Magistrati, Suriano (Csm) lancia l’allarme: «Ricerca spasmodica di incarichi tra i più giovani». Le proposte della Ges Napoli

di Manuela Galletta

Consentire ai giovani appena laureati l’accesso al concorso in magistratura, insistere sulla scrittura di elaborati durante il percorso di studi in Giurisprudenza per cancellare la recente brutta pagina di record di bocciati alle prove scritte del concorso, e magari riquotare l’anzianità come requisito principale per fare carriera.

L’inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli diventa occasione di riflessione e di autocritica nel mondo della magistratura anche sul ruolo dei giovani che abbracciano la professione. Lo spunto per un dibattito interno lo offre il giudice Mario Suriano, che, in occasione della tradizionale cerimonia a Castel Capuano di sabato 22 gennaio (trasmessa online come prevedono le normative anti-Covid), interviene come esponente del Consiglio superiore della magistratura. «Oggi assistiamo a una ricerca spasmodica di incarichi di collaborazioni di uffici. Assistiamo a un fenomeno di turismo dirigenziale: si accede a incarichi direttivi in sedi meno ambite quando si è giovani, e poi c’è continua rincorsa verso incarico più importante», osserva Suriano.

E’ un campanello d’allarme sulla qualità delle intenzioni di chi sceglie di esercitare le funzioni di giudice o pubblico ministero. E la nuova giunta sezionale Napoli dell’Associazione nazionale magistrati, guidata da Giuseppina D’Inverno, raccoglie il richiamo di Suriano, calando sul tavolo alcune proposte utili a frenare quel pericoloso carrierismo tra i più giovani che rischia di ripercuotersi sulla qualità di indagini e decisioni in sentenza. «Il problema c’è», dice senza giri di parole Giusi Piscitelli, giudice (penale) del Tribunale di Nola, segretario della Ges Napoli nel corso della conferenza stampa seguita alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario».

«I piccoli incarichi vengono valorizzati come titoli e si rischia una vera e propria corsa ad ottenere questi incarichi per fare curriculum – incalza Piscitelli – Queste sono derive che bisogna eliminare, bisogna cercare una soluzione. Magari si può ripristinare il criterio dell’anzianità nell’assegnazione degli incarichi dirigenziali, criterio che prima aveva un peso specifico e che, in seguito a note vicende, è stato modificato per dare più spazio a giovani meritevoli. Bisogna trovare un equilibro nella scelta, perché il problema c’è».

Per Caterina Garufi, giudice di Corte d’Appello a Napoli, la fame di carriera deriva anche dalla circostanza che in magistratura si entra relativamente tardi: «Il concorso in magistratura è un concorso di secondo grado. E’ stato spostato avanti nel tempo. Ciò significa che si arriva in magistratura quando si hanno già 30 anni, e quindi magari si ha fretta di arrivare – spiega Garufi – Invece il concorso dovrebbe essere di primo grado e questo darebbe la possibilità di accedervi anche ai giovani laureati, abbattendo l’ansia di arrivare».

Spinge sulla necessità di modificare i tempi di accesso al concorso anche il giudice Giuseppina D’Inverno: «C’è bisogno di un intervento di carattere ordinamentale nel concorso in magistratura, che deve essere aperto a tutti. Bisogna intervenire sui prerequisiti. Non tutti si possono permettere di aspettare due anni per partecipare al concorso». Concorsi cui a volte i candidati arrivano impreparati, peggio ancora zeppi di lacune sul piano linguistico e grammaticale. Fa ancora male il disastro del concorso tenutosi a luglio: la maggior parte ha presentato elaborati con errori di grammatica. Caterina Garufi attribuisce parte della difficoltà dei candidati durante le prove scritte al ‘poco’ tempo a disposizione: «Le problematiche sull’esposizione dei candidati dipendono anche da tempo ridotto per gli elaborati». Ma i suoi colleghi insistono, invece, su un intervento radicale in sede di insegnamento. «Gli ultimi concorsi hanno evidenziato carenze importanti – osserva D’Inverno – L’università di Giurisprudenza non aiuta, i giovani hanno dimenticato come si scrive, non sanno scrivere perché all’università non si scrive».

Il giudice (civile) del Tribunale di Napoli Diego Ragozini fa invece una tirata d’orecchi al Consiglio superiore della magistratura, organo deputato al conferimento degli incarichi: «La soluzione è nel Csm che deve assumersi la responsabilità di una giusta sintesi. Non va dimenticato che il compito organizzativo che un magistrato può vere all’interno di un ufficio è molto diverso dal lavoro che il singolo magistrato svolge».

Al netto dei possibili interventi esterni che vengono suggeriti per frenare la deriva del carrierismo ‘cieco’ tra i più giovani, il giudice (penale) del Tribunale di Napoli Anna Laura Alfano invoca la necessità di sensibilizzare i più giovani sull’importanza dei ruoli ricoperti accedendo alla carriera in magistratura ricordando loro che la chiave del ‘successo’ non è data solo dagli incarichi direttivi: «Sta a ciascuno di noi far capire che la magistratura è un punto di arrivo, non di partenza. Ci sono tanti colleghi che dopo 30 anni non hanno presidenza di sezione. Io ne sono un esempio. Eppure continuano a fare con passione questo lavoro. Questa professione non è un privilegio, questo si deve capire. Noi svolgiamo un ufficio, questo si deve capire. Io vorrei che si ritornasse a essere magistrati con spessore».

Invoca un cambio di mentalità anche Ida Teresi, magistrato in forza alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli: «I dirigenti di un ufficio devono offrire un servizio, senza pensare di essere sovraordinati. Chi ricopre la funzione di procuratore o aggiunto non deve pensare di occupare dei posti di potere».

Spezza, invece, una lancia in favore dei giovani Cristina Curatoli, pubblico ministero a Napoli: «Si deve riporre molta fiducia in chi entra adesso in magistratura. Questo è un momento storico particolare per la magistratura. Ai giovani si può dare voce per la questione morale perché lontani da coloro che hanno inquinato la magistratura».

domenica, 23 Gennaio 2022 - 18:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA