Carceri, urlo dei penalisti di Napoli: «Muffa sui detenuti». Campora: «È disumano». Don Palmese ‘chiama’ Mattarella | Video

di Manuela Galletta

La muffa che mangia le pareti delle celle, che «cade finanche dalle pareti e finisce addosso» a chi è costretto in quello spazio angusto e insalubre. Uno spazio dove si consuma tutto il quotidiano di un detenuto: «Si dorme dove si mangia, si mangia dove si va in bagno». E poi «l’acqua calda che non c’è negli istituti penitenziari e in estate non c’è proprio l’acqua».

Dalla maratona oratoria dei penalisti di Napoli, tenutasi ieri (giovedì 6 giugno) a Napoli dinanzi alla casa circondariale di Poggioreale, per richiamare l’attenzione della classe politica e della società civile sul dramma suicidi dietro le sbarre che segna i penitenziari di tutta Italia, viene fuori con prepotenza il racconto di carceri disumane. Carceri dove lo Stato si mostra distratto e non interessato alle sorti delle persone a lui affidate. La testimonianza dell’avvocato Elena Cimmino, vicepresidente del Carcere possibile, è un pugno nello stomaco di chi, in un carcere, non è mai entrato, neanche da ospite. «Nelle carceri non c’è nessuna igiene», spiega la penalista Cimmino, che poi condivide alcune delle sue esperienze più devastanti. La più scioccante, «difficile da dimenticare», tocca un penitenziario campano: «Le celle sono piene di muffa, la muffa cade addosso alle persone», dice per averlo visto coi proprio occhi. E poi c’è il caso, in un altro penitenziario, «di sette detenuti malati di scabbia. Nel 2024», a testimoniare l’incuria e l’assoluta precarietà delle condizioni igienico-sanitarie. Una «situazione vergognosa», incalza l’avvocato Cimmino.

«Una situazione – sottolinea l’avvocato Cimmino – di cui ci occupiamo solo noi». Dinanzi all’ingresso del carcere di Poggioreale dove gli avvocati sono impegnati nella maratona oratoria, non ci sono politici. Anche la società civile è assente. Qualcuno passa lì davanti, dai finistrine delle auto in transito c’è chi sporge la testa solo per la curiosità di capire come mai vi sia un capannello di persone sul marciapiedi e come mai c’è qualcuno che sta parlando al microfono. Ma l’interesse svanisce in fretta e ad alternarsi sul palchetto allestito per l’occasione restano i penalisti, e le figure strettamente interessate alla questione. Come don Tonino Palmese, che punta l’indice contro il Parlamento e lancia un appello al Capo dello Stato, Sergio Mattarella: «Ci sono due Camere che non hanno diritto alla parola. Abbiamo preso atto che non abbiamo avuto alcuna interlocuzione autentica, vera, con quelli che per dovere, oltre che per mestiere, avrebbero dovuto in questi anni, in questi mesi, accompagnarci per capire cosa sta accadendo e cosa non dovrebbe accadere. C’è stato solo qualche tentativo di passerella in campagna elettorale. Allora chiediamo a un terzo, che non si candida, che è superpartes di intervenire, affinché si faccia ciò che viene negato dalle due Camere. Qualcosa che vada incontro verso il perdono».

Sul silenzio della classe politica, sul disinteresse mostrato non solo oggi ma anche negli anni precedenti, ci va giù duro l’avvocato Marco Campora, presidente della Camera penale di Napoli: «La politica è solo alla ricerca di consensi. Ha ben compreso che le persone chiedono sicurezza e per cercare di dare una risposta a costo zero non si fa altro che aumentare le pene, introdurre nuove fattispecie di reato e nuove misure di prevenzione. Ma non è questa la soluzione anche perché la sicurezza non è migliorata affatto rispetto agli anni gli anni scorso». «Anzi – insiste Campora -, l’introduzione di nuove figure di reato non fa altro che ingolfare il tribunale, quindi i tempi della giustizia diventano ancora più lunghi e non facciamo altro che buttare nelle patrie galere una serie di cittadini in attesa di giudizio che poi magari, a distanza di anni, saranno assolti ma in quel momento avranno vissuto una vera e propria tortura, un momento difficile da superare sia dal punto di vista familiare, lavorativo». E sulla inutilità o talvolta pericolosità delle nuove fattispecie di reato batte forte anche l’avvocato Elena Cimmino, che richiama l’attenzione sul cosiddetto reato di “non violenza” inserito nel ddl Sicurezza: «Questo reato impedisce al detenuto di disobbedire, di rifiutarsi di essere trattato in maniera indegna. Il detenuto deve stare zitto, non può protestare anche in maniera passiva per rifiutarsi di essere trattato come un topo. Deve sopportare l’indegnità altrimenti commette reato». Un nuovo fronte di battaglia, dunque. E l’avvocatura confida di vedere in campo anche i magistrati: «La magistratura non può permettere che i detenuti non possano rifiutarsi di essere trattati come topi – dice Cimmino -. La magistratura si unisca a questa battaglia di civiltà per impedire che diventi norma il comportamento dell’assuefazione alla violenza, all’indegnità».

E di appelli, nel giorno della maratona oratoria, ne vengono lanciati molteplici. Uno è all’indirizzo della società civile, che resta indifferente alla complessa tematica del mondo della detenzione. «Siamo qui davanti al carcere di Poggioreale, non a caso – dice Campora-. Vogliamo rappresentare alla società civile lo stato disumano in cui vivono i detenuti e il degrado delle nostre carceri». «Dall’inizio dell’anno – ricorda Campora – vi sono stati ben 39 suicidi, noi dobbiamo fermare queste morti ingiuste all’interno delle carceri. Abbiamo l’obbligo di informare la società civile sulle condizioni delle carceri perché purtroppo spesso vi è una vera e propria disinformazione se non un disinteresse. Purtroppo si pensa che il mondo del carcere sia un mondo isolato che appartiene solamente a pochi ma non è così. In un paese democratico le carceri devono essere luoghi salubri, puliti, umani, dove non vi è una vera e propria tortura dell’essere umano. Quindi la società civile deve intervenire, deve reagire, deve essere ben informata rispetto a un fenomeno che interessa la collettività in tutta». Un fenomeno sul quale, recita la locandina della manifestazione, «non c’è più tempo» da perdere. «Ad oggi 39 suicidi in Italia, 28 morti per altre causa alcune da accertare. In Campania dall’inizio dell’anno 5 suicidi, di cui 3 a Poggioreale e altre tre morti da accertare. Che altro deve succedere? – chiede il garante dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello -. Bisogna svuotare le celle con misure alternative, partendo da 23mila detenuti che devono scontare meno di 3 anni. Addirittura 860 detenuti devono scontare meno di un anno in carcere. Per tranquillità dei populisti che ci ascoltano non sono né camorristi né trafficanti di droga». La conclusione è chiara: «Siamo di fronte ad una vera e propria crisi democratica, costituzionale e ancora prima umana – sottolinea Campora -. La politica deve interessarsi del problema in maniera seria e concreta. Basta slogan e basta promesse, sono necessari interventi urgenti di clemenza quali l’amnistia e l’indulto, gli unici realmente idonei a ridurre il sovraffollamento delle carceri».

venerdì, 7 Giugno 2024 - 20:15
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