La Cedu promuove la legge Severino su decadenza in Parlamento e stop alle elezioni regionali. Doccia fredda per Galan

Giancarlo Galan
Giancarlo Galan

Il divieto a candidarsi in caso di condanna definitiva non lede il diritto a rappresentare i cittadini né quello degli elettori a scegliere chi votare. Così come la decadenza dalla carica di parlamentare in caso di condanna non crea nocumento al politico interessato dal provvedimento. E’ quanto stabilisce la Corte europea dei diritti umani respingendo due ricorsi che contestavano gli effetti della legge Severino sulla loro attività politica. I ricorsi rigettati, nello specifico, sono quelli presentati da Marcello Miniscalco (politico del Molise) e dal forzista Giancarlo Galan, ex ministro nel governo Berlusconi IV e in passato presidente della Regione Veneto.

Il caso Galan
Galan rimase deputato sino al 27 aprile del 2016 quando decadde dalla carica di parlamentare in seguito al patteggiamento della condanna sul processo ‘Mose’ a due anni e 10 mesi. Al suo posto subentrò Dino Secco. Galan ha presentato ricorso alla Cedu ritenendo di avere subito le stesse violazioni denunciate a suo tempo da Silvio Berlusconi, che ha poi deciso di chiedere alla Corte di Strasburgo di non pronunciarsi sul suo caso. Secondo entrambi le misure previste dalla legge Severino sono una pena e che come tale non può essere applicata retroattivamente.

Inoltre, la decisione del Parlamento di porre fine al loro mandato ha violato il diritto a rappresentare i cittadini che li avevano eletti. E infine che in Italia non c’è una via legale per ricorrere in tribunale contro la destituzione dal mandato e l’incandidabilità previste dalla legge Severino. Le doglianze di Galan sono però state respinte. All’unanimità la Cedu ha dichiarato il ricorso irricevibile affermando che la destituzione dal mandato parlamentare in seguito alla condanna non può essere equiparata a una pena. La misura, dice la Cedu, non può quindi essere presa in considerazione nel caso si lamenti una violazione dell’articolo 7 della convenzione europea dei diritti umani, che prevede la non retroattività dell’applicazione delle leggi in materia penale. Nella sua decisione di irricevibilità del ricorso Galan, che è definitiva, la Corte di Strasburgo evidenzia «di accettare la scelta del legislatore italiano di scegliere come riferimento per l’applicazione della legge Severino la data in cui una condanna diviene definitiva e non quella in cui sono stati commessi i reati». Inoltre i giudici della Cedu sostengono che la procedura parlamentare che porta alla destituzione del mandato offre sufficienti garanzie.

Il caso Miniscalco
Quanto a Miniscalco, la Cedu ha stabilito che la decisione presa dalla commissione elettorale del Molise nel 2013 di vietare, in base a quanto previsto dalla legge Severino, a Marcello Miniscalco di candidarsi dopo una condanna definitiva non ha violato i suoi diritti. Nel suo ricorso Miniscalco ha sostenuto che le misure previste dalla legge Severino devono essere considerate come una pena, affermazione che i giudici di Strasburgo hanno rifiutato, dichiarando inammissibile questa parte della doglianza. Inoltre l’uomo politico ha affermato che la sua incandidabilità ha violato il suo diritto a rappresentare i cittadini, e quello degli elettori a scegliere chi votare. Su questo punto la Cedu ha affermato che non c’è stata violazione perché la misura «non può essere considerata disproporzionata rispetto all’obiettivo di assicurare il buon funzionamento democratico che le autorità si prefiggono di raggiungere».

giovedì, 17 Giugno 2021 - 13:14
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