Morti evitabili nella sanità, il triste primato della Campania. E la regione sfora il tetto per la spesa convenzionata

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di Gianmaria Roberti

Morti evitabili, la Campania è maglia nera in Italia. Il dato emerge dalla Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2017-2021, pubblicata dal Ministero della Salute. Dal quadro generale, si delineano le difficoltà della sanità campana, uscita da un commissariamento decennale nel gennaio 2020. Diverse le criticità, ormai storiche.

C’è anzitutto una conferma: la Campania è – dopo la provincia autonoma di Bolzano – la regione più giovane d’Italia, con l’età media di 43,3 anni. Sul piano delle politiche sanitarie, come risaputo, è una jattura. Il riparto dei fondi nazionali, infatti, privilegia le regioni più anziane. Il criterio, semplificando, si basa su un sillogismo: dove la popolazione è più vecchia, c’è più necessità di cure. La scelta – ovviamente invisa a Palazzo Santa Lucia, da sempre – si salda, però, alla fragile struttura del servizio sanitario regionale. Il risultato sono alcune evidenti contraddizioni. Ad esempio, il dato sui cittadini in buona salute e, per converso, su quelli multicronici (tassi standardizzati per 100 persone – Anni 2020-2021). Il tasso campano, tra gli over 18 in buona salute, è del 67,2 (più basso solo in Basilicata, Sardegna e Calabria), laddove la media italiana è di 69,4. Tra gli over 65, in Campania, il tasso di chi è in buone condizioni è 30,3 (più basso solo in Basilicata e Calabria), quando la media è 39,8. Viceversa, tra i multicronici di 18 e più anni, il tasso schizza a 14,3 (più alto solo in Calabria), a fronte di una media di 11,0; tra chi ha 65 anni e oltre, il tasso è il più elevato d’Italia: 43,3 (media nazionale 32,0).

In pratica, la Campania ha più giovani delle altre regioni, ma questi hanno, mediamente, una salute peggiore dei coetanei. Per non parlare degli anziani. Scendendo nel dettaglio, c’è il capitolo patologie. Riguardo i tumori, «al di sopra della media italiana» troviamo «prevalentemente Regioni del Nord, a cui si uniscono la Campania e il Lazio per entrambi i generi e la Sardegna solo per gli uomini». È uno spunto per arrivare ai dati complessivi sulla mortalità. «Persistono negli anni – spiega la relazione – alcune differenze territoriali, la situazione complessiva assai critica in alcune Regioni (quale la Campania)».

E c’è la questione, dolorosa, della mortalità evitabile. La categoria «si riferisce ai decessi delle persone sotto i 75 anni di età che avvengono per cause di morte contrastabili con stili di vita più salutari, con la riduzione di fattori di rischio ambientali e con adeguati e tempestivi interventi di diagnosi e trattamento della malattia». Si parla di «una morte prematura, costituita da due componenti: la mortalità prevenibile, che può essere evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica, e la mortalità trattabile, che può essere evitata con un’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace in termini di prevenzione secondaria e di trattamenti sanitari adeguati. Sono indicatori che forniscono un punto di partenza per valutare le prestazioni del sistema sanitario». Anche qui «la situazione più critica si conferma quella della Campania, dove entrambe le componenti sono più alte della media nazionale». L’ultimo dato disponibile è il tasso standardizzato di mortalità evitabile, per genere e Regione, del 2019. Nei decessi per 10.000 abitanti, la Campania riporta il 26,23: il più alto in Italia.

Lacune si riscontrano, comunque, nell’organizzazione. Prendiamo le reti cardiologiche. Se in Italia, di fatti «continua il lento miglioramento della mortalità per infarto acuto del miocardio grazie alle innovazioni tecniche e organizzative» si registrano importanti «differenze inter-regionali con alcune Regioni ancora indietro». Tra queste ultime, la relazione cita Basilicata (32,5%) e Campania (42,8%), distanti dalle regioni più strutturate (Marche 70,6%, Emilia Romagna 66,5%).

In campo neonatale, la Campania si segnala ancora per l’eccesso di taglio cesareo: il 50%, percentuale più elevata nel Paese. In tale scenario allarmano anche gli incidenti sul lavoro. I dati Inail sulle denunce del 2020 rilevano, rispetto all’anno precedente, un calo in termini di infortuni non fatali (–11,4%), e un aumento di quelli fatali (+27,6%). Il dato «è stato impattato fortemente dalla pandemia da Covid-19». Tra le Regioni con i maggiori incrementi «si segnalano principalmente la Campania (+116,2%), la Liguria (+85,3%) e il Lazio (+73,8%)». Intanto, in tre anni, la Campania vede raddoppiare le chiamate alla Centrale operativa 118: da 422.388 (2017) passa a 833.258 (2020). Per la cifra va valutato il peso della pandemia. Ma il fenomeno, in quasi tutte le regioni, non ha le dimensioni campane. E comunque, già nel 2019, in Campania le chiamate risultano impennate: 725.028.

C’è poi l’analisi della spesa sanitaria (fonte Aifa Monitoraggio della Spesa Farmaceutica Nazionale e Regionale – Gennaio-dicembre 2021-28 aprile 2022). Tra le regioni che non rispettano il tetto 2021 della spesa convenzionata (pari al 7%), la Campania ha la percentuale più alta: 7,4. Nel 2021, tetto sforato anche per gli acquisti diretti (soglia del 7,65%): la Campania è al 10,1, peraltro superata da altre sette regioni. Sugli acquisti diretti per gas medicali (tetto 0,2%), la Campania è quasi nella norma: 0,21%. Sullo sfondo resta il Piano di rientro, incombente sui conti della sanità, nel periodo 2017-2020. «Le Regioni Lazio e Campania – annota il ministero-, per le quali è stato approvato il passaggio dalla gestione commissariale alla gestione ordinaria, evidenziano in generale un andamento positivo e in continuo miglioramento». Tuttavia, nel quarto Trimestre 2021, «si evidenzia un generale peggioramento dei conti nelle regioni in Piano di rientro (…) riconducibile principalmente alla maggiore spesa sostenuta per fronteggiare l’emergenza Covid». In particolare, in Puglia il disavanzo sanitario è di 239 milioni, nel Lazio di 83,5 milioni, in Campania di 69,5 milioni.

venerdì, 21 Ottobre 2022 - 12:15
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