Napoli, incendio a Città della Scienza: nuova sentenza d’appello, condannato vigilante ma il reato di incendio è estinto

Città della Scienza
Città della Scienza distrutta dall'incendio (foto Kontrolab)
di Manuela Galletta

La Corte di Cassazione aveva disposto un nuovo processo di secondo grado. Sul rogo di Città della Scienza, che la sera del 4 marzo del 2013 distrusse il polo di Bagnoli, arriva così una nuova sentenza.

I giudici della Corte d’Appello di Napoli hanno condannato il vigilante in servizio la sera del rogo per il solo reato di disastro, mentre per l’accusa di incendio – che è stata oggetto di battaglia tra accusa e difesa dall’inizio dell’inchiesta – è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato. Tradotto in numeri, l’imputato Paolo Cammarota è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione. La Corte, inoltre, ha condannato l’imputato al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili, tra le quali Città della Scienza (rappresentata dall’avvocato Giuseppe De Angelis). 

Il verdetto ribalta e cancella l’assoluzione, ai sensi della vecchia formula dubitativa, che fu pronunciata nei confronti di Cammarota nel novembre del 2018 da parte dei giudici della Corte d’Appello di Napoli. La procura generale impugnò la decisione ottenendo dalla Cassazione, nel novembre del 2019, l’annullamento della sentenza e la celebrazione di un altro processo. Un processo che ancora una volta si è incentrato sul ruolo di Paolo Cammarota, che la procura ha sempre ritenuto responsabile. Secondo le conclusioni della magistratura (le indagini vennero coordinate dai pm Michele Del Prete e Ida Teresi), Cammarota appiccò il fuoco insieme ad altre persone rimaste senza volto e senza volto.

Il movente fu la ripicca, la ritorsione verso un’azienda che minacciava di fare coriandoli di diversi contratti di lavoro. In base alla ricostruzione accusatoria, Cammarota – la notta dell’incendio – avrebbe disattivato il sistema anti-incendio per assicurare una diffusa propagazione delle fiamme. Fiamme che fu sono appiccate contemporaneamente in sei diversi punti. Dal canto Cammarota si è sempre professato innocente, ma la sua versione non ha convinto, nella giornata di oggi, i giudici della Corte d’Appello di Napoli che hanno disposto la condanna per l’unico reato rispetto al quale era possibile procedere. La difesa ha già annunciato ricorso per Cassazione. 

giovedì, 7 Luglio 2022 - 17:10
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