Ai domiciliari, senza stipendio e con la vita politica interrotta: l’ex sindaco Zeno prosciolto, accuse evanescenti

Antonio Zeno
di Manuela Galletta

Finito sotto inchiesta, sottoposto ai domiciliari, e poi spedito sul banco degli imputati benché già in sede di indagini preliminari un gip avesse avvertito la procura che gli elementi investigativi sino a quel momento raccolti non avessero alcun valore probatorio.

La storia di Antonio Zeno, finanziere con la passione della politica, è la storia di una giustizia che si è ostinata a guardare in una sola direzione. La direzione sbagliata. E’ la storia di una giustizia miope che ha costretto un uomo, un padre di famiglia e onesto lavoratore, a rinunciare (temporaneamente) alla divisa, a cercare un altro lavoro per tirare avanti nell’attesa dei chiarimenti definitivi, e a mettere in stand by l’attività politica praticata da decenni per rispetto della collettività e di un impegno sociale in cui lui crede per davvero.

La storia di Antonio Zeno è la storia di un uomo che ha rischiato di vedere la sua vita rovinata, e che oggi può tirare un sospiro di sollievo grazie al lavoro difensivo svolto dal suo legale e alla lucidità del gip che ha vagliato il materiale accusatorio e ne ha fatto coriandoli.

Quarantotto anni, 21 dei quali al servizio della Finanza e una trentina al servizio della collettività come politico (sindaco, assessore e consigliere comunale), Antonio Zeno viene risucchiato nel tritacarne giudiziario due anni fa, quando riveste la carica di consigliere comunale a Massa di Somma, comune in provincia di Napoli del quale in passato è stato anche sindaco. Zeno riceve a casa la visita dei colleghi e si vede notificare un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. In calce vi sono le ipotesi di reati di truffa e falso. Ad accusarlo è la procura della Repubblica di Bergamo. Al finanziere viene contestato di avere inventato, mediante la creazione di verbali di sedute e autocertificazioni, la partecipazione a riunioni politiche presso la Commissione Consiliare per l’aggiornamento dello Stato Comunale e dei Regolamenti Comunali al solo scopo di ottenere dall’ente pubblico di appartenenza, ossia la Finanza, l’elargizione dei permessi (riconosciuti ai lavoratori dipendenti che rivestono incarichi politici presso enti pubblici locali) per un importo lordo di circa 55mila euro. Per Zeno è una doccia fredda.

Lui, ovviamente, respinge le accuse al mittente e, grazie al lavoro dell’avvocato Salvatore Barbuto del foro di Torre Annunziata, riesce a provare come quei verbali di sedute e autocertificazioni non fossero dei falsi e come avesse partecipato a tutti gli appuntamenti politici per i quali aveva chiesto dei permessi. «Ho fatto avanti e indietro da Treviglio, dove lavoravo, a Massa di Somma per potere svolgere sia l’attività di finanziere che quella di politica. Non ho mai chiesto i gettoni di presenza. Ho lavorato sempre e solo nell’interesse della collettività. E mi sono ritrovato in questa situazione assurda», racconta Antonio Zeno.

Dopo una ventina di giorni è lo stesso gip che aveva disposto i domiciliari a tornare sui propri passi e a richiamare il pubblico ministero, sottolineando la carenza indiziaria. Ma il magistrato inquirente che aveva istruito il caso non molla, dispone intercettazioni e perquisizioni. E sulla scorta di questo materiale chiede il rinvio a giudizio di Antonio Zeno. Non si va avanti: il gup, accogliendo i rilievi dell’avvocato Barbuto, chiude il caso con una sentenza di non luogo a procedere. Da quelle intercettazioni e dalle perquisizioni non è emerso alcunché, non è emerso un solo dato che potesse sostenere lo scenario indiziario. Sipario chiuso da pochi giorni. E Zeno può tirare un sospiro di sollievo, anche se le ripercussioni sulla sua vita privata sono state tante e alcuni effetti si protrarranno per altri mesi. «Mia moglie, se sente suonare il telefono o il citofono in un orario strano, sobbalza e va nel panico perché teme il peggio», racconta Zeno.

Anche economicamente la situazione non è stata semplice. Zeno è ancora sospeso dal servizio e non percepisce stipendio. «Purtroppo anche se una sentenza attesta la mia innocenza, c’è bisogno che la sentenza diventi definitiva prima di potere tornare a lavorare», spiega. In questi due anni Zeno ha vissuto svolgendo un’altra attività: «Ho lavorato e lavoro nel sociale, come coordinatore di servizi ad anziani e bambini».

Ma il suo sogno è tornare in pista, quella politica, come un tempo. Nell’aprile del 2020, all’indomani della notifica dell’ordinanza di custodia cautelare, Zeno si dimise da consigliere comunale e da consigliere metropolitano. «Mi autosospesi dal partito (il Pd, ndr), mi dimisi da consigliere comunale e di conseguenza decaddi dalla carica di consigliere metropolitano – racconta Zeno – Da quel momento in poi la mia vita politica si è fermata. Non mi sono potuto neanche ricandidare a sindaco, perché si è votato a settembre e la mia vicenda giudiziaria non era chiusa e io non ho voluto candidarmi per evitare polemiche».

Adesso però vuole recuperare il tempo perduto. Il Pd lo ha già nominato segretario locale: «Ringrazio chi mi è stato vicino e i miei compagni che non mi hanno abbandonato. La passione politica non mi manca e riprendo da dove avevo lasciato».

sabato, 22 Gennaio 2022 - 08:00
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