentre cercava di reagire a difesa del marito.

martedì, 1 Giugno 2021 - 08:10
© RIPRODUZIONE RISERVATA