Tre napoletani scomparsi in Messico, incriminati i quattro poliziotti arrestati: rischiano fino a 40 anni di carcere

I tre napoletani scomparsi in Messico

L’accusa contestata è di sparizione forzata. Un reato che comporta sino a 40 anni di carcere. E’ l’incriminazione mossa ai quattro poliziotti del Messico accusati di aver fermato e venduto ad un cartello criminale locale i tre napoletani scomparsi il 31 gennaio scorso. Le autorità messicane hanno avviato il procedimento penale a carico dei poliziotti che hanno già confessato le loro colpe in relazione ad una vicenda che rischia di creare un incidente diplomatico tra Italia e Messico. Altri tre agenti sono ricercati.

Antonio Russo di 25 anni, il padre Raffaele di 60 anni e il cugino Vincenzo Cimmino di 29 anni sono stati visti l’ultima volta a Tecalitlan il 31 gennaio. E il 31 gennaio è il giorno in cui hanno inviato l’ultimo messaggio vocale alla famiglia, spiegando di essere stati fermati dalla polizia locale a un distributore di benzina. Da qui in poi il buio. La disperazione dei familiari, gli appelli. E la svolta clamorosa delle indagini delle autorità locali che ha portato all’arresto e all’incriminazione di quattro agenti, i quali hanno spiegato di aver fermato i tre napoletani su mandato del cartello Jalisco New Generation, tra le più potenti gang del Messico. Da quanto hanno ricostruito le autorità messicane i tre napoletani avrebbero venduto generatori e macchinari agricoli di bassa qualità a costi elevati, spacciandoli per costosi prodotti di alta gamma. Tuttavia i familiari continuano a sostenere che i tre non stessero conducendo alcuna attività illecita. Resta, ad ogni modo, il giallo della scomparsa di Antonio Russo, Raffaele Russo e Vincenzo Russo.

lunedì, 5 Marzo 2018 - 13:23
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