Turista stuprata in hotel a Meta, il branco chiede i domiciliari. Il pm accelera le indagini, pronto a chiedere il processo

Abusi
di Dario Striano

La decisione del tribunale del Riesame del 31 maggio scorso recita nelle motivazioni che «la denuncia presentata nel 2016 in Inghilterra dalla (presunta) vittima dello stupro risulta conforme ai gravi indizi di colpevolezza raccolti in due anni di indagine dalla procura di Torre Annunziata nei confronti del branco». Ecco perché oggi i 5 indagati, tutti ex dipendenti dell’hotel Mar Alimuri di Meta di Sorrento, restano in carcere, a Poggioreale.
Le motivazioni parlano chiaro, eppure i difensori degli indagati – il collegio è costituito dagli avvocati Francesco Tiriolo, Mauro Amendola e Mariorosario Romaniello -, hanno già presentato appello per chiedere «un alleggerimento delle misura cautelare». Tradotto: i 5 indagati, venerdì scorso, hanno chiesto di poter tornare a casa, ai domiciliari. Il responso al ricorso è atteso, dunque, nelle prossime ore, e potrebbe arrivare stesso oggi pomeriggio.

Gli indagati
Gli ex baristi dell’albergo, Fabio D.V. e Antonino M., sono detenuti dallo scorso 14 maggio assieme agli ex colleghi Gennaro Davide G., Raffaele R. e Ciro Francesco D’A., mentre restano a piede libero gli ultimi tre indagati, gli altri dipendenti dell’hotel F.G. e C.G. e il guardiano di un lido di Meta, V.D.N.. Da allora, i 5 accusati di stupro di gruppo ristretti in carcere, si sono sempre dichiarati innocenti. Qualcuno durante gli interrogatori di garanzia ha ammesso di aver avuto un rapporto sessuale con la 50enne, ma «consensuale», qualcun altro, invece, si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda.

L’incidente probatorio
e il racconto della vittima
Eppure, la scorsa settimana la turista, recatasi in tribunale a Torre Annunziata per l’incidente probatorio dinanzi al giudice per udienze preliminari Emma Aufieri, non solo ha confermato le accuse, ma ha anche riconosciuto alcuni componenti del branco. Faccia e faccia con i suoi presunti carnefici, durante l’udienza a porte chiuse, le è bastato un filo di voce per affermare che dietro la piccola cella dell’aula al piano terra del palazzo di giustizia oplontino ci fossero alcuni dei suoi orchi. ‘Scortata’ dalla polizia giudiziaria, dal suo avvocato e da un funzionario del consolato britannico ha ricostruito quella maledetta sera di ottobre 2016. La sua ultima sera in Costiera. Era agitata quando ha iniziato a raccontare del cocktail offerto dai 2 baristi dell’albergo. Un cocktail allungato la ‘droga dello stupro’ – per il pubblico ministero Mariangela Magariello, titolare delle indagini. Ma l’agitazione a lungo andare si è tramutata in pianto quando la donna ha cominciato a ricostruire cosa avvenne nel locale accanto alla piscina. Commuovendosi, Brittany (il nome è di fantasia) ha raccontato di essersi ritrovata da sola assieme a quei 2 ragazzi che le avevano servito il cocktail. «Erano nudi». Poi ha ricordato la violenza nell’alloggio del personale, dove i barman l’avrebbero consegnata al branco. Quindi, le grida di pietà, le foto e i video (poi rinvenuti nella chat “Cattive abitudini”), i tentativi di respingere i suoi aggressori. Infine, si è avvicinata alla cella dell’aula gup dove hanno preso posto i 5 indagati ‘dal volto pulito’ e, con un filo di voce, interrotto dalle lacrime, ha immediatamente riconosciuto i 2 baristi, poi altri 2 componenti del branco. Un riconoscimento che, in caso di eventuale processo, assume valore di prova perché eseguito dinanzi ai legali degli accusati.

La linea difensiva
Dal canto loro, i legali della difesa, al termine dell’udienza, hanno espresso «soddisfazione» per come si è svolto l’incidente probatorio. (L’articolo continua sul quotidiano digitale di Giustizia News24 nell’edizione di oggi 17 luglio. Per gli approfondimenti e leggere i servizi è necessario abbonarsi accedendo alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’)

martedì, 17 Luglio 2018 - 08:30
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