Pomigliano, «Lo “Stato Sociale” siamo noi» I ribelli della Fiat annunciano la loro presenza all’Ariston per la finale | Video

di Danio Gaeta

Si sono conosciuti in fabbrica negli anni Novanta, tra le catene di montaggio dell’Alfa Romeo (oggi Fiat). E lì, tra bulloni e lamiere, hanno iniziato le loro battaglie. Prima nello Slai Cobas, poi nei comitati di lotta e oggi nel Si Cobas. Domenico Mignano, Marco Cusano, Antonio Montella, Massimo Napolitano e Roberto Fabbricatore, hanno condiviso tutto e di tutto: le proteste all’esterno dello stabilimento, le manifestazioni a 100 metri di altezza sulle gru e anche le battaglie legali. Sì, perché i ‘cinque’, dalla Fiat, sono stati anche licenziati e poi reintegrati. Nonostante la decisione del giudice, loro nel “Vico” di Pomigliano d’Arco non ci hanno messo più piede: «Nonostante lo stipendio pieno», raccontano.  La loro unica colpa? La satira, a volte un po’ spinta, che utilizzano per fustigare i propri bersagli. Politici locali e nazionali, imprenditori e colletti bianchi: nessuno la passa liscia.
L’ultima settimana è stata da ‘prima pagina’ per gli attivisti del Si Cobas: prima il manifesto contro Vittorio Sgarbi, rappresentato con il corpo di una capra e la testa tagliata; poi il grande ‘salto’ nazionale sul palcoscenico del Festival di Sanremo con il gruppo Stato Sociale (favorito per la vittoria finale del Festival) che si è esibito con i nomi dei cinque operai metalmeccanici sulle giacche. Naturalmente non sono mancate le polemiche, c’è infatti chi ha accusato i cinque di aver pensato a una trovata pubblicitaria e di aver un accordo con lo Stato Sociale. «Non è così, ringraziamo quei ragazzi per quello che hanno fatto, ma non li conosciamo e non sappiamo come facciano a sapere la nostra storia», hanno detto. Una frase ripetuta più volte nella sede che occupano a Pomigliano d’Arco assieme ai ragazzi del collettivo 48 Ohm, mentre con le bombolette spray preparavano lo striscione da esporre all’esterno del teatro Ariston di Sanremo. Mignano, Cusano, Montella, Napolitano e Fabbricatore, infatti, hanno deciso di restituire il ‘favore’ al gruppo e di partire per Sanremo: un blitz per il gran finale. «Il nostro unico voto va allo Stato sociale», questo lo slogan scelto per il grande ‘esordio’ sul palco dell’Ariston dai cinque che, ancora una volta, dimostrano di non aver perso la vena satirica. In mattinata, inoltre, gli attivisti hanno inviato anche un messaggio al gruppo musicale: «Nel vostro brano ‘Una vita in vacanza’ ci riconosciamo con amarezza. – hanno scritto – La Fiat, nonostante una sentenza che la obbliga a reintegrarci sul posto di lavoro, preferisce pagarci e tenerci fuori, ci tiene cioè ancora in una condizione di vacanza forzata. A noi le vacanze piacciono e pensiamo che tutti gli sfruttati non debbano vivere per lavorare ma come dice la vostra canzone, ci piacerebbe ritornare in fabbrica per continuare a lottare per la difesa delle nostre libertà politiche e sindacali». L’ultimo messaggio della giornata, partito direttamente dalla sede del gruppo a Pomigliano d’Arco, è per Vittorio Sgarbi: «Viene a chiedere i voti qui da noi, e sbaglia. Chi di satira ferisce, di satira colpisce», ha concluso Mimmo Mignano.

venerdì, 9 Febbraio 2018 - 21:30
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