Camorra nell’area a sud di Napoli, tra clan storici che non cedono il passo e i sospetti di legami tra politica e malavita

Bossolo
di Gianmaria Roberti

Tra Torre del Greco, Torre Annunziata e Castellammare di Stabia (comuni in provincia di Napoli) si conferma la presenza, spesso egemonica, di storici clan di camorra. Ma l’ultima relazione della Dia (primo semestre 2021) rimarca pure il ripetersi di fenomeni connessi al (presunto) malaffare politico-amministrativo.

TORRE DEL GRECO, LA GEOGRAFIA CRIMINALE
Lo scenario criminale di Torre del Greco «si connota per l’indebolimento della storica organizzazione Falanga a causa – spiega la Dia – della detenzione di molti dei suoi elementi di spicco. Sul territorio si registrerebbe pertanto la presenza di soggetti appartenenti al sodalizio dei Papale provenienti dal confinante comune di Ercolano».

Inoltre – benché i reati ipotizzati non siano di competenza distrettuale – si segnala come nella zona «il fenomeno della compravendita di voti – aggiunge la relazione – sarebbe emerso in due indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata e condotte dai Carabinieri con riferimento alle elezioni comunali del giugno del 2018».

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L’attività investigativa «che già nell’aprile del 2019 – ricorda la Dia – aveva condotto all’arresto di diverse persone appartenenti a una associazione per delinquere per la compravendita di voti in favore di un candidato eletto al consiglio comunale ha portato all’esecuzione da parte dei Carabinieri, il 2 aprile 2021, di un’ulteriore misura cautelare nei confronti di 5 persone coinvolte in una “organizzazione criminale dedita alla compravendita di voti in favore dei candidati di una lista civica che hanno partecipato alle ultime consultazioni elettorali amministrative di Torre del Greco”».

In particolare «l’organizzazione tra le cui fila figurava anche un consigliere comunale avrebbe ottenuto voti – si legge ancora – in cambio di generi alimentari, denaro, o promesse di posti di lavoro nell’ambito di progetti regionali istituiti e finanziati dalla Regione Campania. Centrale nel sodalizio sarebbe risultato un professionista locale in grado di creare reti di complicità e collusioni per lo scambio di favori».

TORRE ANNUNZIATA, GLI SCENARI
A Torre Annunziata recenti attività di indagine «hanno confermato l’attuale operatività dei clan Gionta e Gallo-Cavalieri con la sua frangia detta Gallo-Pisielli tra i quali, allo stato attuale, sembrerebbe esservi in atto un patto di non belligeranza».

Gli stessi «concentrerebbero gli affari criminali – scrivono gli analisti della Dia – soprattutto sul narcotraffico e sulla gestione delle piazze di spaccio, ma sarebbero stati registrati anche fenomeni estorsivi principalmente ai danni di attività di onoranze funebri e supermercati». Il 2 febbraio 2021 – nell’ambito della operazione “Buenaventura” – la Guardia di finanza ha eseguito a Napoli, Salerno, Caserta, Catania, Torino e Varese un provvedimento cautelare nei confronti di 26 appartenenti a tre distinti gruppi criminali di narcotrafficanti. Secondo gli investigatori, le basi operative erano a Torre Annunziata e in alcuni quartieri napoletani.

«Dalle indagini – afferma la relazione – è emerso come il sodalizio Genovese il cui vertice è esponente del clan Gallo-Cavalieri fosse in rapporti di affari per l’importazione e la vendita di grosse quantità di stupefacenti con i Manzi-Dannier di Secondigliano a loro volta contigui al più noto clan Di Lauro e con esponenti del clan Caldarelli delle c.d. Case Nuove» a Napoli. L’inchiesta «avrebbe confermato ancora una volta come i clan oplontini svolgano un ruolo di primissimo piano nello scenario criminale napoletano relativamente all’importazione ed alla vendita di sostanze stupefacenti».

Quanto ai Gionta, «il sodalizio mantiene legami con i clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia e Nuvoletta di Marano di Napoli permanendo in contrapposizione, come già accennato, con il clan Gallo-Cavalieri e con i gruppi ad esso collegati per il controllo delle estorsioni e del mercato degli stupefacenti nella citata cittadina vesuviana».

Anche l’amministrazione del comune di Torre Annunziata «è stata colpita da un’inchiesta giudiziaria – rammenta la relazione – che ha portato il 3 giugno 2021 all’arresto di un ex esponente di vertice ritenuto responsabile di concussione. Il provvedimento si inquadra nella più ampia attività di indagine che aveva portato già all’arresto in flagranza di reato il 28 dicembre del 2020 di un funzionario del Comune di Torre Annunziata», accusato di aver percepito una tangente.

L’allarme per Torre Annunziata è stato rilanciato, il 20 maggio 2021, nella riunione del comitato provinciale per l’Ordine e Sicurezza Pubblica. Un focus specifico sul territorio, svoltosi proprio nella casa comunale. «In questa città, per combattere la recente escalation di episodi criminali – dichiarò quel giorno Marco Valentini, all’epoca prefetto – già esiste un efficace presidio delle Forze dell’ordine. Basta guardare i dati. A Torre Annunziata c’è un militare ogni 230 abitanti. Si tratta di una percentuale addirittura doppia rispetto alle altre zone dell’intera area metropolitana di Napoli. Cosa manca? La videosorveglianza dell’intero territorio, poi servono più vigili urbani per il controllo di quartieri strategici e di punti sensibili». Un sintomo di come «nella cittadina si siano instaurate forme di controllo delle più disparate attività quotidiane anche attraverso manifestazioni particolarmente violente – aggiunge la relazione – sarebbe emerso con l’omicidio di Maurizio Cerrato ucciso il 19 aprile 2021 per aver difeso la figlia che non aveva rispettato le regole imposte da elementi della malavita locale nella gestione dei parcheggi (attraverso la prassi delle c.d. “sedie prendiposto”)».

