Ercolano, il Pd e la guerra per le poltrone Così si tentò di fare fuori Buonajuto Primarie spiate dalle ‘cimici’ degli 007

Ercolano
Il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto
di Dario Striano

Mentre la città di Ercolano e il suo primo partito politico, quello di governo, si preparavano alle elezioni amministrative, c’era chi al telefono parlava di spartizioni degli appalti pubblici cittadini. O meglio chi metteva ‘al centro tavola’ gli appalti pubblici pur di evitare le primarie all’interno del Pd. «Vediamo di non far arrabbiare a nessuno, vediamo di fare l’accordo, mi ha messo una serie di cose sul tavolo, poi eh, quando ci vediamo ne parliamo». Un particolare che emerge dall’inchiesta su alcuni bandi di gara pubblici di Ercolano, finiti nel mirino della procura di Napoli. Un’inchiesta che fa tremare 27 tra imprenditori e colletti bianchi ercolanesi – tra cui parte del gotha politico della città degli Scavi – accusati a vario titolo di turbativa d’asta, falso ideologico, abuso d’ufficio, traffico di influenze illecite, corruzione, frode nelle pubbliche forniture e truffa. Nell’ordinanza di rigetto di applicazione di misura cautelare (per alcuni indagati) firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale partenopeo, Francesca Ferri, si rileva dalle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali che «mentre si parlava di accordi politici per le primarie, si inserivano scottanti argomenti in ordine ad affidamenti (illegittimi) di appalti». Seppur non «essendoci riscontro delle prospettate ipotesi spartitorie».
Correvano gli anni 2014 e 2015 ad Ercolano. Anni particolarmente delicati per la cittadina vesuviana sia sul fronte appalti pubblici che su quello politico-elettorale. Alle prese con alcuni cantieri pubblici di straordinaria importanza – tra cui quello per la realizzazione della nuova caserma dei carabinieri, un’opera attesa e promessa alla città che con coraggio si era ribellata al pizzo e alla prepotenza dei clan – Ercolano era chiamata al voto dopo 5 anni di governo Pd, capeggiato dal sindaco uscente Vincenzo Strazzullo, – tra gli indagati – che avrebbe voluto nuovamente candidarsi per la carica di prima cittadino. Ma per continuare ad amministrare il territorio e a detenere ancora la leadership all’interno del partito avrebbe dovuto scalzare la concorrenza interna. Quella del suo vicesindaco Antonello Cozzolino – anche lui tra gli indagati – e del consigliere comunale Pd Ciro Buonajuto, il pupillo dell’allora premier Matteo Renzi in Campania, mostratosi già da qualche anno in contrasto con l’allora classe dirigente del partito locale. Strazzullo sapeva che se avesse voluto ancora una chance per continuare ad essere il sindaco di Ercolano avrebbe dovuto cercare soltanto un accordo con il suo rivale Antonello Cozzolino, l’unico personaggio «di garanzia per poter stipulare e mantenere un patto». E che lo avrebbe potuto ottenere soltanto tramite una mediazione, quella di Rory Olivieri – l’ex presidente del consiglio comunale di Ercolano, inizialmente tra i destinatari degli avvisi di garanzia dell’inchiesta diretta dai sostituti procuratori Valter Brunetti e Celeste Carrano, assente però nell’avviso di conclusione indagine notificato ai 27 indagati il mese scorso. Strazzullo – secondo quanto scritto nell’ordinanza – avrebbe ideato di utilizzare la figura dell’Oliviero quale intermediario, «nell’estremo tentativo di sopraggiungere ad un patto politico-economico con il Cozzolino». «Eh lo so Rory, – dice Strazzullo a Oliviero in una telefonata – ma dobbiamo vedere di convincerlo eh. In modo che vediamo insomma di chiudere la cosa in tempi brevi». Da qui gli incontri tra l’ex presidente del consiglio, investito dall’allora primo cittadino del ruolo di mediatore, e l’ex vicesindaco per cercare di trovare un accordo che allontanasse il rischio delle primarie. «Antonello si fida di me – così Oliviero a Strazzullo – se io gli dico “domani questo bicchiere lo dividiamo in due lo tagliamo a metà perché ce l’ho io in mano il bicchiere”, sa benissimo che io non lo tradisco». L’accordo però non si è mai realizzato a causa delle numerose reticenze di Antonello Cozzolino, mostratosi deluso dalle promesse politiche non mantenute in passato da Strazzullo. «Avrebbe dovuto fare altri cinque anni, ma avrebbe dovuto convincermi, – così Cozzolino a Rory Oliviero – perché noi, facemmo un accordo che lui doveva fare cinque anni e poi si doveva togliere da mezzo, poi doveva fare bene, invece ha iniziato a fare la guerra dal primo giorno, di vedere di farmi rimanere solo, e se aveva la possibilità anche di darmi un calcio nel culo, e di mandarmene dalla giunta, quello che ha provato di fare. Io personalmente di lui non mi fido».

mercoledì, 4 Aprile 2018 - 17:45
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