Scandalo toghe, l’Anm espelle Palamara e sospende Criscuoli. Valutazione su Ferri. Il pm romano: «Non farò il capro espiatorio»

Luca Palamara
Luca Palamara al centro dello scandalo sulle toghe

Luca Palamara viene bandito dall’Associazione nazionale magistrati. Il Comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe ha deciso così di lanciare un messaggio chiaro: chi si macchia di condotte eticamente discutibili non è gradito all’interno dell’Anm. L’espulsione del pm romano è stata decisa dopo l’una di oggi pomeriggio. Provvedimenti sono stati adottati anche per un altro magistrato coinvolto nelle intercettazioni di Perugia sullo scandalo delle nomine: Paolo Criscuoli, che per via di questo scandalo ha già dovuto dimettersi da consigliere del Csm, è stato sospeso dall’Anm per la durata di cinque anni. Per gli altri ex consiglieri del Csm toccati dall’indagine è stato invece deciso il non luogo a provvedere perché sono stati loro a dimettersi dall’Anm.

Diversa, invece, la posizione di Cosimo Mattia Ferri, il magistrato leader di Magistratura indipendente che è parlamentare in quota Italia Viva: secondo il Comitato direttivo centrale, Ferri è ancora socio dell’Anm a differenza di quanto sostenuto dal diretto interessato e almeno da una parte dei probiviri: per questo sono stati rinviati gli atti al collegio dei probiviri, che ora dovranno procedere con una proposta. Vanno infine rilevate le dimissioni di massa di numerosi esponenti dell’Anm i cui nomi sono saltati fuori dall’ultima e più recente ondata di intercettazioni.

La decisione assunta dal Cdc potrebbe provocare un terremoto peggiore di quello che già da un anno sta dilaniando la magistratura. In un documento trasmesso nella giornata di oggi al presidente dell’Anm Luca Poniz (che è dimissionario ma resta in carica sino a nuove elezioni) e al Cdc, Palamara afferma senza giri di parole che «non farò il capro espiatorio di un sistema». Il pensiero di Palamara del resto è chiaro e noto, ed è stato fermato nel documento che il magistrato avrebbe voluto leggere questa mattina dinanzi al Cdc: le correnti hanno orientato nomine importanti e a muove i fili di questo ‘gioco’ spartitori di incarichi non vi era il solo Palamara ma anche altri magistrati, dal momento che le nomine vengono decise in maniera collegiale e un solo componente del Csm non ha il potere di orientare alcunché. Palamara aveva battuto su questo ragionamento anche in occasione della sua partecipazione a ‘Non è l’Arena’ di Giletti, nel corso della quale aveva fatto anche esempi di nomine importanti orientate a suo dire dal ‘sistema’. Ecco, nel documento che Palamara avrebbe voluto leggere tutti questi passaggi vengono non solo riproposti ma anche arricchiti. «Fuor di metafora, in alcuni casi le nomine hanno seguito solo logiche di potere, nelle quali il merito viene sacrificato sull’altare dell’appartenenza – si legge nel documento – le chat divenute pubbliche, purtroppo, altro non sono che uno spaccato di questa situazione».

Chat scottanti, chat che Palamara – pur avendo intuito di essere sotto inchiesta – non ha mai cancellato «perché mai pensavo che il mio telefono potesse diventare oggetto di un provvedimento di sequestro». E questo è un altro tema non di secondo piano. Il pm romano pensava di essere intoccabile perché a suo dire il ‘sistema’ era così popolato da tanti Palamara che nessuno aveva interesse a colpire l’altro. «Ognuno aveva qualcosa da chiedere, ognuno riteneva di vantare più diritti degli altri, anche quelli che oggi si strappano le vesti, penso ad esempio ad alcuni componenti del collegio dei probiviri che oggi chiedono la mia espulsione, oppure a quelli che ancora oggi ricoprono ruoli di vertice all’interno del gruppo di Unità per la Costituzione, o addirittura ad alcuni di quelli che ancora oggi siedono nell’attuale Comitato direttivo Centrale e che forse troppo frettolosamente hanno rimosso il ricordo delle loro cene o dei loro incontri con i responsabili giustizia dei partiti politici di riferimento. Sarebbe bello che loro raccontassero queste storie», ha scritto Palamara. Questo è altro avrebbe voluto dire il magistrato, ma il Cdc ha respinto all’unanimità l’audizione ritenendo che essa non è prevista dallo statuto.

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sabato, 20 Giugno 2020 - 15:24
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