Del delitto sono ritenuti responsabili «gli elementi di un gruppo al vertice del quale si collocava un pregiudicato ben inserito negli ambienti della criminalità organizzata e già destinatario nel 2019 di una misura cautelare nell’ambito di un’indagine per traffico internazionale di armi».

CASTELLAMMARE DI STABIA, GLI SCENARI
A Castellammare di Stabia «il clan D’Alessandro che manterrebbe la sua roccaforte nel quartiere Scanzano – annota la Direzione investigativa antimafia – rappresenterebbe ancora oggi una delle più strutturate consorterie criminali che nonostante l’azione di contrasto delle forze di polizia e i numerosi arresti manterrebbe nella zona l’egemonia nella gestione delle attività estorsive, dell’usura, dello spaccio di stupefacenti e del racket dei videopoker».

Forte del proprio «spessore criminale la consorteria manterrebbe proficui rapporti con la criminalità organizzata siciliana, pugliese e calabrese ed estende proiezioni anche all’estero (Germania)». Ai D’Alessandro «risulta collegato il gruppo criminale Imparato del Rione Savorito ed il clan Di Martino-Afeltra attivo nei comuni di Gragnano, Pimonte e Agerola». D’altro canto «persiste l’atavica conflittualità soprattutto – rileva la relazione – per la supremazia sui traffici illeciti con il clan stabiese Cesarano di “Ponte Persica” e più recentemente con il gruppo criminale emergente degli Omobono-Scarpa composto soprattutto da “ex cutoliani” presenti sul territorio di Castellammare di Stabia».

Esempi scaturiscono da procedimenti in corso. Il 10 marzo 2021 «i Carabinieri hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di due elementi del clan D’Alessandro gravemente indiziati di essere gli esecutori materiali di un efferato omicidio di camorra risalente al 2012». Secondo gli inquirenti «l’assassinio era stato ordinato dai vertici dei D’Alessandro per vendetta nei confronti degli affiliati al contrapposto gruppo Omobono-Scarpa che avevano partecipato all’omicidio di un uomo di fiducia del capoclan».

Le attività del sodalizio «hanno trovato ulteriore riscontro nell’operazione “Domino bis” conclusa il 23 marzo 2021 dai Carabinieri con l’esecuzione di un provvedimento cautelare nei confronti di 16 soggetti tutti appartenenti al clan D’Alessandro e ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione continuata ed in concorso, detenzione illegale di armi comuni con l’aggravante delle finalità mafiose». L’indagine avrebbe «ricostruito ruoli, articolazioni ed attività illecite poste in essere dal clan D’Alessandro, accertato reati di natura estorsiva e usuraia, nonché documentato un’ampia disponibilità di armi da fuoco e l’alleanza con il clan Afeltra-Di Martino. Inoltre ha ricostruito la rete di fiancheggiatori e prestanome del clan nel settore dell’imprenditoria edile».

L’inchiesta costituisce «l’ulteriore sviluppo investigativo dell’investigazione “Domino” del giugno 2020 che aveva fatto luce sul mercato degli stupefacenti nella penisola sorrentina grazie all’alleanza con gli Afeltra-Di Martino ed in collaborazione con le ‘ndrine rosarnesi Bellocco e Pesce per l’approvvigionamento della droga». La Dia sottolinea: «Di particolare rilievo infine è la figura di un componente della famiglia D’Alessandro il quale sarebbe stato coinvolto in un’attività di sostegno a un candidato alle elezioni comunali stabiesi del 2018. Di conseguenza il 26 maggio 2021 il Prefetto di Napoli ha nominato una Commissione d’accesso presso il Comune di Castellammare di Stabia per verificare la sussistenza di tentativi di infiltrazione e/o di collegamenti della criminalità organizzata nel suddetto Comune».

Il 25 febbraio scorso l’epilogo, con lo scioglimento del Comune, decretato dal Consiglio dei ministri. Un provvedimento adottato «a seguito di accertati condizionamenti – riferisce la nota di Palazzo Chigi – da parte delle locali organizzazioni criminali». La durata del commissariamento è prevista per 18 mesi. A Castellammare di Stabia «sono anche attivi i gruppi Imparato che – afferma la Dia – fa capo ad un pluripregiudicato collegato ai D’Alessandro ma che conserva una propria autonomia nella gestione della vendita di stupefacenti nel rione Savorito e Vitale». Sotto la crosta di antichi equilibri, si muoverebbe però qualcosa. «L’ordinanza di custodia cautelare eseguita dai Carabinieri il 26 gennaio 2021 – riportano gli 007 anticamorra – ha inoltre evidenziato la nascita di un nuovo sodalizio nel rione Moscarella a capo del quale si collocano due soggetti desiderosi di affrancarsi dalla sfera d’influenza dei D’Alessandro. Nella disponibilità di quest’ultima consorteria vi era un vero e proprio arsenale costituito da numerose armi anche clandestine e da guerra a riprova dell’ascesa e del consolidamento del sodalizio nelle cui intenzioni vi sarebbe stato il rafforzamento militare finalizzato a imporre la propria egemonia criminale sul territorio. Nel corso delle indagini sono stati inoltre svelati vari canali di approvvigionamento di droga anche dell’area casertana e pugliese».

martedì, 12 Aprile 2022 - 11:34
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