Carabinieri infedeli, i regali dell’imprenditore borderline: «Marescià, vi ho fatto una bella situazione»

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di Bianca Bianco

L’onore della divisa val bene un capretto? La fedeltà all’Arma, l’attaccamento alla propria professione, il rispetto dei valori della Benemerita, secondo gli inquirenti che hanno indagato sui militari ‘infedeli’ della stazione di Sant’Antimo, erano merce di scambio. La contropartita, in alcuni casi, era carne di agnello, il classico dono natalizio nei paesi del Napoletano.

Questo spaccato emerge dall’ordinanza che ha portato all’arresto di cinque militari ed alla sospensione di altri tre (ma altri sarebbero sotto indagine), accusati a vario titolo di corruzione, abuso d’ufficio, omissione in atti di ufficio, rivelazione di segreti di ufficio. Capretti come riconoscimento simbolico di un rapporto privilegiato con chi, indossando una divisa, avrebbe dovuto essere un argine alla malavita e invece, scrive chi ha indagato, erano fin troppo vicini ai suoi esponenti anche attraverso l’intermediazione di Francesco ‘Piuccio’ Di Lorenzo, ex presidente del Consiglio comunale di Sant’Antimo. La carne di agnello è un regalo di valore, certo, ma non di valore eclatante, eppure attesta – nella sua simbolicità- la contiguità almeno presunta tra due mondi che dovrebbero invece essere uno all’altro opposto.

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«Adesso che vieni, vuoi passare da quello che ti fai fare un poco tre agnelli di sei kg…». E’ un breve estratto di una conversazione telefonica registrata a pochi giorni dal Natale del 2016, a parlare sono Francesco Di Lorenzo, ex presidente del Consiglio comunale di Sant’Antimo, e il dipendente del suo mobilificio che dovrà consegnare i tre capretti a due carabinieri della stazione di Sant’Antimo – allo stato non indagati- e ad un ingegnere del Comune di Sant’Antimo. I capretti, stando alle indagini, sono appunto alcune delle regalie messe a disposizione dei militari infedeli.

E’ il periodo natalizio del 2016 e Di Lorenzo si adopera per regalare carne di capretto a diversi soggetti di Sant’Antimo, facendola consegnare dai dipendenti del suo mobilificio elencando quali sono i destinatari del ‘pensiero’. Tra questi, anche «i carabinieri» non meglio identificati.

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Il 23 dicembre, antivigilia di Natale, Di Lorenzo viene contattato dal maresciallo Michele Mancuso, finito agli arresti, che- sebbene impegnato in un sopralluogo per una rapina – ha il tempo di chiamare per riferire che andrà al mobilificio «verosimilmente per ritirare il capretto». Una conversazione che per gli inquirenti è «prova della consuetudine dei rapporti e dunque lo stretto legame tra Piuccio (Di Lorenzo ndr) ed il maresciallo Mancuso».

L’anno successivo, il ‘rito’ del capretto si rinnova: nello stesso periodo, con le stesse modalità, in favore degli stessi soggetti ma con una attenzione in più per il maresciallo Mancuso. E’ il 22 dicembre 2017, un operaio di Di Lorenzo chiama Mancuso ed annuncia: «Maresciallo buongiorno, poiché che le devo dare un pensierino no…ma voi in mattinata state qua?». La consegna va in porto il giorno seguente, sia per Mancuso che per il collega Angelo Pelliccia, appuntato finito anch’egli agli arresti. Per Mancuso, però, un’attenzione in più: «Pio ha preferito…al posto di farvi fare l’agnello, vi ha fatto fare l’agnello e la carne mista…tutta una bella situazione sistemata…una bella situazione veramente vi ha fatto fare». Un trattamento di favore, una cosa «più buona» per il maresciallo, diverso da quello destinato a tutti gli altri. Un riconoscimento, si presume, della maggiore ‘considerazione’ rivestita da Mancuso rispetto ai colleghi.

 

«Abbiamo deciso di fare una cosa più buona – spiega l’operaio di Di Lorenzo – avete capito, perché poi gira e volta quello era…» e il maresciallo Mancuso: «Allora…io l’agnello poco lo gradisco hai capito?». I gusti sono gusti, il maresciallo non ama la carne di capretto e il dipendente di Piuccio lo sa già: «Ho fatto fare solo un chilo di agnello…bello e sistemato…poi dopo è tutta carne».

E’ ‘solo’ carne di agnello, qualcuno potrebbe obiettare. Un regalo, peraltro in periodo natalizio, non inconsueto nei paesi nei confronti di chi occupa un ruolo di rilievo per la comunità. Ma in questo caso sono gli stessi carabinieri intercettati e poi indagati che, pur accettando senza batter ciglio la regalia, si pongono poi una sorta di auto-interrogativo morale: «Se tu conosci a Pio – dice un brigadiere al collega – tu non vai a mangiare a casa di Pio» e «soprattutto non vai quando ci sono determinati personaggi». Sanno benissimo, dunque, secondo gli inquirenti, che Piuccio «è un personaggio oltremodo scaltro e che ha intrattenuto rapporti molto stretti sia coi carabinieri che con la criminalità organizzata». Pio, si dicono «è stato sempre giusto in mezzo». Sanno, i militari intercettati, del ruolo ricoperto da Di Lorenzo di «collegamento tra i carabinieri di Sant’Antimo e i clan camorristici locali». Un rapporto di intermediazione che, stando al racconto degli stessi militari, era risaputo e tacitamente accettato nella stazione. Eppure, non si sarebbero sottratti.

 

martedì, 28 Gennaio 2020 - 09:27
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